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CIORAN, UNA DEI GRANDI PENSATORI DEL '900 RACCONTATO DALLA SUA COMPAGNA SIMONE BOUE’ - NE EMERGE UNO SCRITTORE DIVERSO DA QUELLO CHE TRASPARE DAI SUOI SCRITTI. ED È UN CIORAN GIOVIALE, FELICE, GAIO

Simone Paliaga per “Libero Quotidiano”

 

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«Infine arrivava nell' ufficio di Claude Gallimard e raccontava di sentirsi come una puttana che nessuno voleva più e di non osare incrociare lo sguardo del tenutario del bordello. Il suo successo è giunto tardissimo. Nei Quaderni Cioran rievoca le sue visite alla Gallimard. Era costretto a ripetere il suo nome, poiché nessuno lo conosceva».

 

Lo racconta Simone Boué compagna di una vita di Emil Cioran, il grande scrittore e pensatore rumeno vissuto in Francia, a Parigi, al 21 di rue de l' Odéon per quasi tutto il corso dei suoi anni d' Oltralpe. Ora l' editore La scuola di Pitagora pubblica per la prima volta in italiano l' intervista che Simone Boué ha concesso alla morte del compagno, pubblicata in francese nei Cahiers de l' Herne:Una vita con Cioran. Intervista con Norbert Dodille (pp.
68, euro 5).

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Ne emerge un Cioran diverso da quello che traspare dai suoi scritti. Ed è un Cioran gioviale, felice, gaio racconta Boué che ne trascriveva a macchina tutti i lavori. Ma come è possibile allora che i suoi testi siano intrisi di tragicità e si intitolino Sommario di decomposizione, La tentazione di esistere, L' inconveniente di essere nati, Sillogismi dell' amarezza, Al culmine della disperazione, Lacrime e santi?

 

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Per Boué la spiegazione è semplice perché «egli scriveva solo nei momenti di tristezza, nei suoi accessi di disperazione, allora si metteva a scrivere. Del resto l' ha detto anche lui "se i miei libri sono sinistri, è perché mi metto a scrivere quando ho voglia di bruciarmi le cervella"». I due si erano incontrati a Parigi nel 1942, alla mensa universitaria quando Cioran da studente un po' attempato viveva a spese di una borsa di studio per completare un lavoro su Henri Bergson che non avrebbe mai concluso.

 

E lì, proprio in coda per il pranzo, si insinua lo scrittore rumeno per conoscere questa ragazza francese appena giunta dalla Vandea. Lei viene colpita dal fatto che non sembrasse per niente a un parigino e soprattutto che fosse «bello come un russo». Ma Boué non lo racconta ai propri genitori: «per nulla al mondo avrei parlato di lui alla mia famiglia. Non potevo dire "conosco un tale, senza patria, senza lavoro, senza soldi". Per quanto i miei genitori fossero di mentalità aperta non l' avrebbero accettato».

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Dai suoi racconti emerge un Cioran con le sue idiosincrasie contro l' aereo, con la mania di svuotare il frigo di casa e togliere la corrente quando decidevano di trascorrere delle giornate fuori porta a Dieppe per timore che divampasse un incendio. «Se lo immagina Cioran con un bambino! - continua -. Per quindici giorni ebbi un gatto! Era straordinario il rapporto tra Cioran e il gatto. Lui stesso assomigliava a un gatto e mi toccava nutrirli tutti e due».


Ma dalla conversazione fanno capolino altri aspetti. «Cioran aveva un gusto smodato per la gita» racconta Boué. «Per lui camminare, andare in bicicletta, era come il lavoro manuale, significava svuotare la coscienza, immergersi totalmente nel paesaggio. Durante queste gite in un giorno percorrevamo chilometri e chilometri, con il sacco in spalla. Abbiamo fatto anche del campeggio».

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Amava i lavori manuali: «Cioran trascorreva il tempo a sfrondare alberi, a riparare muri. Adorava lavorare con le proprie mani». Eppure non doveva affatto essere un compagno facile. «Rientravo» continua la sua compagna «preparavo da mangiare, poiché Cioran seguiva una dieta terribile. Ha sempre sofferto, aveva dolori ovunque e di ogni tipo. Ad un certo punto prese a soffrire di gastrite, e allora occorrevano legumi cotti al vapore, cereali integrali, e divenne un fervente adepto della Vie Claire», un' azienda francese specializzata in alimentazione biologica.

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Tra i suoi amici Simone Boué ricorda Henri Michaux, Ionesco e il drammaturgo Samuel Beckett di cui ricorda un aneddoto: «La gran teoria di Cioran è che quando si è balcanici, non si può che rimanere soggiogati dalla distinzione degli inglesi. Un giorno lo riferì a Beckett, il quale si indignò sostenendo che, al contrario, gli inglesi sono assai volgari. L' irlandese che era in lui s' era ridestato».
 

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Ma la celebrità lo respingeva. Non amava farsi ritrarre in foto o comparire in trasmissioni televisive. In occasione di un servizio di Gabriel Matzneff il Figaro Magazine invia un fotografo a immortalarlo. Il suo timore era quello di venire riconosciuto per strada. Anche se per sfuggire ai curiosi negava di essere Cioran. Poi sopraggiunge l' Alzheimer. «Mi rattrista pensarvi, cominciò a star male, aveva vuoti di memoria, si trovò in strada e un tizio lo fermò chiedendogli "Lei è Cioran?" e lui: "Lo ero"».

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