BUONE NOTIZIE – SULL’EXPO NON SONO TUTTE TANGENTI, C’È ANCHE CHI SE LE INVENTA! – LA STORIA DEL CONSULENTE CHE DICEVA DI “FARE A METÀ” CON IL MANAGER PARIS E ALLA FINE HA PATTEGGIATO UNA CONDANNA PER MILLANTATO CREDITO

L’uomo è stato intercettato al telefono mentre raccontava di essersi accordato con Angelo Paris, ex manager di Expo, per dividere tangenti sui lavori dei padiglioni e mentre vantava informazioni riservate. Interrogato, ha finito per ammettere che lo faceva solo per chiedere onorari più alti ai suoi committenti…

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Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera

 

ALBERO DELLA VITA EXPO 2015 ALBERO DELLA VITA EXPO 2015

«Io a Paris gli ho detto: “Guarda che su Expo io sono a provvigioni, facciamo metà per uno” (…). Lui mi ha dato questo elenco di chi sono i progettisti…Comunque Paris è a posto, gli ho detto: “Il 50% di quello che guadagno è tuo”». Con intercettazioni come queste, poteva davvero sembrare che non solo le grandi opere di Expo 2015, ma anche le costruzioni dei padiglioni dei vari paesi esteri che non sono in grado di edificarli da soli ma si rivolgono a fornitori italiani, fossero inquinate dalla corruzione.

 

E invece no: in un interessante esempio di come a volte anche le intercettazioni possano essere svianti se sono gli interlocutori a volersi appositamente sviare per propri scopi nelle conversazioni casualmente intercettate, una inchiesta della Procura rovescia le premesse, e si conclude con un patteggiamento che svela come sugli appalti Expo stiano volando non soltanto i rapaci delle bustarelle ma anche i millantatori delle tangenti. 

expo 2015 expo 2015


E il 18 aprile 2014 – si comprende solo ora – quando il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano consegna in Procura una informativa su Mirco Benacchio, un consulente della Bilfinger Sielv Facility Management srl, multinazionale degli impianti elettrici e radiotelevisivi e idrosanitari e di climatizzazione. Bilfinger è già dentro Expo perché tramite la neoacquisita Sielv spa è nella cordata della Mantovani spa aggiudicatasi l’appalto per la cosiddetta «piastra», e ha anche l’affidamento della realizzazione dei «cluster» sui temi «Caffè, Frutta, Legumi».

 

ANGELO PARIS ANGELO PARIS

Ma nel gennaio 2014 Bilfinger è anche interessata ad allestire i padiglioni dei Paesi stranieri che non siano in grado di costruirseli da soli con mezzi propri. Ed è qui che tenta di inserirsi Benacchio: le intercettazioni lo captano mentre, grazie a un documento interno a Expo procuratogli da Paris con l’indicazione dei progettisti dei singoli Paesi, garantisce alla multinazionale la possibilità di conoscere e «raggiungere» in anticipo, dunque con vantaggio sugli altri concorrenti, appunto i progettisti ai quali proporre la Bilfinger quale realizzatrice delle opere, in più lasciandola intendere sponsorizzata da Expo 2015.

 

Ai dirigenti di Bilfinger, infatti, Benacchio sceneggia quanto riferisce che Paris gli abbia assicurato: «Quando tu hai scelto il nome del progettista, che ti sei presentato, io telefono e dico “guarda che la Bilfinger è accreditata con noi”».


Ma l’inchiesta dei pm Paolo Filippini e Giovanni Polizzi, tessera dopo tessera, ricostruisce un puzzle diverso. Il manager di Bilfinger appare uno che si limita ad ascoltare le prospettazioni di Benacchio, la multinazionale non è parte attiva di alcuna corruzione, e lo stesso Benacchio non ha pagato tangenti a Paris (nel frattempo arrestato l’8 maggio davvero per fatti di Expo 2015 valsigli poi 30 mesi di patteggiamento).

Expo Masterplan Expo Masterplan

 

Benacchio ha avuto sì una lista interna a Expo, ma non coperta da segreto in senso tecnico: un tabulato con i nomi dei consoli dei vari Paesi e dei progettisti dei padiglioni. Lista che, alla prova delle indagini, non ha propiziato in concreto alcun lavoro, nè è servita ad abboccamenti, nè è stata occasione di corruzione di Paris da parte di Benacchio. Il quale, messo alle strette dai pm, ammette che ne usava il nome solo per chiedere margini di compenso più alti alle multinazionali per le quali procacciava affari.

 

Così, però, Benacchio ricade comunque nel reato di chi si fa dare denaro vantando di poter influire su un pubblico ufficiale: «millantato credito», per il quale, al netto delle riduzioni legate al patteggiamento e alle attenuanti, ora ha concordato con i pm una pena sospesa di 1 anno e 2 mesi. 

 

 

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