UNO STREGA PICCOLO PICCOLO – IL PIÙ PRESTIGIOSO PREMIO LETTERARIO ITALIANO HA UN VINCITORE ANNUNCIATO (FRANCESCO PICCOLO) – LO STREGA È ORMAI L’ULTIMO CONGRESSO DEMOCRISTIANO DELLA STORIA: CONTANO I VOTI IN MANO ALLE CORRENTI!

Pietro Melati per ‘Il Venerdì - La Repubblica'

Leggenda nera vuole che il premio Strega, il più prestigioso riconoscimento letterario italiano, sia nato (come ogni buon cristiano) con il segno del peccato originale. Due annate, in particolare, come pietre angolari, stanno lì a testimoniarlo: il 1947 e il 1963. Appena istituito, appunto nel ‘47, il premio fu vinto da Ennio Flaiano, con Tempo di uccidere.

Si narra che il mitico editore Leo Longanesi avesse spinto Flaiano a scrivere il suo unico romanzo allo scopo di accaparrarsi il neonato alloro. Il motivo? Stoppare Moravia e l'intellighentia di sinistra. Sedici anni dopo, nel ‘63, Dino Risi dileggiò per la prima volta pubblicamente il premio, nel suo film I mostri. Un Gassmann travestito da nobildonna rassicurava gli astanti di aver trovato l'uomo adatto cui assegnare il riconoscimento: il suo amante contadino, perfetto analfabeta.

Da allora, Pasolini abbandonerà la cinquina dei finalisti (1968: «Mi ritiro in nome della cultura»), Tiziano Scarpa batterà di un solo voto, e tra gli insulti, il favorito Antonio Scurati (2009), l'outsider Emanuele Trevi rischierà di superare a sorpresa il favorito Alessandro Piperno (2012), vincerà Walter Siti (2013) ma l'edizione sarà caratterizzata dal ritiro di Aldo Busi. Vai à rebours o in avanti poco importa.

Ogni anno ha avuto la sua spina. Ma lo Strega, come l'araba fenice, rinasce sempre dalle ceneri. Quest'anno la kermesse di Valle Giulia ha superato ancora una volta se stessa. Intanto come numero di partecipanti. È record di opere presentate dagli Amici della domenica: ben 27. Sono diventate 12, dopo la primascrematura. Ma non importa. Conterà solo la cinquina. Però è bello esserci stati.

Il «vincitore», Francesco Piccolo (Einaudi), la cui opera verrà presentata alla giuria dei 460 votanti dal regista premio Oscar Paolo Sorrentino e da Domenico Starnone, non è stato mai così annunciato. Se ne parla da un paio d'anni. Anche la cinquina è prevista: lo stesso Piccolo, Antonio Scurati (Bompiani, presentato da Umberto Eco e Walter Siti), Giuseppe Catozzella (Feltrinelli, sponsor Giovanna Botteri e Roberto Saviano), Francesco Pecoraro (Ponte alle Grazie, affiancato da Giuseppe Antonelli e Gabriele Pedullà) e, infine, Antonella Cilento (Mondadori, con Nadia Fusini e Giuseppe Montesano).

Come è possibile fare previsioni tanto particolareggiate? Lo Strega è l'ultimo congresso democristiano della storia: contano i voti in mano alle correnti. Ed è, insieme, l'ultimo Politburo comunista. Altro che provocare terremoti inaspettati, come quello che squassò il Pd durante l'ultima elezione del presidente della Repubblica.

Qui ogni giurato si allinea. Non può deflettere: i voti (segreti) sono controllati ad uno ad uno. I grandi cartelli sono quattro: Mondadori- Einaudi, Rizzoli-Bompiani, GeMS-Ponte alle Grazie, Feltrinelli. Rizzoli ha vinto con Siti l'anno scorso, dunque non può pretendere il bis. Mondadori ha strafatto fin troppo in passato (così si limita a presentare una bandiera, ma con pretese di stare in cinquina).

Dunque quest'anno toccherebbe a Einaudi con Piccolo (con l'appoggio dei voti Mondadori). Quanto a GeMS e Feltrinelli, non dispongono di capitale numerico. Ma al gruppo di Mauri Spagnol si deve almeno la corona dei finalisti. Brucia ancora lo «sgarbo» cui venne sottoposto Emanuele Trevi nel 2012 (con Ponte alle Grazie) che portò lo scrittore a dimettersi da giurato e provocò l'abolizione dei voti per delega o telegramma, causa il forte sospetto di brogli. La posta in palio non è il liquore ma, per dirla alla Le Goff, lo sterco del demonio.

Una fascetta sul volume, con scritto «finalista allo Strega» o ancora meglio, «vincitore del Premio Strega», vale soldi. E questi, nell'anno della crisi definitiva dell'oggetto libro, servono come acqua nel deserto. Nel mondo dell'editoria circolano numeri da urlo di Munch. Escluso il venduto legato alla grande distribuzione (edicole e supermercati, per intenderci, spazi però di appannaggio quasi esclusivo delle firme più popolari, da Camilleri a Saviano) le cifre del saldo in libreria sono da brivido.

Prendendo in considerazione i volumi della nostra presunta cinquina 2014, si apprende che Piccolo naviga sotto i quarantamila pezzi, Catozzella intorno agli 11.500, Scurati sui settemila, Pecoraro poco sopra i duemila e Cilento tra i 500 e i mille. Non solo: si scopre che oltre il 60 per cento del venduto delle major editoriali è costituito da riedizioni economiche del proprio catalogo, e non dalle novità. «Abbiamo poche idee, e quelle poche falliscono sempre» commenta sconsolato un manager dell'editoria. Anonimo, per carità, che non è proprio aria di esporsi.

La dura legge delle cifre, comunque, una sorpresa inaspettata l'ha innescata. Francesco Piccolo, infatti, non avrebbe dovuto avere rivali. E invece, almeno uno ci sarà. Antonio Scurati, 51 anni, napoletano, autore di Il padre infedele (Bompiani) era rimasto a lungo amareggiato per la sconfitta di un pelo del 2009. Chi lo conosce lo descrive come «un combattente, che lotterà fino all'ultimo».

Il suo limite è che, come accennato, Rizzoli (gruppo Rcs come la sua Bompiani) ha già vinto l'anno scorso. Ma a presentare Scurati saranno Walter Siti (vincitore 2013) e Umberto Eco, chiamati a pareggiare la suggestiva presentazione di Piccolo da parte del premio Oscar Sorrentino.

Come mai Scurati risale sul ring? Laura Donnini, traghettata dalla direzione generale di Mondadori a quella Rcs, al momento dell'insediamento ha analizzato i dati di vendita. Scoprendo che, dentro l'universo che si apprestava a dirigere, i segnali positivi venivano da Bompiani.

Il motivo? La direttrice editoriale Elisabetta Sgarbi aveva azzeccato uno dei rarissimi casi degli ultimi anni: La verità sul caso Harry Quebert di Joel Dicker, 784 pagine di adrenalina pura, decollato grazie alla più genuina delle formule, il passaparola dei lettori. Risultato? Stavolta la squadra Rcs marcerà compatta dietro Bompiani. E tenterà il blitz dell'ultimora.
Ma di cosa stiam parlando, esattamente?

Di quando, una decina d'anni dopo la vittoria dello Strega, tra le aiuole di via Veneto, il primo detentore del premio, Ennio Flaiano, promosse con l'amico Mino Maccari una rivista- almanacco, decise di chiamarla L'Antipatico e di lanciarla con il seguente motto: «La sola pubblicazione che non contenga scritti di Alberto Arbasino». Oggi sarebbe possibile essere tanto caustici? La scena del party della Dolce vita di Fellini (Flaiano ne scrisse la sceneggiatura) era ispirato al capitolo Fine di un caso di Diario notturno.

Qui Flaiano ricostruiva il caso Montesi (la morte misteriosa di una ventunenne, che coinvolse politici di primo piano), descrivendo un cocaparty ambientato nei salotti della Roma bene, nel quale uno dei personaggi ribattezza l'ambiente definendolo «Sodoma e Camorra». Il marziano Flaiano non era democristiano, comunista o fascista. Per lui la realtà era farsa oppure tragedia. L'Italia uscita dalla guerra emanava «fetore, disgusto e disincanto ». C'era un verme, scriveva, al fondo del bicchiere che la sua generazione era stata costretta a bere, con il quale il Paese avrebbe dovuto fare i conti, prima o poi. Lui spese una vita a tentare di farlo.

Nel ‘63, l'anno nel quale Risi dedicò allo Strega un episodio de I mostri, Primo Levi vinceva il Campiello con La tregua, Beppe Fenoglio licenziava Una questione privata, usciva La cognizione del dolore di Gadda, Calvino lanciava Sciascia, Visconti dirigeva la versione cinematografica del Gattopardo. Tra ieri e oggi, notate qualche differenza?

Tutto cambia perché nulla cambi? La obituary dello Strega registra, tra gli altri, i decessi di Gae Aulenti, Mariangela Melato, Rossella Falk e Stefano Giovanardi, con conseguenti nuovi ingressi nel comitato direttivo e tra gli Amici della Domenica. I nuovi saranno 14, guidati dal ministro Dario Franceschini.

Ma l'età media resta alta: 68 anni. Introdotta anche una stretta «antibrogli» nel sistema di voto: o scheda nell'urna o preferenza espressa sul web, in un sito protetto da doppia password. Basterà per sceneggiare l'ennesima «svolta»? Un dialogo di Flaiano recitava: «Lei ha deciso per chi votare quest'anno allo Strega? ». «Si, ma non ho letto niente di "suo". Ci mancherebbe...». «Come mai? Si fida?». «No. Questi voti si danno con un certo disprezzo».

 

 

premio strega Villa Giulia sede del Premio Strega clm08 emanuele treviMORANTE PASOLINI MORAVIA ANTONIO SCURATI - copyright PizziFrancesco Piccolo Paolo Sorrentino Roberto Benigni Alberto Arbasino Giuseppe Scaraffia e Elisabetta Sgarbi Dario Franceschini e Michela De Biase

Ultimi Dagoreport

giuseppe conte matteo ricci

FLASH – È ALTAMENTE PROBABILE CHE MATTEO RICCI, CANDIDATO DEL CAMPO LARGO ALLA REGIONE MARCHE, SIA PROSCIOLTO  DALL’ACCUSA DI CORRUZIONE NELL’INCHIESTA “AFFIDOPOLI” A PESARO, PRIMA DELLE ELEZIONI REGIONALI, PREVISTE PER IL 28-29 SETTEMBRE. È LA RASSICURAZIONE CHE VOLEVA GIUSEPPE CONTE, PER SCIOGLIERE LA RISERVA DEL SOSTEGNO DEL M5S ALL’EX SINDACO DI PESARO. E INFATTI OGGI PEPPINIELLO HA DATO IL SUO VIA LIBERA: “NON VEDIAMO ALCUNA RAGIONE PER CHIEDERE A MATTEO RICCI UN PASSO INDIETRO. SAREBBE UN BRUTTO PRECEDENTE. NON CI SONO ELEMENTI A CARICO DELLA SUA COLPEVOLEZZA

emmanuel macron john elkann donald trump

DAGOREPORT – A PARIGI SI VOCIFERA CHE MACRON SIA UN PO' INCAZZATO CON JOHN ELKANN PER LA SUA AMERICANIZZAZIONE FILO-TRUMP (VEDI LA VISITA CON LA JUVE AL SEGUITO, ALLA CASA BIANCA) - IN BALLO LA GESTIONE DI STELLANTIS, GRUPPO AUTOMOBILISTICO DI CUI LA FRANCIA POSSIEDE IL 6,2%: DOPO TAVARES, MACRON VOLEVA UN CEO FRANCESE MA TRUMP SI E' OPPOSTO, ED E' ARRIVATO L’ITALIANO FILOSA - I CONTI IN ROSSO DI STELLANTIS PREOCCUPANO YAKI, COME DEL RESTO L’EDITORIA CHE NON GENERA PROFITTI MA SOLO ROGNE COL GOVERNO MELONI. E A PRENDERSI "REPUBBLICA" E "LA STAMPA" NON CI PENSA PIU' NESSUNO (IMPOSSIBILE RIBALTARE LA LORO LINEA ANTI-GOVERNATIVA) - LA TENTAZIONE DI ELKANN DI MOLLARE TUTTO PER DEDICARSI AGLI INVESTIMENTI FINANZIARI DI EXOR È OGNI GIORNO PIU' ALTA, MA LA SOLUZIONE STENTA, PER ORA, A FARSI AVANTI...

ursula von der leyen donald trump emmanuel macron

DAGOREPORT - COME MAI IL SEMPRE LOQUACE EMMANUEL MACRON TACE DI FRONTE ALL’UMILIAZIONE EUROPEA CON TRUMP SUI DAZI? IL TOYBOY DELL’ELISEO, CHE SI È SPESO PER NON SCENDERE A COMPROMESSI CON IL TYCOON (ERA IL FAUTORE DELLA LINEA DURA, CONTRO QUELLA MORBIDA PROPUGNATA DAL DUO MELONI-MERZ), HA PREFERITO CONTATTARE DIRETTAMENTE URSULA VON DER LEYEN. E LE HA POSTO TRE DOMANDE: 1) HAI PARLATO CON TRUMP DELLA WEB TAX? 2) CHI FIRMERÀ L’ACCORDO MONSTRE PER L’ACQUISTO DI 750 MILIARDI IN ENERGIA USA? 3) CHE FINE FANNO I CONTRATTI GIÀ FIRMATI CON ALGERIA, QATAR, AZERBAIGIAN? LI STRACCIAMO?

giorgia meloni

DAGOREPORT - DOPO TRE ANNI DI FANFARE E BACI, UNA MELONI IN COSÌ TOTALE DIFFICOLTÀ NON S'ERA MAI VISTA - PER ESSERE COERENTE AL SUO ATTEGGIAMENTO DA "PONTIERA" USA-UE, FAVOREVOLE ALLA TRATTATIVA IN GINOCCHIO DI URSULA CON IL BOSS DELLA CASA BIANCA, MELONI È FINITA NEL TRITACARNE, FATTA LETTERALMENTE A PEZZI NON SOLO DALL'OPPOSIZIONE MA DA TUTTI: PER CONFINDUSTRIA, COLDIRETTI, FEDERACCIAI, CISL, ETC.: "L'ACCORDO CON TRUMP È UNA CAZZATA" - FUORI CASA, IL DILUVIO: LA ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' È STATA RIDICOLIZZATA PURE A DESTRA DAL LEPENISTA BARDELLA ALL'ANTI-UE, ORBAN – QUANDO IL SUO ALLEATO TRATTATIVISTA MERZ HA RINCULATO, TERRORIZZATO DAI POSSIBILI CONTRACCOLPI ALLA MAGGIORANZA DEL SUO GOVERNO, LA "PONTIERA" (SENZA PONTE) E' FINITA DA SOLA, COL CERINO IN MANO, A DIFENDERE URSULA VIOLENTATA DAL CETRIOLO DI TRUMP, MA GUARDANDOSI BENE DAL RIVENDICARE L'AMICIZIA (IMMAGINARIA) COL "PADRINO" DELLA CASA BIANCA – SE IL SOGNO MELONIANO DI AGGANCIARE FDI AL PPE SI ALLONTANA, LA RINTRONATA URSULA RIMARRÀ AL SUO POSTO: ALTERNATIVA NON C'È, HANNO TUTTI PAURA CHE LA DESTRA DEI ''PATRIOTI'' CONQUISTI BRUXELLES...

ursula von der leyen donald trump friedrich merz giorgia meloni emmanuel macron

DAGOREPORT - SIAMO DAVVERO SICURI CHE L’UNICA GRANDE COLPEVOLE DELLA ''DOCCIA SCOZZESE'' EUROPEA, COI DAZI TRUMPIANI AL 15%, PIÙ PESANTI IMPOSIZIONI SU GAS E ARMI, SIA LADY URSULA? - SE TRUMP NON DEVE RENDERE CONTO A NESSUNO, URSULA SI RITROVA 27 PAESI ALLE SPALLE, OGNUNO CON I SUOI INTERESSI, SPESSO CONFLIGGENTI: MENTRE MACRON AVREBBE VOLUTO USARE IL BAZOOKA CONTRO IL ''DAZISTA'', COME LA CINA, CHE HA TENUTO TESTA, DA VERA POTENZA, A WASHINGTON, MERZ E MELONI ERANO PER IL “DIALOGO”, TERRORIZZATI DALLE “VENDETTE” POLITICHE CHE TRUMP AVREBBE POTUTO METTERE IN ATTO (UCRAINA, NATO, MEDIORIENTE) - MELONI SA BENE CHE IL PEGGIO DEVE ANCORA VENIRE: LA STANGATA SULL’ECONOMIA ITALIANA DOVUTA AI DAZI SI ANDRÀ AD ACCAVALLARE ALLA FINE DEL PNRR E AI SALARI PIÙ BASSI D’EUROPA - SE L'AUTUNNO SARA' ROVENTE, NON SOLO ECONOMICAMENTE MA ANCHE  POLITICAMENTE (CON IL TEST DELLE REGIONALI), IL 2026 SI PREANNUNCIA DA SUDORI FREDDI... 

riccardo muti concerto agrigento alessandro giuli

DAGOREPORT - “AGRIGENTO CAPITALE DELLA CULTURA 2025” DOVEVA ESSERE PER IL MINISTERO GIULI-VO UN “APPUNTAMENTO CON LA STORIA” ED È FINITO NEL SOLITO “APPUNTAMENTO CON LA CASSA” - PER “INTERPRETARE IL SENSO DI UNA MEMORIA CONTINENTALE EURO-AFRICANA CONDIVISA E FARNE IL FERMENTO DI UN RITROVATO BENESSERE INDIVIDUALE DI CRESCITA COLLETTIVA” (SEMPRE GIULI), COME È POSSIBILE CHE LA REGIONE SICULA ABBIA SBORSATO LA FOLLIA DI 650MILA EURO PER UN SINGOLO CONCERTO NELLA VALLE DEI TEMPLI DELL’ORCHESTRA GIOVANILE CHERUBINI DIRETTA DA RICCARDO MUTI? LO STESSO EVENTO, ORGANIZZATO L’ANNO SCORSO DAL COMUNE DI LAMPEDUSA, ERA COSTATO APPENA 100MILA EURO - DEL RESTO, CON BUDGET DI 150 MILIONI, I 461MILA EURO PER LA “PROMOZIONE E PUBBLICITÀ DEL PARCO ARCHEOLOGICO” CI STANNO. COME IL “MOVITI FEST”: PER 473.360 MILA EURO, UN “PROGETTO CHE MIRA A COINVOLGERE E ANIMARE I LUOGHI DEL CENTRO STORICO AD AGRIGENTO” - ALLE CRITICHE, IL SINDACO DELLA CITTÀ DELLA CUCCAGNA, FRANCESCO MICCICHÈ, SI OFFENDE: “BASTA DILEGGIO STERILE. SE VINCE AGRIGENTO, VINCE LA SICILIA”! (QUI CE NE VOGLIONO 100 DI MONTALBANO…”)