TOGLIETE IL FIASCO A DEPARDIEU - “IL MIO PAESE? POCO INTERESSANTE. MEGLIO L’ITALIA” - LA CRISI TRA RUSSIA-UCRAINA? SE LA SBROGLINO LORO. PER CAPIRE CHE COSA SUCCEDE, LEGGETE SHAKESPEARE”

L’attore francese è in Valle d’Aosta per le riprese del primo episodio di una trilogia fantasy: “Sono un po’ francese, un po’ russo, un po’ belga ma tengo il cuore italiano. Oggi si usano i droni per fare un film, se li avesse avuti Fellini non li avrebbe utilizzati. Lui era un artigiano”...

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Davide Jaccod per “la Stampa

 

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Quando Gérard Depardieu entra nel castello di Verrès, in Valle d’Aosta, perfino la sua poderosa stazza sembra ridimensionarsi di fronte ai portoni monumentali. Si guarda intorno sorpreso, quasi dimenticando l’impresa di arrivare (in un piccolo fuoristrada) in cima alla rocca della fortezza medievale. Si lascia scappare un apprezzamento, prima di venire circondato da un entourage che prova a decodificarne di continuo l’umore, i desideri. «Monsieur Depardieu», prima di tutto.
 

L’attore francese è in Italia per le riprese diCreators – the past di Beppe Zaia, primo episodio di una trilogia fantasy tutta italiana ma pensata per il mercato statunitense. Arriva dalla Valle della Morte, negli Stati Uniti, dove è stato per girare La vallée de l’amour di Guillaume Nicloux, che lo vede recitare insieme a Isabelle Huppert. «Ho passato – racconta – quattro settimane nel deserto. Ecco: quello è un bel posto. Mi piace la tranquillità, anzitutto: al caos preferisco il silenzio. Come nella Valle della Morte. Solo che era un po’ troppo caldo, per me».

 

GERARD DEPARDIEU GERARD DEPARDIEU

Guardando alla sterminata serie di interpretazioni, però, la sua vita sembra essere all’insegna della frenesia. Alle spalle ha qualcosa come 170 film, dalle comparsate (come quando ha vestito i panni dello chef francese di Vita di Pi) ai ruoli che gli sono valsi i premi César, il Golden Globe o il Leone d’oro alla carriera, nel 1997. 
 

Il film è il primo di una trilogia che racconta perché il mondo non sia finito nel 2012, come avrebbe invece dovuto essere: un mancato allineamento cosmico ha complicato i piani dei «creatori», i potenti alieni che governano il destino della terra. Uno di loro prende la forma proprio di Depardieu, che (anche) della fantascienza ha un’opinione netta. «E’ un genere che funziona da un punto di vista commerciale, ma per me è meglio come letteratura. AdAvatar io preferisco Van Got, libri comeCrociera nell’infinito, Le pedine del Non-A. Adesso, con gli effetti speciali, è possibile fare di tutto. Ma si perde la narrazione».

 

FELLINI FELLINI

Narrazione che, per lui, ancora deve essere il fulcro intorno al quale costruire il cinema. «La differenza con il passato – spiega - è che oggi, al posto di fare un film con 1200 o 1500 inquadrature, lo si fa con 10 mila. Ma bisogna fare attenzione, perché con dieci mila inquadrature si può facilmente perdere per strada la storia: e l’intreccio, il racconto deve essere mantenuto. E’ questa la differenza tra il cinema di oggi e quello di Vittorio De Sica, di Federico Fellini.

 

Fellini aveva un’enorme immaginazione, ma era un artigiano. Oggi si usano i droni, le macchine da presa sono ovunque. Ma se Fellini avesse avuto i droni, semplicemente non li avrebbe utilizzati. Un vero film è un film con 1500 inquadrature e una storia che si tiene in piedi». 
 

Marlene Dietrich Vittorio De Sica © Archivio Cicconi Marlene Dietrich Vittorio De Sica © Archivio Cicconi

In Gérard Depardieu l’uomo si confonde con il mito che lui stesso ha contribuito a creare, come quando ha dichiarato di bere 12 bottiglie al giorno («Qui in montagna si mangia bene – dice – e i vini sono speciali»). Il suo caratteraccio sul set è un mito ben radicato, e all’affetto generato dai suoi personaggi si affianca l’insofferenza per le sue prese di posizione, come quando si è trasferito dalla Francia al Belgio in aperta polemica con la proposta del governo di Parigi di una tassazione eccezionale per i super-ricchi.

 

Ma, ancora una volta, quello che racconta con l’Italia è un rapporto speciale. «Essere italiano – dice – è meglio che essere francese: la Francia è molto, molto poco interessante. Io sono un po’ francese, un po’ belga, un po’ russo. Ma il mio cuore è italiano. Adoro l’Italia, ho molti amici qui e spesso passo il tempo nella mia casa di Lecce. Sono un po’ francese, un po’ belga, un po’ italiano, un po’ russo».
 

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L’anno scorso la cittadinanza russa gli arrivò direttamente dalla firma di Putin, che rispose al suo appello di esule volontario: la simpatia di Depardieu per il presidente russo è consolidata, e si è tradotta anche in una critica aperta all’Europa per la posizione nei confronti di Mosca. Questa volta, però, della situazione ucraina non vuole parlare. «Che se la sbroglino. Per capire che cosa succede, bisogna leggere Shakespeare. E’ tutto lì dentro».

 

 

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