CI VOLEVA UN’ECATOMBE IN MARE PER SVEGLIARE I FRANCESI: “SU QUESTA TRAGEDIA PARIGI NON È STATA ALL’ALTEZZA” - I SOPRAVVISSUTI: “CI HANNO FATTO SCHIAVI, ERAVAMO PRIGIONIERI E SENZA CIBO”

1 - NAUFRAGIO: FRANCIA, 'NON SIAMO STATI ALL'ALTEZZA'

(ANSA) - "Su questa tragedia la Francia non è stata all'altezza della situazione": lo ha detto questa mattina ai microfoni di Rmc il portavoce del governo di Parigi, Stephane Le Foll, aggiungendo che c'è bisogno di "aumentare la sorveglianza nel Mediterraneo".

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2 - NOI SCHIAVI PRIGIONIERI SOTTO COPERTA

Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”

 

Al molo 5 del porto industriale i marinai del Conquest mostrano agli amici i video dei telefonini. Daniel Caruana ha fatto un breve filmato mentre i suoi compagni issavano a bordo i primi cadaveri. Dura una trentina di secondi. Un uomo senza vita nell’acqua scura, in verticale, a braccia spalancate. La testa è l’unica parte emersa.

 

Doveva avere una certa età, perché i capelli sono completamente bianchi. Sott’acqua penzolano due scarpe legate intorno alla pancia con i lacci. Forse ha capito che avrebbe avuto più possibilità sfilandosele dai piedi, forse aveva paura di perderle e ha voluto tenerle, anche se facevano da zavorra.

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A distanza di un paio di metri si intravede un altro corpo. I capelli lunghi e la sagoma minuta fanno pensare a una donna. È tenuta a galla da un piccolo giubbotto di salvataggio rosso, uguale a quello indossato dalla vittima che le sta accanto. «Sono quelli che stavano sopra perché indossano giacche a vento e maglioni» dicono Daniel e i suoi colleghi senza nessuna emozione, come se stessero riferendo di una normale giornata in ufficio. «Gli altri che stavano sotto, quando li ritrovi, sono vestiti leggeri, a volte quasi nudi, per sopravvivere al caldo».

 

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Il mercantile Conquest è arrivato al mattino presto, quando ormai si trattava di recuperare salme e non di salvare esseri umani. I marinai sapevano cosa avrebbero trovato. «C’eravamo noi, due pescherecci italiani, un’imbarcazione della vostra Marina. E intorno solo silenzio. L’acqua era ferma, nessun sciabordìo, nessun grido. Che fosse così grave l’abbiamo saputo adesso. Ma i numeri non hanno grande importanza, tanto non lo sapremo mai quanti erano davvero, come sempre».

 

I cadaveri più vicini al punto segnalato dalla Guardia costiera italiana e maltese erano uno addosso all’altro. Quasi avessero cercato di tenersi, aggrappati a qualche borsone in grado di galleggiare. Daniel e gli altri scesi sulla pilotina li hanno scossi per vedere se qualcuno si rianimava. «Erano tanti, almeno cinquanta, e molti ormai non di distinguevano dai detriti. La nafta che c’era in acqua li ha coperti quasi tutti. Tanti ragazzi, questa è l’unica differenza rispetto al solito. Gli altri corpi sono sparsi nel raggio di 2-3 miglia, con la corrente che li sta trascinando verso Sud. Ormai in quel mare di nessuno ci sono solo morti».

 

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Le voci dei vivi arrivano per interposta persona. Il gruppo più numeroso dei sopravvissuti è sulla nave Gregoretti, Guardia costiera italiana. «Ci hanno fatto schiavi» hanno raccontato agli ufficiali a bordo. «Ci sorvegliavano degli uomini armati, gli adulti erano tutti sotto coperta, prigionieri, senza cibo».

 

Sono frammenti di testimonianza che sembrano combaciare con quella resa ai magistrati di Catania dall’immigrato 32enne originario del Bangladesh che per primo ha fatto quel numero spaventoso, settecento. Anche di più, dice ora. «Eravamo in 950, c’erano 40-50 bambini e circa 200 donne. Siamo partiti da un porto a cinquanta chilometri da Tripoli, e subito è stato evidente che non c’era posto per tutti». I trafficanti hanno risolto il problema del sovraffollamento stipando quante più persone possibile ai livelli inferiori della barca. «Poi hanno chiuso i portelloni, senza mai più riaprirli».

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Malta è come Lampedusa, un’isola nel centro del Mediterraneo, solo che è una nazione. Ogni volta partono due incrociatori della Marina, quattro motovedette della Guardia costiera, che si tratti di acque libiche, italiane o maltesi i numeri dei soccorsi non cambiano mai, ogni altro possibile sforzo viene affidato alla buona volontà delle navi private. E poi viene allestita la camera mortuaria in alcuni capannoni ben nascosti alla periferia de La Valletta. Primi a partire, primi a tornare.

 

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Al più piccolo stato dell’Unione europea non puoi chiedere molto. Non è una meta. Non c’è posto per i vivi. La sua funzione primaria è quella di cimitero. Anche questa volta sarà così. Questa notte la Guardia costiera italiana lascerà sull’isola 24 corpi, gli unici recuperati finora. L’irrilevanza consente almeno una certa dose di sincerità.

 

«Nel Mediterraneo sta avvenendo un genocidio al quale tutti noi corriamo il rischio di abituarci» ha detto in preda a un’ira sincera il primo ministro laburista Joseph Muscat, che oggi volerà a Roma dal suo quasi coetaneo Matteo Renzi. «E se l’Europa continuerà a tenere gli occhi chiusi, verrà giudicata complice e responsabile come coloro che nel recente passato hanno assistito inerti ad altri genocidi».

 

 

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