casco chemioterapia

LA DIGNITÀ PRIMA DI TUTTO – ARRIVA IL CASCO PER FARE LA CHEMIOTERAPIA E NON PERDERE I CAPELLI – L’85% DELLE DONNE CHE L’HA PROVATO È SODDISFATTO – PAOLO VERONESI (IEO): “ANCORA OGGI ALCUNE DONNE SI RIFIUTANO DI SOTTOPORSI ALLA CHEMIO PER NON DIVENTARE CALVE”

Egle Santolini per “la Stampa”

 

La sala di un albergo riempita di molte signore eleganti, non per un matrimonio di maggio ma per celebrare la magica energia femminile che dice no alla malattia e sì al futuro. L’ottava edizione di «Ieo per le donne» non ha avuto alcunché di pietistico o di zuccheroso. Si è parlato di come condividere la paura e di quanto faccia star meglio uno smalto blu sulle unghie (il direttore de «La Stampa» Mario Calabresi, ricordando un post del formidabile blog di Anna Lisa Russo), dell’angoscia di attendere gli esiti e dei massaggi rilassanti dopo la chemio.

CHEMIOTERAPIA CASCO SALVA CAPELLICHEMIOTERAPIA CASCO SALVA CAPELLI

 

Per l’Istituto Europeo di Oncologia fondato da Umberto Veronesi è stata l’occasione di incontrare le pazienti in campo neutro. Per ascoltarle, festeggiarle, fare il punto sulle terapie e, per esempio, ha suscitato molto interesse un caschetto che si chiama «Dignicap».

 

Serve a ghiacciare temporaneamente il cuoio capelluto e grazie alla vasocostrizione protegge il bulbo e impedisce che, come effetto della chemioterapia, si perdano i capelli. L’85 per cento di quelle che l’hanno provato se ne sono dichiarate soddisfatte, tra cui Elisabetta, sorridente e con una magnifica testa castana, «nonostante 12 cicli di terapia». Si rallegra il professor Paolo Veronesi, direttore della Senologia Chirurgica dell’Istituto: «Sappiamo quanto questo fattore sia vissuto con preoccupazione dalle donne, tanto che ancora qualcuna rifiuta di sottoporsi alla terapia per non diventare calva. Oggi stiamo trovando una soluzione».

 

Sempre di più - prosegue Veronesi - i tumori vengono divisi in due categorie: «Quelli che possiamo considerare come incidenti del tutto casuali, che cerchiamo di individuare il più precocemente possibile, e che spesso vengono eliminati con un semplice intervento in day hospital, e quelli che rivelano una predisposizione genetica della donna ad ammalarsi. Al momento della diagnosi bisogna capire con quale dei due abbiamo a che fare».

 

marcelo avatte fa parrucche per chi fa trattamenti chemioterapicimarcelo avatte fa parrucche per chi fa trattamenti chemioterapici

Uno snodo cruciale, perché - come dice Enrico Cassano, direttore della Radiologia Senologica - «è lì che si definisce il percorso da seguire». La recente affermazione di Beppe Grillo, poi corretta in corsa, riconduce poi a parlare di sicurezza della mammografia: «Qualsiasi metodo d’indagine presenta rischi e benefici: quel che conta è il loro bilanciamento, il principio di giustificazione diagnostica. I classici lavori scientifici sugli screening mammografici in Svezia dimostrano che aumentano del 30% la sopravvivenza». E dunque fatela, per piacere.

 

Ma, se i progressi della ricerca oncologica sono continui, un’altra battaglia decisiva si sta combattendo sul fronte psicologico, per restituire integrità e identità a chi si ammala. È il tema che Emma Bonino ha posto con forza, comunicando mesi fa di avere un cancro ai polmoni, ma di «voler continuare a essere se stessa e non la propria malattia».

emma boninoemma bonino

 

Con in testa il suo turbante colorato, ancora flebile ma fiduciosa dopo gli ultimi esami, la Bonino ha aperto con un video il convegno, rivolgendosi «con un certo imbarazzo» a chi «ha di sicuro più esperienza di me in questa sfida. Non sono il mio tumore. Sono una persona che ha sogni, difficoltà, aspirazioni, progetti: al momento, quello di passare una buona estate. E mi fido totalmente della mia équipe: mai andata su Internet a cercarmi informazioni ».

 

emma bonino (2)emma bonino (2)

Il collegio di cura, la necessità dell’interdisciplinarità: proprio perché di persone si tratta, da considerare nella propria interezza. Ecco perché allo Ieo lavorano insieme radiologi, chirurghi, esperti di ricostruzione plastica, nutrizionisti, psicologi, sessuologi, allenatori fisici; e anche estetiste, senza false ipocrisie, perché della cura dell’aspetto ci si può e ci si deve occupare. Insieme ce la si fa. Chiamando le cose col proprio nome e guardando avanti.

PAOLO VERONESIPAOLO VERONESI

 

 

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