LA ROMA DEI GIUSTI - È FINITA, LA TERZA E ULTIMA EDIZIONE MULLER: IL PUBBLICO VOTA “TRASH” DI DALDRY, VERSIONE HOLLYWOODIANA DELLA VITA VIOLENTA NELLE FAVELAS - MIGLIOR ITALIANO “FINO A QUI TUTTO BENE” SULLA VITA DEGLI UNIVERSITARI PISANI

Il festival ha aperto col Monnezza e chiuso con la vittoria di “Trash”, di grande presa spettacolare. I critici avrebbero preferito “Phoenix”, ma se uno vuole la festa popolare… - Premi TaoDue: miglior opera prima ad Andrea di Stefano per “Escobar” - Menzione speciale all’esordiente Lorenzo Guerra Seragnoli…

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Marco Giusti per Dagospia

 

trash - stephen daldry trash - stephen daldry

Festival di Roma. E’ finita. Marco Muller ha dato l’addio al festival dopo tre anni decisamente non facili e per il futuro si vedrà. Difficile trovare un direttore più preparato. Siete avvisati. Quanto ai premi, trionfava Monnezza il primo giorno col Marco Aurelio d’Oro e trionfa “Trash”, cioè Monnezza, ma diretto da Stephen Daldry l’ultimo giorno della nona edizione del Festival. “Trash”, versione hollywoodiana della vita violenta nella favelas di Rio, ma di grande presa spettacolare, con tanto di Rooney Mara e Martin Sheen, che vince il Premio del Pubblico BNL / Gala.

 

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Funziona, fatevelo dire, anche se molti critici lo hanno visto come una cosetta troppo facile. Certo, “Phoenix” di Christian Petzold è più bello e complesso, ma “Trash” è un film che è piaciuto davvero molto al pubblico e in sala era stata salutato da un’ovazione sincera. Certo, se la strada scelta è quella del premio popolare, giusto che vinca un film di maggior presa popolare. Il gusto della giuria di specializzati e quelle del pubblico non vanno quasi mai nelle stesse direzioni.

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Si sa. Secondo premio del Pubblico per la sezione Cinema d’Oggi a “12 Citizens” di Xu Ang, cioè al remake cinese de “La parola alla difesa” di Sidney Lumet. Nella rassegna Mondo Genere il Premio del Pubblico BNL  va alla versione indiana da 157 minuti dell’“Amleto” di Shakespeare, cioè a “Haider” di Vishal Bhardwaj, che ha trionfato su film decisamente più popolari come “Nightcrawlers”. Hanno consegnato il premio Enzo G. Castellari e Ruggero Deodato. Il Pubblico ha decretato anche il miglior film italiano nella sezione Cinema Italia (Fiction).

FINO A QUI TUTTO BENE 2 FINO A QUI TUTTO BENE 2

 

E’, come sapevamo da subito, “Fino a qui tutto bene” del pisano Roan Johnson, che aveva già trionfato nelle affollatissime proiezioni del festival e che vedremo solo a gennaio dopo l’invasione delle (più o meno inutili) commedie natalizie. E’ il segno che il pubblico italiano vuole andare verso la direzione aperta da Sydney Sibilia e da Pif. Storie dove i ragazzi, che formano davvero il 70 per cento del nostro pubblico, riescano davvero a riconoscersi e a ritrovare parte della loro vita.

 

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I giovani universitari all’ultimo anno del film di Johnson sono la prova di una qualche speranza per la nostra gioventù e per il nostro cinema. Il cinema si può fare anche con 250 mila euro. Basta che racconti la realtà che stiamo vivendo, non quella di fintissimi paesini del sud per motivi di film commission. Basta coi remake di commedie spagnole o cilene o francesi. Magari possono funzionare una volta. Ma poi non ci ricaschi più.

 

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Premio del Pubblico per la sezione Cinema Italia (Documentario) a “Looking for Kadija” di Francesco G. Raganato. Certo, era difficile che qualcuno si inventasse un premio ai due film della Sgarbi.

 

Il premio TAODUE Camera d’Oro per la migliore opera prima va a Andrea Di Stefano per “Escobar. Paradise Lost” con Benicio Del Toro della sezione Gala, più che giusto, vista la difficoltà dell’operazione per un neoregista italiano, pur attivo da tempo in America come attore. Ma il film è piaciuto a tutti. Inoltre, essendo un bel film di genere, funzionerà anche in sala da noi. Poi a Laura Hastings-Smith, produttrice di “X+Y” di Morgan Matthews della sezione Alice nella Città.

la villa di pablo escobar 6 la villa di pablo escobar 6

 

La giuria della TAODUE lancia una menzione speciale anche all’esordiente Lorenzo Guerra Seragnoli per “Last Summer” della sezione Prospettive Italia. Seragnoli è un ottimo regista come preparazione e studi. Il Premio DOC/IT al Migliore Documentario italiano va a “Largo Baracche” di Gaetano Di Vaio della sezione Prosepttive Italia. Premia il lavoro che da anni sta facendo Di Vaio a Napoli sia come produttore, sia come attore e ora regista. Se la situazione del cinema napoletano è viva è anche merito suo. Lo abbiamo visto in tanti film, da “Take Five” a “Gomorra: la serie”.

 

Menzione speciale, ancora, a “Roma Termini” di Bartolomeo Pampaloni. Nella sezione Alice nella Città, invece, sono stati premiati come miglior film “The Road Within” di Gren Wells e “Trash” di Stephen Daldry come premio speciale. Alla fine è stato un festival faticoso, ma con tante sorprese e tanti film buoni. Le cose che sono mancate sono le sale per le proiezioni della sera, ricordate i capannoni degli anni passati?, i film sperimentali e d’arte che erano un po’ il fiore all’occhiello del primo anno della gestione Muller. Ma va detto che il pubblico c’è stato esattamente come negli anni passati, malgrado la crisi e malgrado il nostro cinema non passi davvero un buon momento.

ficarra e picone andiamo a quel paese 8 ficarra e picone andiamo a quel paese 8

 

L’idea di aprire alla commedia era giusta, magari si poteva aprire con “Andate a quel paese” di Ficarra e Picone e chiudere con “Soap Opera”, o cercare di avere “Confusi e felici” di Max Bruno. Ma, certo, la commedia è parte importante e vitale del nostro cinema e non si può far finta di produrre solo “Tir” e “Sacro Gra”. Le marchette ci sono state. Tanto sono sempre le stesse e le conosciamo tutti. Ma ci sono stati anche molti film di genere particolarmente graditi dal pubblico. E le proiezioni dei classici dell’horror sono state affollate e sentite. Per non parlare della trionfale accoglienza decretata a Tomas Milian ovunque sia andato in giro per Roma.

 

il cast di soap opera al festival di roma il cast di soap opera al festival di roma

La cosa più scandalosa, infine, è stata la copertura dei nostri giornali maggiori, che ha rivelato però, oltre alla scelta da parte del Corriere di non volersi occupare di un evento bollato come minore o regionalistico non si sa da chi, il disastro delle pagine spettacoli dei giornali stessi. Non si può coprire un festival con qualche “colorista” e con paginate sui film della Sgarbi per doveri editoriali. C’erano grossi film internazionali, anche in uscita imminente, e non sono stati affatto coperti. Non è da rivedere insomma solo il Festival e la sua formula. Sarebbero da rivedere anche i giornali e le loro pagine culturali.

 

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