SECESSIONE ALLA CATALANA - IL REFERENDUM SCOZZESE GALVANIZZA BARCELLONA CHE SOGNA L’INDIPENDENZA E SFIDA IL GOVERNO DI MADRID: “RAJOY CI IMPEDISCE PURE DI VOTARE” - IL PRESIDENTE DELLA GENERALITAT ARTUR MAS: “LA CATALOGNA VA AVANTI, IL REFERENDUM É L’UNICA STRADA”

Mentre Cameron ha permesso la consultazione, Raioy insiste nel negarla: sul referendum del 9 novembre c’è il veto di Madrid (la Costituzione spagnola come quella italiana prevede che lo Stato sia indivisibile) - Secondo “Foreign Affairs” 4 catalani su 5 sostengono il referendum... -

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1. SCOZIA: MAS, REFERENDUM È STRADA, CATALOGNA VA AVANTI 

Da “ansa.it

 

barcellona manifestazione per indipendenza barcellona manifestazione per indipendenza

(ANSA) - Il presidente della Generalitat catalana, Artur Mas, si è congratulato oggi con la Scozia per il referendum indipendentista, assicurando che malgrado la sconfitta dei 'sì' scozzesi il processo verso la secessione della Catalogna dalla Spagna "va avanti". Il referendum "é la strada", ha insistito Mas in una conferenza stampa. Riferendosi alla vittoria del 'no' in Scozia, Mas ha osservato che "il precedente non è del tutto positivo, perché non abbiamo una prima esperienza scozzese di indipendenza in Europa".

 

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"Ma - si é consolato - la possiamo avere catalana". "E' una partita che va giocata", ha sostenuto il leader della Catalogna, ribadendo di voler proseguire la sfida al governo di Madrid che a differenza di quello britannico non riconosce il diritto al referendum indipendentista poiché in contrasto con la Costituzione spagnola.

 

 

2. NEL PUB SOTTO LA SAGRADA FAMILIA: DIRETTA TV E BANDIERE SCOZZESI

Francesca Paci per “La Stampa

 

«Non è il risultato che conta quanto la possibilità di votare, anche qui vogliamo avere voce in capitolo sul nostro futuro». Silenzio. Sebastià Cruz, 21 anni, tracanna la birra al bancone del The Lock Inn e tra gli avventori di questo pub scozzese a pochi isolati dalla Sagrada Familia scatta l’applauso.

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Il proprietario, fiere origini nelle Highlands, offre un giro a tutti: «Alla salute della Punk Ipa, birreria indipendente del paese apripista dell’indipendenza». Il grande schermo, di solito sintonizzato sul calcio, si divide tra la sfida tra Celtic Glasgow e Salisburgo e la diretta di Stv, il referendum minuto per minuto.
 

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Barcellona sta col fiato sospeso. Le bandiere moltiplicatesi sui balconi liberty raccontano sogni, ambizioni, paure. «Nella case da cui sventola la croce bianca di Sant’Andrea sperano che la sfida di Salmond ci aiuti, dove vedi le strisce gialle e rosse con la stella ci sono gli indipendentisti, chi espone il giallo e rosso nazionale non è necessariamente contro il governo centrale ma vuole votare» sintetizza Greg, tassista polacco emigrato in Catalogna 28 anni fa e diventato uno degli sponsor del movimento anti Madrid come lo scrittore britannico Simon Harris, promotore di una campagna di crowdfounding per pubblicare il saggio «Catalonia is Not Spain».

 

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Secondo «Foreign Affairs» i separatisti sono passati dal 15% del 2000 al 50% attuale ma, a prescindere da come la pensino, 4 catalani su 5 sostengono il referendum.
Giorno dopo giorno il coraggio scozzese ha galvanizzato le piazze di Barcellona al punto che oggi in ogni tapas bar echeggiano le radiocronache da Edimburgo degli inviati di Radio Catalunya.

 

Con il 19% del Gdp spagnolo, il 26% delle esportazione e oltre il 50% delle vie d’accesso all’Europa la Catalogna rivendica il diritto al carpe diem. «È il momento storico dell’autodeterminazione dei popoli» nota Fernandez L, commesso nella grande libreria di Passeig de Gracia dove vanno a ruba i titoli di grido, «Historia de Cataluna», «La cuestion catalana» e, ovviamente, «Omaggio alla Catalogna» di Orwell.
 

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Che oggi vinca il sì o il no Barcellona non deporrà le armi. «Abbiamo il cuore oltre Manica ma la testa a Madrid» ammette Albert Royo, consulente politico del Diplocat, il ministero degli esteri catalano.

 

Stamattina il Parlamento locale presenterà una legge costituzionale per convocare la consultazione del 9 novembre che altrimenti sarebbe anticostituzionale: tutti sanno già che Madrid lo impugnerà mettendo il veto (la Costituzione spagnola come quella italiana prevede che lo Stato sia indivisibile).

 

La differenza tra Barcellona ed Edimburgo è tutta qui: mentre Cameron ha permesso il referendum, Raioy insiste nel negarlo. Che succederà quando il destino catalano prenderà la sua strada solitaria verso l’Europa che non le ha esattamente spalancato le braccia?

 

Royo è ottimista: «Madrid non potrà alzare troppo il livello dello scontro e l’Europa dovrà prendere in considerazione il fatto che le piccole nazioni promettono un futuro federale laddove gli ex imperi come Francia, Spagna e Regno Unito bloccano l’integrazione».
 

Artur Mas Artur Mas

Chi teme l’escalation violenta dovrebbe ascoltare gli animi più caldi, quei giovani tra i 16 e i 25 anni che all’80% vogliono l’indipendenza. Gli amici Jaume, Lluis Dalmau e Josep Prat, neolaureandi in giornalismo, discutono a pochi passi dal quartiere universitario. Il cuore palpita ma il cervello funziona: «Il referendum salterà perché violerebbe la legge.

 

Convocheremo invece legittime elezioni anticipate a febbraio e i partiti faranno campagna sull’indipendenza. Né Madrid né Bruxelles potranno ignorarci». Andrà così? Secondo l’analista politico Fernad Brunet è iniziato l’autunno dell’indipendentismo catalano: «Comunque finisca in Scozia le rivendicazioni qui si incisteranno, ma nonostante la manifestazione oceanica dell’11 settembre scorso siamo all’epilogo». Le piazze guardano altrove. L’Europa ha lo scomodo ruolo di Paride.

 

 

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