1. PAGA DI UN EURO ALL’ORA PER 15 ORE AL GIORNO E INFERRIATE ALLE FINESTRE PER IMPEDIRE LA FUGA. ANCHE IN CASO DI INCENDIO. PRATO COSTRETTA AL LUTTO PER L’ENORMITÀ DI QUESTI SETTE SCHIAVI MORTI. CADAVERI CINESI CHE PER UNA VOLTA AVRANNO UN FUNERALE TRACCIABILE. POI VERRÀ TUTTO RIMOSSO IN POCHI GIORNI, PERCHÉ IN FONDO SONO CINESI E QUINDI, FONDAMENTALMENTE, CHI SE NE FREGA. EPPURE BASTEREBBERO POCHE CONSIDERAZIONI PER CAPIRE CHE ANCHE QUESTA STRAGE È ROBA NOSTRA 2. NEGLI ANNI SCORSI, CENTINAIA DI IMPRENDITORI TESSILI ITALIANI HANNO DELOCALIZZATO IN CINA PER PAGARE MENO I LAVORATORI. POI HANNO TROVATO PIÙ CONVENIENTE, CON LA CONNIVENZA DELLE AUTORITÀ CINESI E ITALIANE, IMPORTARE QUEGLI STESSI LAVORATORI-SCHIAVI E INSERIRLI A VALLE NELLA CATENA PRODUTTIVA. SCOMMETTIAMO CHE QUEI CAPANNONI CHE OGGI I GIORNALI DEFINISCONO IPOCRITAMENTE “LAGER” SONO DI PROPRIETÀ ITALIANA? E LE BANCHE DI PRATO NON HANNO NULLA DA DICHIARARE?

a cura di COLIN WARD (Special Guest: Pippo il Patriota)

1 - I CINESI SIAMO NOI
Soppalchi in cartongesso per dormire sopra i macchinari, bambini che cominciano a lavorare a chissà quale età, paga di un euro all'ora per 15 ore al giorno e inferriate alle finestre per impedire la fuga. Anche in caso di incendio. Prato costretta al lutto cittadino per l'enormità di questi sette schiavi morti. Cadaveri cinesi che per una volta avranno un funerale tracciabile. Poi verrà tutto rimosso in pochi giorni, perché in fondo sono cinesi e quindi, fondamentalmente, chi se ne frega. Eppure basterebbero poche considerazioni per capire che anche questa strage è roba nostra.

Negli anni scorsi, centinaia di imprenditori tessili italiani hanno delocalizzato in Cina per pagare meno i lavoratori. Poi hanno trovato più conveniente, con la connivenza delle autorità cinesi e italiane, importare quegli stessi lavoratori-schiavi e inserirli a valle nella catena produttiva.

Molti dei loro capi, si sono quindi a loro volta trasformati in imprenditori e gli italiani si sono dedicati al loro business preferito, l'immobiliare, affittando capannoni ai cinesi. Scommettiamo che quei capannoni che oggi i giornali definiscono ipocritamente "lager" sono di proprietà italiana? Ed è troppo ardito immaginare che tutta la liquidità che fa girare questo sistema di produzione tessile, nonostante lasci spesso scarse tracce fiscali, sia ben maneggiato da banche locali?

Non è la globalizzazione e neppure "il nuovo che avanza". Queste scene da Rivoluzione industriale inglese sono vecchie di tre secoli e la loro cifra è sempre la stessa: avidità di pochi e sfruttamento di molti. Ma il tutto è travestito di menzogna, nascondimento e, quando la realtà emerge, di "ineludibilità del progresso".

Il meccanismo che regola tutto, non solo a Prato ma anche a Berlino e a Bruxelles, è un micidiale miscuglio di dumping sociale e dumping fiscale. L'Europa che stiamo costruendo prevede aree fiscali privilegiate (per esempio Irlanda, intoccabile) e aree incaricate di fornire forza lavoro impoverita e a basso costo. La cinesizzazione del Sud Europa, con la scusa di recuperare competitività, è già in corso. In Italia, pensiamo di gestirla lucrando sull'affitto di capannoni e stamberghe. Quando saranno gli italiani ad affittare dai cinesi, o a lavorare per loro, in caso di strage sarà più semplice ottenere i funerali di Stato.

Internet e tv ci hanno già riversato addosso immagini e foto più che eloquenti sull'incendio di Prato. Dai giornaloni di oggi merita estrarre giusto un paio di cose. La migliore ci sembra l'intervista ad Andrea Segre da Tor Pignattara, regista di "Io sono Li", che spiega il fenomeno dell'immigrazione cinese e chiude con una provocazione: "I modelli produttivi non fanno differenze e quando in un settore i diritti sul lavoro si sono indeboliti...Cosa succederà quando molti italiani andranno a lavorare per imprenditori cinesi? Sta già avvenendo, nei bar e nei ristoranti. Quando c'è recessione e crisi occupazionale come in questi anni, chiunque è ricattabile. Stiamo attenti a pensare che lo sfruttamento è un problema solo per gli immigrati" (Stampa, p. 2).

Poi c'è la paradossale operazione tentata dal Corriere della Sera, che nel pezzo di Dario Di Vico riesce a puntare il dito contro chi? Ma è facile, contro "i sindacati italiani, che dovranno ricordarsi che esiste l'anomalia Prato, che i lavoratori cinesi hanno gli stessi diretti dei nostri e che il Primo Maggio dovrà essere anche un po' giallo per esser vero" (p. 3).

Completa l'acrobazia Enrico Marro, che intervista Valeria Fedeli, per anni alla guida dei tessili della Cgil. La compagna Fedeli denuncia giustamente l'assenza di controlli e poi si lascia scappare: "Mi colpisce e mi sorprende che il sindacato nazionale non abbia ancora preso posizione su una tragedia come quella di Prato". Quelli ovviamente titolano: "Colpisce il silenzio dei sindacati" (p. 3). Tra un po' diranno che è tutta colpa di Camusso e Landini, noti sfruttatori. Per la cronaca, l'astuta compagna Fedeli nel frattempo è diventata senatrice del Piddimenoelle.

2 - IL PRESIDIO SLOW-LETTA DI RE GIORGIO
Nella settimana in cui la Consulta (del Re) procederà con ogni probabilità all'ennesimo rinvio sul Porcellum, ecco a voi il berlusconismo senza Berlusconi. Il ministro kazako Angelino Alfanayev lancia messaggi nientemeno che dalla Repubblica dei renziani: "Renzi così tira troppo la corda. Se vuol far cadere Letta lo dica. Non abbiamo paura del voto. Proponiamo un contratto di governo solo per un anno. C'è un dato strutturale che Renzi non deve dimenticare: siamo determinanti" (p. 6). Ok, sei piccolo ma "determinante". Però Craxi era altra cosa. A proposito, gli ultimi sondaggi di Ilvo Diamanti danno gli Alfanoidi al 5% (p. 13). Percentuale sulla quale non faremo facili battute giustizialiste.

Per la Stampa, "Tutti contro il Renzi anti-governativo. Il sindaco minaccia di togliere l'appoggio se non si fanno le riforme: critiche dal Pd e dal Nuovo centrodestra" (p. 10). Mentre per Aspenio Letta, "sono solo fuochi precongressuali" (p. 11). Il Messaggero delle Medie Intese registra: "Il piano del premier: fiducia bis e poi rinegoziare con Bruxelles. Le contrapposizioni rischiano di pesare su tutta la fase due. Escluso ogni rimpasto" (p. 3).

Poi passa Re Giorgio e mette tutti in riga a mezzo Corazziere della Sera: "Niente crisi e ‘contratto' fino al 2015. Il Colle studia il percorso per l'esecutivo. Oggi Letta al Quirinale. Su Grillo, Napolitano resta spettatore e stenta a capire". In fondo alla velina di giornata, veniamo informati che lo stesso atteggiamento viene riservato "a certe sortite sul governo e su lui stesso (soprattutto da Matteo Renzi) che animano il dibattito in corso tra i democratici. Napolitano ascolta, osserva, cerca d'interpretare. E ovviamente tace" (p. 12). Tanto c'è chi scrive per lui.

3 - UN, DUE, TRE, GRILLINO!
Il comico genovese non ama la stampa e la stampa non ama lui. Quella di Torino racconta che al terzo V-day Grillo è andato "alla carica dell'euro", sul quale "serve un referendum", e poi sposta il tiro sul para-guru Casaleggio: "E tra gli eletti del movimento cresce il fastidio per il guru. L'imprenditore lombardo definito ‘questo individuo' nelle conversazioni" (Stampa, p. 8). Non solo, ma "Da piazza San Giovanni a Genova, ora gli eroi sono i parlamentari. La folla osanna i suoi portavoce più che i due leader" (p. 9).

Repubblica sguinzaglia Curzio Maltese: "In piazza il circo di Casaleggio e Beppe tra modello ecuadoregno e web in Costituzione. Parte la campagna elettorale antieuropea, la parola d'ordine è ‘oltre'. Al benaltrismo della vecchia politica il grillismo contrappone da oggi il benoltrismo. Il leader critica gli italiani, ultimi nelle classifiche di alfabetizzazione ‘dell'Oxa". Sì, più Anna per tutti! Lo auspichiamo da tempo (p. 11).

4 - L'IMU-RTACCI LORO
Qualcuno aiuti Gelatina Saccomanni, assediato dal suo stesso governo e costretto a continui cambi di direzione. Racconta il Corriere: "Supplemento Imu, dietrofront del governo. Spunta l'ipotesi di coprire la maggioranza con l'aumento dell'acconto Iva. Sui contribuenti con la prima casa ora peserebbe il 40%. Servono 200 milioni di euro" (p. 5). Scarsa conoscenza della cosiddetta "dialettica democratica" fa dire al misterioso sottosegretario Giovanni Legnini: "Qualche modifica arriverà, ma c'è troppa polemica" (Messaggero, p. 5).

5 - SULLE GENERALI, I REPUBBLICONES EMETTONO AVVISI DI GARANZIA
Non si capisce proprio perché Ezio Mauro abbia messo sul supplemento economico, anziché nel primo sfoglio del giornale, quest'autentica bomba che è l'inchiesta sugli affari veneti del Leone di Trieste. "Generali, la Veneto-connection" è il titolo del pezzo di Roberto Mania su Affari&Sfiganza che racconta "i peccati capitali di un'inchiesta che può scrivere l'atto finale della Galassia. Sotto accusa operazione volute dall'ex ad Perissinotto e dal Cfo Agrusti con soggetti che hanno tuttora il 3% circa del capitale del gruppo e che hanno prodotto perdite per 234 milioni".

Nell'articolo si raccontano gli esiti dell'inchieste interne, la titubanza del nuovo ad Mario Greco a proporre azione di responsabilità contro i predecessori e la somma cautela della procura di Trieste. E Paolo Possamai indirizza meglio il siluro: "Ferak nel ciclone. Il salotto veneto diviso sulla sorte della quota nel Leone. Qualora il titolo del gruppo assicurativo dovesse tornare sopra la soglia dei 18 euro, le tensioni tra la famiglia Amenduni, Zoppas, Palladio e Veneto banca potrebbero portare alla fine anticipata della finanziaria e alla spartizione di un patrimonio complessivo vicino ai 600 milioni di euro" (pp. 2-3).

6 - ULTIME DA UN POST-PAESE
"Così il Veneto aggira i suoi piani regolatori". Sul Corriere (p. 21) bell'inchiesta di Gian Antonio Stella: "Si potrà costruire aumentando la cubatura entro 200 metri. La protesta dei sindaci (anche leghisti) contro le norme varate dalla Regione. L'allarme per il progetto casa: ‘Permessi ampliamenti del 140%. E nei centri storici resta tutelato un palazzo, ma accanto possibile fare qualunque cosa'. La replica di Zaia: ‘Si è fatta troppa demagogia, questa legge non esautora i primi cittadini ma pone fine a un eccesso di discrezionalità". Ma gli ambientalisti veneti segnalano che se un costruttore non rispetterà neppure le nuove, generose, autorizzazioni, "sarà costretto a pagare il 200% degni oneri di urbanizzazione, che però non esistono".
colinward@autistici.org

 

rogo in fabbrica cinesi prato rogo in fabbrica cinesi prato operai cinesi prato x laboratorio cinese prato SUSANNA CAMUSSO LUCIA ANNUNZIATA MAURIZIO LANDINI MAURIZIO LANDINI SUSANNA CAMUSSO ALFANO VESPA RENZI FOTO LAPRESSEGRILLO NAPOLITANO Matteo Renzi CASALEGGIO ASSICURAZIONI GENERALILETTA E SACCOMANNI images ROGO FABBRICA CINESE PRATO FOTO LA NAZIONE

Ultimi Dagoreport

nando pagnoncelli elly schlein giorgia meloni

DAGOREPORT - SE GIORGIA MELONI  HA UN GRADIMENTO COSÌ STABILE, DOPO TRE ANNI DI GOVERNO, NONOSTANTE L'INFLAZIONE E LE MOLTE PROMESSE NON MANTENUTE, È TUTTO MERITO DELLO SCARSISSIMO APPEAL DI ELLY SCHLEIN - IL SONDAGGIONE DI PAGNONCELLI CERTIFICA: MENTRE FRATELLI D'ITALIA TIENE, IL PD, PRINCIPALE PARTITO DI OPPOSIZIONE, CALA AL 21,3% - CON I SUOI BALLI SUL CARRO DEL GAYPRIDE E GLI SCIOPERI A TRAINO DELLA CGIL PER LA PALESTINA, LA MIRACOLATA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA FA SCAPPARE L'ELETTORATO MODERATO (IL 28,4% DI ITALIANI CHE VOTA FRATELLI D'ITALIA NON È FATTO SOLO DI NOSTALGICI DELLA FIAMMA COME LA RUSSA) - IN UN MONDO DOMINATO DALLA COMUNICAZIONE, "IO SO' GIORGIA", CHE CITA IL MERCANTE IN FIERA E INDOSSA MAGLIONI SIMPATICI PER NATALE, SEMBRA UNA "DER POPOLO", MENTRE ELLY RISULTA INDIGESTA COME UNA PEPERONATA - A PROPOSITO DI POPOLO: IL 41,8% DI CITTADINI CHE NON VA A VOTARE, COME SI COMPORTEREBBE CON UN LEADER DIVERSO ALL'OPPOSIZIONE?

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...