I CAPOLAVORI DELLA BUROCRAZIA ITALIANA – A VENEZIA IMPIEGANO 30 ANNI PER REALIZZARE UN MUSEO, TRA SOLDI SPARITI E AUTORIZZAZIONI MANCANTI – OGGI LO APRONO, MA LO RICHIUDONO SUBITO FINO A GIUGNO

Sarà una pre-apertura, con un pre-taglio del nastro e un pre-brindisi quella di oggi per il museo di Altino, la “madre” di Venezia. Nella risiera diventata museo, dopo trent’anni dal primo progetto, non è stato ancora possibile trasportare tutti i resti dell’antico insediamento lagunare. Il governatore Zaia oggi inaugura, poi si chiude tutto…

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Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera

 

LUCA ZAIA SPEZZA IL PANE LUCA ZAIA SPEZZA IL PANE

Taglio del nastro, brindisi e lucchetti: dopo tre decenni interminabili di lavori e rinvii, il nuovo museo di Altino viene solennemente aperto questo pomeriggio per chiudere stasera.

 

Le solite inaugurazioni elettorali meridionali, sbufferà qualcuno. Macché: è in Veneto. Anzi, l’antica città è un po’ la «madre» di Venezia. 


Era il 1984 quando le autorità politiche e scientifiche si resero conto che il museo di due stanze accanto alla chiesa di Sant’Eliodoro era troppo piccolo per tutto il ben di Dio che emergeva dagli scavi nella campagna dove sorgeva l’antichissima città paleoveneta dedicata al dio Altnoi e ribattezzata dai romani Altinum. 


Per secoli, dopo essere stata abbandonata dagli abitanti travolti dagli Unni e poi dai Longobardi, ciò che restava dell’insediamento primitivo (simile alla futura Venezia che dagli altinati stessi in fuga dai barbari sarebbe stata fondata, con una rete di canali e gli edifici costruiti su pali ficcati nelle terre emerse dalla laguna) si era impaludato. E questa è stata la sua condanna ma insieme la sua salvezza. 


Perché appena «sotto» la superficie dei campi c’è la città intatta nei suoi profili. Apparsa nel 2007 nelle commoventi foto aeree consentite dalle nuove tecnologie. Foto dove si vede tutto: i canali, il teatro, l’Odeon, il Foro, la Basilica e le botteghe e l’Arena, grande come quella di Verona. 

crociera venezia crociera venezia


A farla corta: l’antico «Municipium» meritava un museo all’altezza. Fu così che in quel lontano 1984 (quando Apple lanciava il primo computer Macintosh e Albano e Romina vincevano a Sanremo) furono comprati una grande fattoria e un deposito per il riso che pareva fatto apposta, come avrebbe dimostrato il restauro dell’architetto Stefano Filippi, per ospitare una esposizione museale. 


Fin qui, tutto bene: giusto il posto, giusti i fabbricati, giuste le intenzioni. Unico «intoppo», si fa per dire perché la botta di fortuna riempì giustamente di gioia la direttrice del museo Margherita Tirelli, fu la scoperta a ridosso dei due edifici di un antico santuario. Direte: ah, ecco perché tanti anni di lavori! No, gli scavi hanno avuto una parte secondaria nei ritardi. La principale è stata la costante difficoltà a trovare i soldi necessari a costruire quello che dovrebbe diventare «uno dei principali attrattori turistici del Veneto». Un calvario denunciato dalla stessa direzione regionale dei Beni culturali che cita i lavori come «ostacolati da notevoli difficoltà burocratiche e finanziarie...». 

venezia venezia


«Quando nel 2001 sono diventato assessore comunale i lavori erano interrotti e, dopo aver già speso 10 miliardi di lire, non c’era un quattrino», accusa Maurizio Donadelli. «Dopo tre anni di insistenze, finalmente, nel 2004, ecco l’impegno di 3,1 milioni di euro di Arcus: 800 mila il primo anno, 900 il secondo e il rimanente il terzo. Due anni dopo, nel 2006, Roma pensò bene di chiedere alla Soprintendenza, prima di inviare la terza tranche, una rendicontazione delle prime. Risposta: rendicontazione di cosa?». Ne risultavano arrivati solo duecentomila. 


Giallo: dov’erano finiti i soldi postati su un conto corrente in attesa d’essere smistati ad Altino? «Saltò fuori che la lettera del ministero che avvisava dell’invio della prima tranche aveva in allegato un altro foglio da rispedire al mittente con la indicazione del conto su cui accreditare le tre tranche. Foglio ritrovato solo nel 2006: nessuno se n’era accorto!». 


Fu solo nel 2007, grazie a don Gianni Fazzini, il battagliero parroco della piccola frazione di 92 abitanti («me compreso») che trascinò ad Altino l’allora braccio destro di Galan, Franco Miracco, che le cose (piano piano e soprattutto grazie a una funzionaria della Cultura regionale) si rimisero in moto. Altri due anni e, nel dicembre 2009, i giornali titolavano: «In arrivo sei milioni per il Museo di Altino». I cantieri, finanziati dalla Regione, dal ministero e dall’Europa, avrebbero dovuto essere chiusi nel 2012. 

MUSEO DI ALTINO MUSEO DI ALTINO


Macché: altri problemi, altre polemiche sui lavori, altri rinvii. E siamo arrivati agli sgoccioli del 2014. «Che fare?», si sono chiesti i protagonisti della vicenda. Impossibile aprire il museo: la «Risiera», magnifica, è stata consegnata troppo tardi per poterci trasferire tutti i pezzi, alcuni dei quali davvero strepitosi, del vecchio museo. Così hanno deciso di fare una «pre-apertura». Con pre-taglio del nastro di Luca Zaia, pre-brindisi col prosecco e pre-visita a quel che c’è. Con la promessa che per il prossimo giugno sarà tutto in ordine. Mese più mese meno, dopo 31 anni... 

 

 

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