tinto brass caterina varzi

TINTO, STINTO E RITINTO - IL "CINECOLOGO" TINTO BRASS AVEVA PERSO LA MEMORIA DOPO L'ISCHEMIA. LA SUA AMICA E AMANTE CATERINA VARZI HA LAVORATO PER TRE ANNI PER RICOSTRUIRLA INSIEME A LUI: "ERA SOLO EGOISMO. RIVOLEVO IL MIO TINTO". CHE ORA VUOLE GIRARE UN FILM

Raffaele Panizza per “Wired”, pubblicato dal "Foglio" del lunedì

 

caterina varzi daLaStampacaterina varzi daLaStampa

Ricordo il mio volto riflesso nello specchio e l’espressione bella, in pace, illuminata. Non stavo male. Avevo solo voglia di stendermi con la testa tra le mani. E l’ho fatto, lì dov’ero, sul pavimento del bagno ». Il 16 aprile del 2010, dopo uno strano sogno ematico a occhi aperti, Tinto Brass si risveglia rinchiuso nella “campana subacquea” del suo corpo, nel letto d’un ospedale di Bassano del Grappa.

 

«Non capiva cosa dicevano alla tv, non camminava, non poteva leggere né scrivere», ricorda Caterina Varzi, sua amica e amante. «Bofonchiava suoni incomprensibili ma riusciva a dire “Quanto sei bella” se vedeva il mio volto e a cantare Il disertore, dall’inizio alla fine, in francese». La diagnosi dei medici è una condanna e un sollievo, considerati i timori d’aneurisma dei primi attimi: emorragia intraparenchimiale in sede talamo- capsulare sinistra. Una forma ischemica tra le meno frequenti.

 

caterina varzi tinto   brasscaterina varzi tinto brass

«Oltre alla pena, c’era il dolore per averlo perduto, intellettualmente intendo. Quello che ho fatto dopo è stato dettato solo dall’egoismo: rivolevo il mio Tinto». A cinque anni dall’incidente (e la definizione è di un Brass con qualche difficoltà motoria ma quasi completamente ristabilito), Caterina Varzi s’è trasformata nella sua “musa ermeneutica”. Scavando nell’archivio del regista, due grandi stanze seminterrate, ha fatto un lavoro lento e silenzioso di data-entry.

 

Ha tirato fuori le foto di scena conservate dagli anni Sessanta a oggi, gli articoli di giornale sulla censura, vecchie riviste erotiche, videocassette, oggetti, interviste voyeuristiche di Riccardo Schicchi, una copia de Les évangiles du diable. E poi, facendogli ripetere ad alta voce nomi e date, ha reinstallato il suo software di ricordi professionali sopra un hardware danneggiato e confuso.

 

«S’è trattato di una sorta di lavoro a maglia, simile a quello della cucitrice che ripara una stoffa, favorito dalla loro relazione emotiva», ipotizza Marco Francesconi, curatore del volume La complessità della memoria. «Ripresentare dati emotivi e personali al paziente non è campato per aria, e io stesso ho seguito un procedimento simile con l’ictus occorso a mio padre», confida Sergio Della Sala, neuroscienziato cognitivo e docente all’università di Edimburgo, «l’ho portato in Canada sui luoghi della sua infanzia e, col tempo e con la ripetizione, l’ho dotato di una sorta di memoria esterna: tra questa e le isole di consapevolezza mnestica che gli erano rimaste, pian piano, s’è creato un raccordo e un’informità».

caterina varzi tinto brasscaterina varzi tinto brass

 

Per un uomo come Brass, e come ciascuno di noi, memoria, identità e storia coincidono sempre. Per anni, dopo la malattia, non è riuscito a ricordare nulla della sua vita professionale. Il nome di Stefania Sandrelli non gli solleticava più alcuna curiosità, proprio come quelli di Serena Grandi e Claudia Koll. Nessuna emozione davanti alla locandina de La chiave (1983). 0 di fronte al nome Jun’ichirò Tanizaki, autore del romanzo da cui venne tratto il film. Nessuna immagine mentale per Così fan tutte (1992), Salon Kitty (1976), Snack Bar Budapest (1988).

 

«Riguardavamo assieme i film ed era strano osservarlo mentre “vedeva” le immagini ma non riusciva a entrare nella storia. Era tutto nuovo, per lui». Insieme, l’uomo che guarda e la donna che riempie la buca, hanno lavorato tutti i giorni, per anni. Durante la settimana a casa di Tinto, a Isola Farnese. Il sabato e la domenica nell’appartamento di Caterina Varzi a Trastevere.

 

caterina  varzi  tinto brasscaterina varzi tinto brass

Ogni volta, secondo uno schema preciso: prima la musica, Vivere e Un senso di Vasco Rossi, i cui ritornelli Brass pian piano ha cominciato a ripetere come un mantra. Poi il lavoro più puntiglioso, le fotografie: un Gigi Proietti giovanissimo, protagonista di Dropout nel 1970. Franco Nero e Vanessa Redgrave, i due volti de La vacanza, pellicola del 1971 e premio della critica a Venezia. «Questa invece chi è, Tinto, dimmi» gli chiede a un certo punto lei, mostrandogli l’immagine di una ragazza dai lineamenti incredibilmente simili ai suoi: «Sì, giusto, è Tina Aumont. E come l’hai conosciuta, lo ricordi?».

 

No, Brass non lo ricorda. Ma ricorda del leone di scena «che sul set de L’urlo (1968) per un pelo non la azzannava, attratto dalle sue mestruazioni». Un lavoro in corso, e in fase di continuo puntellamento: «Il premio della critica di Venezia vuol sapere? Dovrebbe essere lì, su quella mensola laggiù», dice il regista a un certo punto, finché arriva Caterina a ricordargli che: «No Tinto, il premio non c’è, non sei mai andato a ritirarlo... ».

 

caterina   varzi  tinto brasscaterina varzi tinto brass

E lui, con piglio un po’ automatico, a ripetere: «È vero, non sono mai andato a ritirarlo». Non molla mai, lei. Fruga tra le carte. Cerca se stessa e l’altro, visto che ne ha percorse parecchie di strade arzigogolate, nella vita: prima ricercatrice a alla cattedra di Diritto processuale, poi nella trappola di un matrimonio annullato perché mai consumato, quindi in preda alla depressione per anni fino all’incontro e alla lunga psicanalisi con Aldo Carotenuto, junghiano di fama internazionale e docente a Roma, di cui poi diventa allieva, compagna ed ella stessa analista: «Anche se il mio unico paziente, ormai, è Tinto».

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Una storia piena di suggestioni sul rapporto tra cervello e mente, la loro. Piccola isola sperimentale di una passione planetaria per le neuroscienze e le scienze cognitive che il filosofo Giulio Giorello definisce “neuromania”: «Una moda, in un certo senso, [...] ci si interroga sul posto dell’uomo nel mondo, anche con ipotesi audaci». Emblematico il tono usato da Barack Obama il 2 aprile 2013 nell’annunciare l’avvio del progetto di mappatura neuronale Brain Initiative: «In quanto esseri umani possiamo identificare galassie lontane anni luce e studiare particelle più piccole di un atomo. Ma non abbiamo svelato il mistero del chilo e mezzo di materia che si trova fra le nostre orecchie ».

 

CALIGOLA DI TINTO BRASS CALIGOLA DI TINTO BRASS

Approccio di reverse engineering del cervello avviato anche in Europa col Blue brain di Losanna e lo Human brain project, sponsorizzato con fondi dell’Ue. Fiorisce in parallelo la pubblicistica di settore, con best seller quali L’errore di Cartesio di Antonio Damasio, Strumenti per pensare di Daniel C. Dennet, lo splendido Nulla di più grande di Giulio Tononi e Marcello Massimini e il più divulgativo II futuro della mente scritto dal fisico californiano Michio Kaku. Studi che interpretano e proiettano nel futuro quanto reso misurabile da strumenti di imaging cerebrale sempre più precisi, in grado di filmare il flusso dei nostri pensieri [...]. «Guardi, per me è arabo, io non faccio neppure riabilitazione e la logopedista non la vedo da anni », rivendica Tinto, sorretto da una positività di ferro.

Tinto Brass in impotenti esistenzialiTinto Brass in impotenti esistenziali

 

Dati offerti dalle Fmri ad esempio, le risonanze magnetiche funzionali, che registrano il ghirigoro del sangue ossigenato nel cervello pensante fornendo traccia della corrente elettrica che attraversa i neuroni. 0 le sorprendenti scansioni Pet, che inseguono le impronte degli zuccheri consumati dalle cellule coinvolte nel ragionamento disegnandone il movimento.

 

Tinto Brass con MoglieTinto Brass con Moglie

Fino a tutta la generazione di strumentazioni elettromagnetiche come lo scanner transcranico, la magnetoencefalografia, la spettroscopia nel vicino infrarosso e l’optogenetica, che sfrutta la luce per attivare o spegnere intere zone corticali. «Il successo di questa prima generazione di strumenti di imaging è stato sbalorditivo », spiega Michio Kaku.

 

«Prima si conoscevano solo una trentina di aree cerebrali, mentre oggi la sola risonanza magnetica è in grado di identificarne trecento. E già si sperimentano macchinari che possono entrare in un telefono cellulare, con capacità di scansione che dalla frazione di millimetro d’oggi arriverà a intercettare il singolo neurone». Anche in tema di memoria i progressi appaiono inarrestabili. Se il cervello umano funzionasse davvero come si credeva fino a vent’anni fa del resto, con ogni singola parte anatomica specializzata e non intercambiabile, Tinto Brass sarebbe ancora muto. Ma fortunatamente non è così.

Tinto BrassTinto Brass

 

I ricordi danzano ovunque nella nostra testa, tanto che gli scienziati hanno già identificato più di venti categorie di “memories” immagazzinate in diverse parti del cervello. Una verità che Caterina Varzi ha visto compiersi sotto i suoi occhi, rispondendo affermativamente a qualche capriccio avanzato da un uomo giocoso nonostante gli ottant’anni: «Mi chiedeva di ballare, anche se non ne sono capace. Guardarmi gli dava gioia immensa, attivava nuovi ricordi, nuove facoltà».

 

corto circuiti erotici tinto brass covercorto circuiti erotici tinto brass cover

È proprio così. Non c’è il talamo che smista, l’ippocampo che fa l’hard disk, e le emozioni che si depositano nell’amigdala, come s’è sempre pensato. Il cervello è una tempesta di scariche elettriche in continuo contrasto. Una marea d’oscillazioni attivate da piccoli sobillatori (detti neuroni agitatori) che permettono alle diverse aree cerebrali di condividere le informazioni e comunicare le une con le altre. [...] Ecco perché un frullo di seni di Caterina significa progetti. Una foto di Serena Grandi un’accensione neuronale che vuol dire giovinezza. La giovinezza sesso. Il sesso energia. E l’energia buon umore. Secondo un processo di bending dei vari frammenti che rimane ancora in parte misterioso.

 

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«La vita mentale incosciente, ormai è noto, è vastissima, e nei nostri laboratori siamo oggi in grado di tracciare con precisione che distanza riesce a coprire uno stimolo non consapevole», spiega Stanislas Dehaene, membro del Collège de France e autore per Cortina di Coscienza e cervello, che aggiunge: «È alla nostra portata la creazione di un coscienziometro, in grado di distinguere un paziente in coma vegetativo ma “presente” da un altro privo di attività mentale. Grazie a macchinari come la magnetoencefalografia, abbiamo portato la scatola nera della coscienza in laboratorio, e l’abbiamo violata».

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Affermazioni da dominatore del mondo che stanno seminando fastidio tra psicologi e psicanalisti, che di fronte a questo panteismo neurologico «reagiscono con la paura tipica di chi vede minata la propria autonomia disciplinare», spiega ancora Giorello. È Santo Di Nuovo, docente di Psicologia a Catania e in libreria per Giunti con Prigionieri delle neuroscienze?, a dare voce al conflitto: «Certo, se i neuroscienziati tentassero di assimilare tutta la psicologia alla struttura anatomica, non sarei d’accordo. La mente è anche corpo, ed è immersa nel suo contesto vitale: un cervello in vitro, nel mondo, non avrebbe alcun significato».

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Cosa ne sarebbe ad esempio di Brass, immerso com’è in questo grande divano a vedere film e attendere di andare a letto, se la sua musa ermeneutica non vivesse questo momento con gioia generatrice? «Ogni volta che gli torna alla mente qualcosa provo una sensazione strana, è come fare un figlio», confessa. Ma se è vero che la relazione cura, come Tinto e Caterina dimostrano, è anche vero che siamo nel mondo misurabile del Nicolelis Lab di Durham, in North Carolina, dove mappando 500 neuroni corticali è stato insegnato a una scimmia a muovere il proprio avatar, e dove sperimentano la trasmissione wireless di impulsi cerebrali.

 

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Il futuro dell’internet delle menti, come dimostrano gli esperimenti di Rajesh Rao all’università di Washington, che ha connesso in una continuità d’intenti due videogamer posti in stanze separate, rendendo l’uno strumento delle decisioni dell’altro. Psicologi e psicanalisti che dovranno lottare contro gli scienziati del Mit, che sono riusciti a innestare memorie fasulle nei topi.

 

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Oppure, al contrario, giovarsi delle scoperte fatte alla University of Southern California, dove sono stati in grado di registrare il ricordo creato dal cervello di una cavia e trasferirlo in forma digitale su un computer. Ignari di tutto quanto, Tinto Brass e Caterina Varzi continuano il loro esperimento. Hanno scritto anche un libro assieme, Madame Pipì (Bompiani), tratto da una delle tante sceneggiature “dimenticate” e ora reinstallate. Il passato resta il loro ginnasio costante.

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Il domani, un argomento di cui si parla molto poco. E, in caso, in relazione a una cosa sola. Sono stati gli studi di imaging realizzati alla Washington University di St. Louis a mostrarlo chiaramente: le aree coinvolte nel recupero della memoria sono connesse strettamente a quelle preposte alla simulazione del futuro. Tinto perciò, recuperato se stesso, ora vorrebbe girare il suo ultimo film. Non la dice mai, in verità, la parola “ultimo”. Ma lo sa che è così. Lo sente. Lo accetta. In un certo senso, se lo ricorda.

Tinto Brass e Debora CaprioglioTinto Brass e Debora Capriogliotinto brass KickTheCocktinto brass KickTheCock

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