LA CITTA’ SEGRETA DEI NAZI - NELLA GIUNGLA ARGENTINA IL FORTINO-RIFUGIO DEI NAZISTI - GLI ARCHEOLOGI: I GERARCHI AVEVANO GIÀ PRONTO UN PIANO SEGRETO DI RITIRATA SE LA GERMANIA AVESSE PERSO LA GUERRA

Tre edifici abbandonati nella giungla e monete del Reich scoperti nella regione di Misiones - La somiglianza di certe località della Patagonia con le Alpi di Baviera avrebbero convinto il «Führer» a scegliere questo posto per la ritirata- Le vicende di Priebke e del «Dottor Morte» Mengele, tutti scappati in Sudamerica, confermano parte di queste teorie...

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ARGENTINA - NASCONDIGLIO NAZISTA NELLA GIUNGLA ARGENTINA - NASCONDIGLIO NAZISTA NELLA GIUNGLA

Filippo Fiorini per “la Stampa”

 

Tre edifici abbandonati nella giungla, coperti di vegetazione e di leggende, sono stati per anni il «debito» che Daniel Schavelzon sentiva di avere nei confronti della Storia. Un conto aperto con le dicerie secondo cui il braccio destro di Adolf Hitler, Martin Bormann, si sarebbe nascosto in quella che gli abitanti della regione tropicale di Misiones conoscono come la «Casa del Nazi».

 

Una storia probabilmente falsa, seguendo la quale, però, questo archeologo ha scoperto i resti di un fortino che fu costruito proprio dai tedeschi, come parte di un piano segreto di ritirata in Argentina, nel caso in cui la Germania avesse perso la guerra. 

 

Reperti degli Anni 40  

«Siamo solo all’inizio, è presto per tirare le somme - dice Schavelzon mentre cerca i fondi per continuare a scavare -, ma possiamo almeno fare qualche ipotesi». Le monete del Reich battute tra il 1938 e il 1944, le ceramiche delle piastrelle e le scatolette catalogate tra i reperti, collocano un gruppo di tedeschi a metà Anni 40, in questo luogo del Nord argentino, all’epoca quasi inaccessibile.

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La «struttura tipica dell’ingegneria europea, con mura spesse tre metri e senza omologhi nei dintorni», comprende un’abitazione per gli alloggi (dotata dell’eccezionale lusso di un pozzo e una tinozza), un magazzino per le scorte e una casamatta che domina il circondario. Da qui, una sentinella può vedere qualsiasi estraneo in avvicinamento per chilometri e poi, volgendosi a Nord, anche il fiume Paranà e più avanti il Paraguay, a 10 minuti di cammino. 

 

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Schavelson non trova altre ragioni per spiegare tutto ciò, se non quella per cui i tedeschi abbiano voluto costruirsi un rifugio quando la Seconda Guerra Mondiale aveva preso una brutta piega. Storici come Carlos De Napoli, Abel Basti e Jorge Cammarasa hanno dedicato la vita a raccogliere informazioni sulla comunità germano-argentina, sull’entusiasmo con cui militò nel primo nazismo, sull’ostinazione con cui rimase tale dopo la caduta di Berlino e sulla somiglianza di certe località della Patagonia con le Alpi di Baviera. Tutti elementi che avrebbero convinto il «Führer» a scegliere questo posto per la ritirata, se fosse fallita l’invasione dell’Europa. 

 

Scappati in Sudamerica  

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Il compito fu affidato al ministro dell’Agricoltura e teorico della supremazia razziale, Walter Darré, nato a Buenos Aires da immigrati tedeschi e qui rimasto fino all’adolescenza. Le vicende di Adolf Eichman, di Erich Priebke, del «Macellaio di Riga» Eduard Roschmann, di quello di Lione Klaus Barbie, del «Dottor Morte» Josef Mengele, tutti scappati in Sudamerica, confermano parte di queste teorie e danno fondamento a un’altra delle osservazioni di Schavelzon: né Bormann (morto probabilmente in Europa il 2 maggio del ’45), né altri, vissero mai nel fortino della giungla di Misiones.

 

«In Argentina i gerarchi scoprirono che non avevano bisogno di nascondersi e abbandonarono le loro tane all’oblio». Ma quante ne avranno costruite in tutto? «Forse decine», dice Schavelzon, che è già sulle tracce del secondo nascondiglio. 

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