SAGGIA INQUISIZIONE! - TRA I DOCUMENTI DELL’ARCHIVIO SEGRETO VATICANO PRESTO IN MOSTRA CI SONO ANCHE LE CARTE ORIGINALI DEL PROCESSO A GALILEO (COMPRESO L'ATTO DI PENTIMENTO PER L’”ERESIA”) - UN’OCCASIONE PER PARLARE ANCORA DI UN GENIO? MACCHÉ! IL VESCOVO PREFETTO DELL’ARCHIVIO SPEZZA UNA LANCIA PER GLI INQUISITORI: “SI PUÒ DAR LORO SUBITO TORTO? MANCAVA UN’EVIDENZA, UNA PROVA PROVATA...” - PECCATO CHE LO SCIENZIATO PER POCO NON FINIVA ARROSTO...

Sergio Pagano, Prefetto dell'Archivio Segreto Vaticano, per "il Messaggero"

Alla prossima Mostra «Lux in arcana» sarà esposto anche l'originale del cosiddetto «codice» del processo di Galileo Galileo che raccoglie gli atti superstiti dei noti procedimenti dell'Inquisizione Romana contro lo scienziato pisano condotti fra il 1616 e il 1633. Nei 228 fogli del codice - edito diverse volte - si trovano rilevanti documenti della vicenda galileiana, dagli interrogatori del 1633, sottoscritti con grafia un poco tremante da Galileo, all'abiura pronunciata alla Minerva, fino al 1737, quando ancora la figura dell'astronomo e matematico inquietava i consultori e i vertici dell'Inquisizione per quella voglia del granduca di costruire in Santa Croce un monumento funebre a Galileo.

Sarebbe però troppo superficiale chi chiudesse quel processo entro la cornice stereotipa dello scontro scienza-fede, Chiesa-progresso scientifico, perché se da una parte vi fu l'incapacità di uomini di Chiesa di cogliere le ragioni di Galileo e la loro più che compatibile concordanza con taluni passi della Sacra Scrittura che sembravano insormontabili, e che invece erano solo da interpretare; dall'altra parte bisogna pur comprendere le ragioni della Chiesa, o per meglio dire degli ecclesiastici preposti alla difesa della sana ortodossia.

Questi ultimi - oggi lo possiamo ben dire, dopo la parole pronunciate dal beato Giovanni Paolo II - se errarono quanto all'atteggiamento tenuto di fronte alla scienza e furono poco duttili, anzi caparbiamente refrattari a considerare le ragioni portate dallo scienziato pisano, agirono però sempre per alte motivazioni, per beni superiori (così si vorrà concedere, almeno nella loro ottica) ed eterni. Chiedevano prove a Galileo, chiedevano silenzio e dilazione di studio per quel cruciale disegno di astri, chiedevano di essere da lui convinti della verità delle sue asserzioni in modo apodittico; a quel punto - disse lo stesso cardinale Bellarmino - il problema sarebbe stato non più scientifico, ma teologico o esegetico.

Si può dar loro subito torto? Mancava una evidenza, una prova provata che il sole fosse il centro del nostro «universo» e che la terra girasse attorno al sole: cosa mai udita fino ad allora. L'esperienza visiva, persino tattile, di orientamento, portava sul piano dei censori, non su quello di Galileo, almeno per allora e almeno per la «sperienza».
Del resto, cosa direbbero quei censori dell'Inquisizione se ancora oggi, potessero ascoltare ogni mattina dalle nostre radio il bollettino meteorologico?

Non esulterebbero di gioia e d'orgoglio nel sentir dire che in tale giorno «il sole sorge alle ore 7,08 e tramonta alle ore 18,49»? Parrebbe a loro di aver qui la loro rivincita. E del resto come indicare diversamente l'inizio e la fine del giorno? Come orientarci per misurare le fasi del giorno se non in rapporto al «corso» del sole, anche se tale non è scientificamente?

Perciò, dopo tanti studi e tante analisi, dopo tanti libri e saggi di dotti, questo nostro «codice» del processo di Galileo ha ancora un fascino che sembra dire tutta l'immensità del creato e del Creatore (per chi ha fede) e la fatica che deve fare ancora la scienza nel svelarla e comprenderla, pezzo a pezzo, lembo a lembo, tanto nel macrocosmo quanto nel microcosmo.

E dice anche, fra le sue righe, che in rapporto ai tali problemi, se si vorranno evitare gli errori che furono allora compiuti, anche per la Chiesa l'orecchio dell'ascolto deve farsi più affinato, il peso delle ragioni di diverse posizioni deve trovare giuste bilance, la spinta alla censura e alla condanna di idee e teorie che si possono discutere, perché obiettivamente discutibili, deve cedere il passo alla moderazione e all'attesa del progresso delle nostre conoscenze.

2 - IO GALILEO GALILEI HO ABIURATO COME DI SOPRA DI MANO PROPRIA.

O Galileo Galilei figliolo del q. Vincenzo Galilei di Fiorenza, dell'età mia d'anni 70, constituto personalmente in giudicio, et inginocchiato avanti a Voi Eminentissimi et Reverendissimi Signori Cardinali in tutta la Republica Christiana contro l'heretica pravità Generali Inquisitori, havendo avanti gl'occhi miei li sacrosanti Evangeli, quali tocco con le proprie mani. Giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l'aiuto di Dio crederò per l'avvenire tutto quello che tiene predica, et insegna la Santa Cattolica, et Apostolica Romana Chiesa.

Ma perché da questo S. Officio per haver Io, dopo d'essermi stato con precetto dall'istesso giuridicamente intimato, che omninamente dovessi lasciare la falsa opinione ch'il Sole sia Centro del Mondo et immobile, e che la terra non sia Centro del Mondo, ma che si muova, e che non potessi tenere, difendere, né insegnare in qualsivoglia modo né in voce, né in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d'essermi stato notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto, e dato alle stampe un libro nel quale tratto l'istessa dottrina già dannata, et apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa senza apportar alcuna solutione, son stato giudicato vehementemente sospetto d'heresia, cioè di haver tenuto, e creduto, ch'il Sole sia Centro del Mondo, et imobile, e che la terra non sia Centro, e che si muova.

Per tanto volend'Io levar dalle menti dell'Eminenze Vostre, e d'ogni fedel Christiano questa vehemente sospitione contro di me ragionevolmente conceputa con cuor sincero, e fede non finta, abiuro, maledico, e detesto li sudetti errori, et heresie, et generalmente ogni, et qualunque altro errore heresia, e setta contraria alla sudetta Santa Chiesa. E giuro che per l'avvenire non dirò mai più, né asserirò in voce, o in scritto cose tali per le quali si possi haver di me simil sospitione, ma se conoscerò alcun heretico, o che sia sospetto d'heresia, lo denontiarò a questo S. Officio, o vero all'Inquisitore, o Ordinario del luogo, dove mi trovarò.

Giuro anco, e prometto d'adempire, et osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo S. Officio imposte, et contravenendo Io ad alcuna delle dette mie promesse, e giuramenti (il che Dio non voglia) mi sottopongo a tutte le pene, e castighi che sono da Sacri Canoni, et altre Constitutioni generali, e particolari contro simili Delinquenti imposte, e promulgate.

Così Dio m'aiuti, e questi suoi santi Evangeli che tocco con le proprie mani. Io Galileo Galilei sopradetto ho abiurato, giurato, promesso, e mi sono obligato come sopra, et in fede del vero di mia propria mano ho sottoscritta la presente Cedola di mia abiuratione, et recitatala di parola in parola in Roma nel Convento della Minerva questo dì 22 Giugno 1633.

 

SAN PIETRO E IL VATICANO PROCESSO A GALILEO GALILEIPROCESSO A GALILEO GALILEIPROCESSO A GALILEO GALILEIVATICANO VATICANO

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