VOLPI AL LIDO DI VENEZIA: “AVEVAMO ‘’FRONTE DEL PORTO’’ ORA CI TOCCANO LE CAGATINE JUGOSLAVE”

Un disilluso Giovanni Volpi, figlio del fondatore della Mostra del cinema, affonda Venezia con tutto il Festival - “È sempre stata una città di stronzi che torturano il turista sapendo che non tornerà” - “Se fossi un regista non verrei qui”... -

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Malcom Pagani per "Il Fatto Quotidiano"

Illusioni poche: "La Venezia di ieri non tornerà più, dalla croce, come saprà, ne è resuscitato uno solo". Ironia ereditaria: "A ogni edizione il busto di mio padre Giuseppe viene spostato di sede. Nel Palazzo del Cinema, lo trova in fondo a destra. L'anno prossimo magari sparisce oppure lo sotterrano in cantina". Rabbia ancora giovane nonostante il cuore batta il ritmo dell'età: "Ho qualche problema di salute e da un certo punto in poi, comunque, si vive in prestito".

E dietro gli occhiali, i 75 anni non restituiscono più il mare di un'epoca lontana: "Al Lido venivano le famiglie, anche per due mesi. Chi ci vada ancora esattamente non lo so, ma mi basta vedere al Festival un buttafuori vestito come Man in black per smarrire la voglia di scoprirlo".

Di Giuseppe Volpi di Misurata, esistenza da romanzo tra amori berberi, alberghi, presidenze confindustriali, Afriche in camicia nera, celle in via Tasso e processi, Giovanni Volpi è il figlio. Di suo padre: "Non certo il fascista pregiudizialmente descritto da più parti, ma un uomo che diede lavoro a migliaia di veneziani" e che in un attivismo da pioniere, fondò tra molte altre cose la Mostra del Cinema, parlerebbe per ore.

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Aneddoti, rivisitazioni, Libia, petrolio, Mussolini, De Gasperi e Andreotti. La Coppa che omaggia i migliori attori porta ancora il suo nome, ma Volpi è stanco di recitare: "Mio padre andrebbe osannato anche se almeno un errore, anzi un crimine, l'ha commesso".

Quale, Conte?
Ha provato a essere profeta in patria. In Italia non te lo perdonano. C'è il vizio di cancellare le proprie origini.

Lei le difende?
Ho brevettato un marchio registrato con la denominazione Coppa Volpi. Sa, quello con la erre tra le due parentesi?

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Anche il Festival numero 70 è diventato una parentesi?
Prenda la lista dei film del Dopoguerra. Otto su 10 sono diventati grandi classici. Una volta trovavi Kurosawa o Fronte del Porto.

Oggi?
Devi applaudire l'ultima cagatina jugoslava e francamente, non è una prospettiva affascinante. È quello che è accaduto al Festival e allora, col vostro permesso, non ci sto più. C'era un certo numero di premi. Come a ogni tavolo da gioco c'erano delle regole. Poi le hanno stravolte e abbiamo assistito al miracolo della moltiplicazione degli ex aequo, ai bambini di tre anni premiati per la loro straordinaria interpretazione e alla consegna di una trentina di targhe concesse a vario titolo. La rassegna ha perso credibilità. Ed è una cosetta che non si recupera facilmente. Sa che le dico?

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Cosa, Conte Volpi?
Che se io fossi il produttore di un grande film americano, a Venezia non verrei mai. Si va a perdere in ogni caso, da queste parti. Costi folli, mancanza di posti letto, le giurie, vere e proprie mine vaganti. Non conviene.

Le piace il Festival di Barbera?
È appena arrivato, ci vuole continuità. Hanno cacciato Müller che avrà avuto i suoi difetti, ma era lì da anni. A Cannes hanno cambiato pochissimo, da noi 22 direttori. Rapporti? Andavo d'accordo con Pontecorvo e con Biraghi e almeno per tre quarti, anche con Müller. Oggi il dialogo è zero. Come diceva il filosofo? Siamo come atomi che non agganciano.

Al Lido la invitano?
Certo, ma vado poco. D'inverno viene voglia di spararsi, d'estate mi immalinconisco.

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Venezia soffre?
Ha una storia e fa di tutto per affossarla. Vende male la sua dignità. Chiunque si alzi per proporre una porcata, ottiene genuflessioni e stuoli di funzionari pronti a sdraiarsi. L'ultimo è stato Pierre Cardin. Voleva costruire a Marghera una torre alta 250 metri. Una follia che sarebbe stata visibile da ogni angolo della città. Sarebbe bastato dirgli di no, suggerirgli di andarsi a costruire il suo Chrysler building a Treviso. Cardin non viene da lì?

Invece?
In una commistione di sinistrismo pericolosamente inclinato al cretinismo, i veneziani parlano d'altro. Si lamentano dei turisti e sputano nel piatto dove mangiano, ma appena manca un solo americano, si stracciano le vesti. Venezia non ha il petrolio. Vive di turismo. È e sarà sempre disneyana.

Però ha molti problemi.
Il problema di Venezia è che è sempre stata una città di stronzi che torturano il turista sapendo che non tornerà. Tanto c'è il ricambio. Nel 2011, per dire, ha ospitato 22 milioni di persone. I veneziani vogliono l'affare sicuro. Pretendono che la domandi superi di 10 volte l'offerta. Non è normale.

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E l'affare del viscontiano Des Bains, chiuso per essere diviso in appartamenti?
Cazzata pazzesca e scempio messi in piedi allo scopo di accumulare un fottìo di soldi. Ma qui non siamo a New York e gli appartamenti non vuole comprarli nessuno. Il Lido con il solo Excelsior, non può farcela. A meno che il progetto non sia quello di spostare la Mostra all'Arsenale per altre speculazioni. Non mi stupirei.

PICALARGA - IL PROGETTO DEL PALACINEMA DI VENEZIAPICALARGA - IL PROGETTO DEL PALACINEMA DI VENEZIA

Si parla molto di vaporetti, traffico in laguna e navi mostro.
Storia vecchia. Ogni anno un vaporetto speronava una famiglia, di solito invariabilmente svizzera. Questa volta ci sono stati i morti. Sul moto ondoso poi, con la scusa di prendere i soldi per la stabilizzazione delle acque, si raccontano balle spaventose. L'acqua ferma, c'era forse 2 secoli fa. Siamo nel 2013. Ma come mi disse un amico del NYT, Venezia fa notizia solo se affonda. Di scrivere che è tra le città più sicure al mondo non importa a nessuno.

Almeno si scrive del Festival.
Purtroppo è in mano alla politica. Era più facile parlare con i comunisti nel '47, ai tempi in cui avevano il mitra nell'armadio che con questi destrorsi di sinistra con il portafogli a destra.

Meglio Berlusconi?
Se lasciamo stare le desolanti esperienze personali e il fatto che gli abbiano fatto fare poco o nulla, una cosa l'aveva capita. Bisogna far ridere. Spiazzare. Fare spettacolo. Per questo aveva successo con le donne. Ha visto certe foto su Dagospia? Pure istantanee dell'albertosordismo all'italiana. Poteva tenere il pantalone chiuso e un po' se l'è cercata, ma sia sincero, la sua battuta sulla Merkel, con quell'inchiavabile di chiara derivazione veneta, non fece ridere anche lei?

alberto barbera al festival del cinema di veneziaalberto barbera al festival del cinema di venezia

 

 

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