MORO PER SEMPRE - TRE TRATTATIVE PER UNA CONDANNA A MORTE

Carlo Vulpio per "Il Corriere della Sera"

Trentacinque anni dopo, ecco Aldo Moro. Cosa sappiamo? Cosa ricordiamo? A malapena, che lo statista democristiano - più volte presidente del Consiglio, ministro e sicuro prossimo capo dello Stato - fu sequestrato a Roma il 16 marzo 1978 dalle Brigate rosse e fu poi ritrovato cadavere, sempre a Roma, il 9 maggio dello stesso anno.

Forse i più «informati» sapranno che in quei 55 giorni di prigionia si fronteggiarono un «partito della fermezza» (quasi tutte le formazioni politiche, Pci in testa), contrario a ogni negoziato con i terroristi, e un «partito della trattativa» (i radicali, ai quali poi si aggiunsero i socialisti), che invece voleva salvare l'ostaggio. Poi, più nulla.

Tutto sepolto da quei luoghi comuni che, ripetuti dalla tv fino allo stremo e tradotti in carta stampata di libri e giornali, diventano «storia». Nel caso Moro, essi sanciscono che l'omicidio del presidente Dc fu l'esito tragico e inevitabile di quella contrapposizione. Punto. E che non se ne parli e non se ne dubiti più.

Ecco, proprio quest'ultima tesi è la prima delle falsità messe in circolazione trentacinque anni fa e da allora sempre riproposta come «verità storica». Pur tra depistaggi, doppi e tripli giochi di spie dell'Est e dell'Ovest e persino sedute spiritiche (celebre quella a cui partecipò Romano Prodi e che attende ancora una spiegazione) che indicavano in «Gradoli» (la via di Roma, non il comune del Viterbese in cui vennero indirizzate le ricerche) la prigione dello statista, Moro non doveva essere ucciso, ma doveva essere liberato.

Anzi, stava per essere liberato, e grazie non a una, ma a ben tre trattative, condotte su tre piani e da tre soggetti diversi: i nostri servizi, che trattavano «con Tito, i palestinesi e altri gruppi arabi; Paolo VI (che chiede la liberazione di Moro senza condizioni, ma tratta riservatamente); e poi la trattativa coordinata da Leone e Fanfani».

Solo che all'ultimo momento, proprio il giorno prima della «esecuzione», la decisione di risparmiare la vita di Moro cambiò. Cosa accadde di preciso, e perché, nessuno è ancora in grado di dirlo con certezza. Di sicuro però c'è che Moro, con la sua visione lunga di creare in Italia le condizioni per l'alternanza alla guida del Paese (non per il coinvolgimento puro e semplice del Pci nel governo) alterava gli equilibri di Yalta, poiché l'ingresso dei comunisti al governo di un Paese nell'area di influenza occidentale sarebbe stato un pericoloso precedente, che avrebbe legittimato gli americani a fare altrettanto nei Paesi dell'area sovietica, creando il pluripartitismo e sostenendo le forze a loro più vicine.

Questa lettura del caso Moro, ben raccontata da Alessandro Forlani nel libro La zona franca (Castelvecchi, pp. 321, 19,50), non è un esercizio di dietrologia, ma di critica, diciamo pure di critica «sciasciana», nel senso che non si accontenta delle facili ricostruzioni «storiche», né delle presunte «verità processuali», ma si affida al ragionamento, alla logica, alle testimonianze dirette dei protagonisti, ai fatti.

E un fatto, tra i tanti riportati alla memoria e messi in relazione logica tra loro, era, scrive Forlani, «la contrarietà di Moro alla dismissione delle grandi industrie, lo statista non voleva che l'Italia diventasse a breve un Paese in cui l'economia fosse basata sul terziario (insomma, un grande supermercato)».

Come un fatto era pure l'avversione di Moro all'idea di un'Italia trasformata in base strategica per destabilizzare il Medio Oriente e consentire alle compagnie petrolifere occidentali di assicurarsi più facilmente il petrolio di quelle aree.

Il libro di Forlani, infine (ma forse soprattutto), ha il grande merito di riabilitare la parola «trattativa». Che quando viene utilizzata per salvare vite umane - di leader o di gente comune - non è una brutta parola, ma risponde a un'idea di ragion di Stato che mette al primo posto la vita umana, come dicevano in quei giorni lo stesso Moro, Bettino Craxi, Giuliano Vassalli e poi anche il figlio di Aldo Moro, Giovanni.

Si trattò con i palestinesi nel 1973, dopo l'attentato che costò la vita a 32 persone a Fiumicino. La stessa magistratura si disse pronta a trattare per Mario Sossi, sequestrato dalle Br nel 1974, allentando le misure carcerarie per i detenuti di estrema sinistra.

E nel 1977 lo stesso Paolo VI (anche la Chiesa ha, per fortuna, sempre trattato in questi casi) si offrì come ostaggio quando i terroristi tedeschi della Raf dirottarono un aereo. E poi si trattò nel 1980, per il giudice Giovanni D'Urso, e nel 1981, per l'assessore regionale della Campania, Ciro Cirillo.

Come pure si è trattato con mafie e poteri vari, e non una volta sola, per salvare vite innocenti. Anche per Moro si trattò, ma non andò come doveva andare. Moro doveva morire.

 

MOROAldo Moroprodi Intervento di Giancarlo Leone MariaPia Fanfani COSSIGA

Ultimi Dagoreport

elly schlein pina picierno stefano bonaccini giorgio gori lorenzo guerini giuseppe conte pd

DAGOREPORT – OCCHIO ELLY: TIRA UNA BRUTTA CORRENTE! A MILANO, LA FRONDA RIFORMISTA AFFILA LE LAME: SCARICA QUEL BUONO A NIENTE DI BONACCINI, FINITO APPESO AL NASO AD APRISCATOLE DELLA DUCETTA DEL NAZARENO – LA NUOVA CORRENTE RISPETTA IL TAFAZZISMO ETERNO DEL PD: LA SCELTA DI LORENZO GUERINI A CAPO DEL NUOVO CONTENITORE NON È STATA UNANIME (TRA I CONTRARI, PINA PICIERNO). MENTRE SALE DI TONO GIORGIO GORI, SOSTENUTO ANCHE DA BEPPE SALA – LA RESA DEI CONTI CON LA SINISTRATA ELLY UN ARRIVERÀ DOPO IL VOTO DELLE ULTIME TRE REGIONI, CHE IN CAMPANIA SI ANNUNCIA CRUCIALE DOPO CHE LA SCHLEIN HA CEDUTO A CONTE LA CANDIDATURA DI QUEL SENZAVOTI DI ROBERTO FICO - AD ALLARMARE SCHLEIN SI AGGIUNGE ANCHE UN SONDAGGIO INTERNO SECONDO CUI, IN CASO DI PRIMARIE PER IL CANDIDATO PREMIER, CONTE AVREBBE LA MEGLIO…

affari tuoi la ruota della fortuna pier silvio berlusconi piersilvio gerry scotti stefano de martino giampaolo rossi bruno vespa

DAGOREPORT - ULLALLÀ, CHE CUCCAGNA! “CAROSELLO” HA STRAVINTO. IL POTERE DELLA PUBBLICITÀ, COL SUO RICCO BOTTINO DI SPOT, HA COSTRETTO PIERSILVIO A FAR FUORI DALLA FASCIA DELL’''ACCESS PRIME TIME” UN PROGRAMMA LEGGENDARIO COME “STRISCIA LA NOTIZIA”, SOSTITUENDOLO CON “LA RUOTA DELLA FORTUNA”, CHE OGNI SERA ASFALTA “AFFARI TUOI” – E ORA IL PROBLEMA DI QUELL’ORA DI GIOCHINI E DI RIFFE, DIVENTATA LA FASCIA PIÙ RICCA DELLA PROGRAMMAZIONE, È RIMBALZATO IN RAI - UNO SMACCO ECONOMICO CHE VIENE ADDEBITO NON SOLO AL FATTO CHE GERRY SCOTTI SI ALLUNGHI DI UNA MANCIATA DI MINUTI MA SOPRATTUTTO ALLA PRESENZA, TRA LA FINE DEL TG1 E L’INIZIO DI “AFFARI TUOI”, DEL CALANTE “CINQUE MINUTI” DI VESPA (CHE PER TENERLO SU SONO STATI ELIMINATI GLI SPOT CHE LO DIVIDEVANO DAL TG1: ALTRO DANNO ECONOMICO) - ORA IL COMPITO DI ROSSI PER RIPORRE NELLE TECHE O DA QUALCHE ALTRA PARTE DEL PALINSESTO IL PROGRAMMINO CONDOTTO DALL’OTTUAGENARIO VESPA SI PROSPETTA BEN PIÙ ARDUO, AL LIMITE DELL’IMPOSSIBILE, DI QUELLO DI PIERSILVIO CON IL TOSTO ANTONIO RICCI, ESSENDO COSA NOTA E ACCLARATA DEL RAPPORTO DIRETTO DI VESPA CON LE SORELLE MELONI…

antonio pelayo bombin juan carlos

DAGOREPORT: COME FAR FUORI IL SACERDOTE 81ENNE ANTONIO PELAYO BOMBÌN, CELEBERRIMO VATICANISTA CHE PER 30 ANNI È STATO CORRISPONDENTE DELLA TELEVISIONE SPAGNOLA "ANTENA 3", CUGINO DI PRIMO GRADO DELL’EX RE JUAN CARLOS? UN PRETE CHE A ROMA È BEN CONOSCIUTO ANCHE PERCHÉ È IL CONSIGLIERE ECCLESIASTICO DELL'AMBASCIATA SPAGNOLA IN ITALIA, VOCE MOLTO ASCOLTATA IN VATICANO, CAPACE DI PROMUOVERE O BLOCCARE LA CARRIERA DI OGNI ECCLESIASTICO E DI OGNI CORRISPONDENTE SPAGNOLO – PER INFANGARLO È BASTATA UNA DENUNCIA AI CARABINIERI DI ROMA DI UN FINORA NON IDENTIFICATO CRONISTA O PRODUCER DI REPORT VATICANENSI CHE LO ACCUSA DI VIOLENZA SESSUALE, IMPUTAZIONE DIVENTATA NELLA DISGRAZIATA ERA DEL METOO L’ARMA PIÙ EFFICACE PER FAR FUORI LA GENTE CHE CI STA SUL CAZZO O PER RICATTARLA – IL POVERO PELAYO È FINITO IN UN TRAPPOLONE CHE PUZZA DI FALSITÀ PIÙ DELLE BORSE CHE REGALA DANIELA SANTANCHÉ E DELLE TETTE DI ALBA PARIETTI – IL SOLITO E BIECO SCHERZO DA PRETE, PROBABILMENTE USCITO DALLE SACRE MURA DELLA CITTÀ DI DIO…

giorgia meloni gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - LE RESURREZIONI DI “LAZZARO” SANGIULIANO NON SI CONTANO PIÙ: “BOCCIATO” DA MINISTRO, RIACCIUFFATO IN RAI E SPEDITO A PARIGI, ORA SBUCA COME CAPOLISTA ALLE REGIONALI CAMPANE - ESSÌ: DIVERSAMENTE DAGLI IRRICONOSCENTI SINISTRATI, A DESTRA LA FEDELTÀ NON HA SCADENZA E GLI AMICI NON SI DIMENTICANO MAI - DURANTE I TRE ANNI A PALAZZO CHIGI, IL “GOVERNO DEL MERITO COME ASCENSORE SOCIALE” (COPY MELONI) HA PIAZZATO UNA MAREA DI EX DEPUTATI, DIRIGENTI LOCALI, TROMBATI E RICICLATI NEI CDA DELLE AZIENDE CONTROLLATE DALLO STATO - COME POTEVA LA STATISTA DELLA GARBATELLA DIMENTICARE SANGIULIANO, IMMARCESCIBILE DIRETTORE DEL TG2 AL SERVIZIO DELLA FIAMMA? IL FUTURO “GENNY DELON” ‘’ERA SALITO TALMENTE TANTO NELLE GRAZIE DELLA FUTURA PREMIER DA ESSERE CHIAMATO A SCRIVERE PARTE DEL PROGRAMMA DEI MELONIANI, INVITATO A CONVENTION DI PARTITO E, ALLA FINE, RICOMPENSATO ADDIRITTURA CON UN POSTO DI GOVERNO’’ - E’ COSÌ A DESTRA: NESSUNA PIETÀ PER CHI TRADISCE, MASSIMO PRONTO SOCCORSO PER CHI FINISCE NEL CONO D’OMBRA DEL POTERE PERDUTO, DOVE I TELEFONINI TACCIONO E GLI INVITI SCOMPAIONO… - VIDEO

giorgia meloni sigfrido ranucci elly schlein bomba

DAGOREPORT – DOBBIAMO RICONOSCERLO: GIORGIA MELONI HA GESTITO IN MANIERA ABILISSIMA IL CASO DELL'ATTENTATO A RANUCCI, METTENDO ANCORA UNA VOLTA IN RISALTO L'INETTITUDINE POLITICA DI ELLY SCHLEIN - GETTARE INDIRETTAMENTE LA RESPONSABILITA' DELL'ATTO TERRORISTICO ALLA DESTRA DI GOVERNO, COME HA FATTO LA SEGRETARIA DEL PD, È STATA UNA CAZZATA DA KAMIKAZE, ESSENDO ORMAI LAMPANTE CHE LE BOMBE SONO RICONDUCIBILI AL SOTTOMONDO ROMANO DEL NARCOTRAFFICO ALBANESE, OGGETTO DI UN'INCHIESTA DI "REPORT" - E QUELLA VOLPONA DELLA PREMIER HA RIBALTATO AL VOLO LA FRITTATA A SUO VANTAGGIO: HA CHIAMATO RANUCCI PER MANIFESTARGLI SOLIDARIETÀ E, ANCORA PIÙ IMPORTANTE, HA INVIATO TRE AUTOREVOLI ESPONENTI DI FRATELLI D’ITALIA (TRA CUI BIGNAMI E DONZELLI) ALLA MANIFESTAZIONE INDETTA DAL M5S PER RANUCCI E LA LIBERTÀ DI STAMPA - DOPO L’ATTENTATO, NESSUNO PARLA PIÙ DI UN POSSIBILE PASSAGGIO DI "REPORT" A LA7: SIGFRIDO, ORA, È INTOCCABILE… - VIDEO