BARZELLETTE DA EXPO – I CINQUE FERMATI PER I DISORDINI DI VENERDÌ NEGANO TUTTO – “LA MASCHERA ANTIGAS? ERA CONTRO LO SMOG” – “I BULLONI? LI STAVO ALLONTANANDO” – “CORTEO? DOVEVO ANDARE A BOLOGNA A UNA PARTITA DI CALCIO”

Mario Giordano: “Perché la polizia non ha mai caricato i black bloc che avevano il volto coperto e le spranghe in mano, e invece poche ore dopo ha caricato i precari che a Bologna fischiavano il premier Renzi, a volto scoperto e completamente disarmati?”

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Mario Giordano per “Libero Quotidiano

 

«Tirava bulloni? No, ma che avete capito: li aveva trovati per strada e li stava allontanando». Forse intralciavano il cammino. «Il visto coperto? Per forza, signor giudice: con tutto quel fumo». E la maschera antigas? «Normale, no? È per lo smog. Il mio assistito non vuole respirare aria inquinata».

 

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Sono straordinarie le dichiarazioni degli avvocati dei cinque black bloc arrestati per gli scontri di Milano, all’uscita degli interrogatori di garanzia. Ci mancava solo che dicessero che, poverini, avevano impugnato la molotov scambiandola per un gelato al pistacchio e poi non mancava nulla. Il ragazzo ha incendiato le macchine? Ma no, è stata auto-combustione, signor giudice, glielo giuro, lui passava di lì per caso. La vetrina sfondata? Stavano giocando a pallone con gli amici. I caschi? Per difendersi dalle cacche dei piccioni. E i bancomat distrutti? Stava prelevando un po’ di spiccioli e quello gli si è sbriciolato davanti come per magia. Ah, signor giudice, non si costruiscono più i bancomat resistenti come un tempo...

 

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Del resto ci sta pure il rischio che i giudici, prima o poi, ci credano. O, almeno, fingano di crederci. Quando, il giorno prima degli scontri, sono stati portati in tribunale alcuni di questi violenti scoperti nelle basi milanesi con l’attrezzatura per la guerriglia, il magistrato di turno li ha lasciati liberi di andare e devastare tutto, dando fiducia alle sue assicurazioni. Caro ragazzo, come mai vai in giro con caschi, fumogeni, bombolette spray e mazze da baseball? «Eh, signor giudice, io sono un artista». Un artista, sicuro. Vorrete mica arrestare l’arte? Vorrete mica espellere dall’Italia questo aspirante Van Gogh, questo piccolo Rembrandt con il cappuccio nero, potenziale Caravaggio dei muri cittadini? Macché: lasciamolo libero.

 

L’opera d’arte è andata in onda venerdì primo maggio, sugli schermi di tutto il mondo. Un vero capolavoro. Ma l’impressione è che, in tutta questa storia, per la logica non ci sia speranza. Siamo nel puro teatro dell’assurdo, nel mondo capovolto, con i black bloc che si dichiarano artisti, i giudici che ci credono, solo cinque arrestati (dico: cinque) in mezzo centinaia di farabutti che delinquono sotto gli occhi di tutti e gli avvocati dei cinque che vanno davanti alle telecamere a dire: non stava tirando un bullone, ci è inciampato dentro casualmente e quello s’è messo a volare come se avesse bevuto la Red Bull, finendo proprio sul cranio di un poliziotto. Vedi, alle volte, la sfortuna?

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Un altro degli arrestati nei giorni precedenti gli scontri aveva detto al giudice: «Corteo? Macché corteo? Io sono qui per una partita a calcio a Bologna». Quale? «Non lo so». Ma lei viene dalla Germania per una partita che non sa qual è? «Sì». Va bene, lasciatelo libero di andare alla partita. Un calcio al pallone, via. E un altro al buon senso. Ma sì, non c’è spazio per il buon senso. Si può credere a tutto, nel mondo al contrario. Si può credere persino che il sindaco Giuliano Pisapia domenica abbia pulito la città, con il suo codazzo arancione sbiadito, il cantautore Roberto Vecchioni, Claudio Bisio e naturalmente i rappresentanti dei centri sociali suoi amici, cioè gli stessi che due giorni prima avevano messo sottosopra Milano.

 

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In realtà i milanesi veri, con spazzolone e spugna avevano cominciato a pulire già venerdì, mentre il corteo tirava gli ultimi fumogeni, però non importa: Pisapia pulisce, Mattarella è contento, la sceneggiata è servita. C’è persino il no global Luca Casarini, che fa sapere all’Huffington Post che quella di Milano è stata una «rivolta finta, idiota e autoreferenziale» e che i black bloc sono «figli della società dello spettacolo». E dire che dovrebbe essere lo stesso Luca Casarini che al G8 di Genova andava vestito con una tuta bianca (a proposito di spettacolo) e partecipava all’assalto alla zona rossa (a proposito di rivolta idiota). Come è che questi, che fanno le stesse cose che faceva lui, ora sono «demenziali»? Cos’è? Un’ammissione di stupidità con 14 anni di ritardo?

 

Ma non stupisce nulla, tutto è possibile in questo teatro dell’assurdo, nel mondo rovesciato dei giorni di Milano. È possibile anche che il ministro dell’Interno si vanti perché non c’è scappato il morto. Certo: non c’è scappato il morto, non è stato raso al suolo il Duomo e la Scala non è stata fatta saltare per aria. Che facciamo per questi bei risultati? Diamo una medaglia al valor civile ai black bloc? Un attestato di merito? Un encomio solenne?

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I poliziotti sono molto nervosi: dicono che venerdì è stato impedito loro di intervenire. Ci sono anche video che lo documentano. «Avremmo potuto arrestarne a centinaia, altro che cinque», dicono a luci spente. Ma perché è stata fermata la polizia? Soprattutto: perché la polizia non ha mai caricato i black bloc che avevano il volto coperto e le spranghe in mano, e invece poche ore dopo ha caricato i precari che a Bologna fischiavano il premier Renzi, a volto scoperto e completamente disarmati?

 

La somma di questi due episodi è la sintesi finale di questi giorni paradossali, di questo mondo alla rovescia: a Milano fra i black bloc che scatenavano la guerra non c’è stato un contuso, nemmeno un graffietto, molti poliziotti colpiti e malmenati ma nemmeno un violento con un livido, niente di niente. A Bologna, invece, dove c’era una contestazione rumorosa, ma civile, i poliziotti sono rimasti illesi e c’è stata un’anziana ferita. Non condivido nulla delle motivazioni di protesta dei precari, per carità. Ma lasciatemi dire che mi fa orrore uno Stato così forte con i deboli e così debole con i violenti. Mi sembra proprio uno Stato all’incontrario.

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