ECCO CHI MANGIA CON L’ANTITERRORISMO - LA GUERRA AI JIHADISTI È UN BUSINESS DA MILLE MILIARDI L’ANNO IN ALTE TECNOLOGIE - L’IMMENSO SETTORE A SERVIZIO DELL’INTELLIGENCE USA CONTA 854 MILA ADDETTI E 10 MILA CENTRI DI LAVORO -

I giganti della difesa, da Lockheed alle imprese europee, sono impegnati nella “corsa agli armamenti” mondiale per contrastare la minaccia estremista ma anche per fare cassa - Il caso della “Palantir”, la piccola società Usa di software che stanò Bin Laden: vale 15 miliardi di dollari…

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Arturo Zampaglione per “Affari&Finanza - La Repubblica”

 

La società di estrazione-dati Palantir ha raggiunto una valutazione di 15 miliardi di dollari, portando il patrimonio personale del suo co-fondatore e chief executive Alex Karp al di sopra del miliardo di dollari. Apparsa sul Wall Street Journal, la notizia è passata quasi inosservata: il mondo sembrava concentrato sugli attacchi di Parigi e sulla nuova paura per l’estremismo jihadista.

Palantir Palantir

 

Senza contare che la Palantir resta pressoché sconosciuta, a dispetto del suo valore, che è equivalente a quello dell’intero gruppo Fca (Fiat Chrysler Automobiles). Eppure c’è un legame strettissimo tra l’azienda di Palo Alto, in California, e le sfide del terrorismo internazionale: la Palantir lavora a stretto contatto con l’intelligence americana, che ne è il principale cliente, ed è uno degli esempi migliore del nuovo business dell’antiterrorismo.

 

Già alla fine Novecento e sicuramente dopo l’11 settembre, la collaborazione tra il governo americano e il mondo delle imprese si è intensificata: Washington chiedeva aiuto per combattere Al Qaeda, i talebani e le altre mille espressioni di estremismo anti-occidentale, e le aziende erano ben liete, in cambio di generose commesse pubbliche, di mettere a disposizioni i propri esperti, di scoprire nuove tecniche e di collaborare alla difesa del paese.

Palantir Palantir

 

Risultato: è nato “Top Secret America” (il nome è quello di una inchiesta del Washington Post, pubblicata poi in un best- seller), cioè un immenso settore al servizio dell’intelligence, e quindi segretissimo, con 854 mila addetti (dati del 2010) di cui un terzo privati, 10mila centri di lavoro e duemila “partner industriali” del governo.

 

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A quanto ammonta il fatturato dell’antiterrorismo? “Sui 100 miliardi di dollari all’anno, secondo le valutazioni più prudenti, e può arrivare ai 1000 miliardi se si include tutto”, ci risponde Austen Givens, giovane professore (con antiche radici italiane) all’università di Utica che ha pubblicato l’anno scorso, assieme a Nathan Busch, un libro sull’argomento intitolato The Business of Counterterrorism. Ovviamente sono calcoli difficili, precisa Givens: da un lato per il clima di segretezza, dall’altro perché molte commesse pubbliche possono avere una duplice funzione: un mezzo blindato, ad esempio, può servire nella lotta ai talebani ma anche per portare aiuto alle popolazioni colpite dall’Ebola.

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Quel che è sicuro è che il fatturato del settore è in una crescita impetuosa e ogni giorno nuove aziende entrano nel campo. Il governo americano non si affida a un solo regista: a occuparsi di antiterrorismo e ad affidare commesse sono una miriade di enti pubblici, che spesso operano autonomamente.

 

I più grandi restano comunque il Pentagono (che ha un bilancio di oltre 495 miliardi di dollari), il ministero per la sicurezza nazionale, il ministero della giustizia (da cui dipende l’Fbi) e le varie agenzie che dipendono dal direttore per l’intelligence a cominciare dalla Nsa e dalla Cia.

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Proprio quest’ultima, poco prima dell’11 settembre (forse prevedendo l’escalation dell’eversione), creò una società ad hoc di venture capital con l’obiettivo di finanziare start-up che fossero in grado di migliorare le capacità tecniche dell’intelligence nel campo del software, delle infrastrutture e della scienza dei materiali.

 

Di diritto privatistico, ma controllata dal quartiere generale degli 007 a Langley, in Virginia, la società non profit si chiama ora In-Q-Tel (viene soprannominata In-Q-It). E ha investito milioni di dollari in una miriade di aziende, alcune delle quali hanno fatto strada: da Facebook alla Palantir. Quest’ultima fu fondata nel 2003 da Karp e da Peter Thiel, papà di PayPal e leggendario venture capitalist della Silicon Valley.

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Proprio agli inizi ricevette un finanziamento di 2 milioni di dollari dalla In-Q-Tel e ha continuato sempre a lavorare per la Cia, oltre che per altre agenzie di intelligence e da poco anche per clienti privati. Che cosa fanno i 1200 ingegneri e informatici alle dipendenze di Karp? Immagazzinano big data di ogni genere, dalle transazioni bancarie alla quantità delle piogge, elaborandoli poi con un software molto sofisticato e una particolare angolatura: fornire agli 007 informazioni e previsioni preziose.

 

Cercano ad esempio di capire dove è più probabile che avvenga un attentato terrorista, oppure quali sono le strade più sicure di Bagdad per i mezzi americani che devono attraversare la capitale irachena. Nel libro The Finish, ricostruendo la caccia a Osama Bin Laden e la sua uccisione, Mark Bowden ha fatto capire che il software della Palantir si rivelò utile anche nella individuazione del nascondiglio del leader di Al Qaeda.

kalashnikov nella camera di bin laden kalashnikov nella camera di bin laden

 

La società non conferma né smentisce: ma da quando gli sono piovute addosso molte minacce di morte, Karp è sotto protezione. E’ un manager insolito: 46 anni, genitori hippies, un dottorato in filosofia con il tedesco Jurgen Habermas (e non in ingegneria informatica), Karp si occupava di gestione di grandi patrimoni prima dei dedicarsi all’intelligence. Nell’ultima raccolta di capitali, la Palantir è stata valutata 15 miliardi di dollari, portando l’8 per cento di azioni di Karp sopra al miliardo. In giro per l’America ci sono migliaia di aziende come la Palantir che operano nello stesso business: forse un po’ più piccole, ma sempre poco conosciute.

 

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Ma in realtà la fetta più consistente delle commesse antiterrorismo arriva a multinazionali ben note e per lo più quotate a Wall Street: Northrop Grumman, General Electric, Lockheed Martin, Raythen L3 communications e, non ultima, Booz Allen Hamilton: “E’ la la società- simbolo del settore”, ci dice Givens. “L’attività di consulenza dei suoi 22mila dipendenti è svolta per lo più a favore dell’intelligence e ricava il 99 per cento del fatturato dal governo”.

 

Tra i suoi impiegati più famosi, Edward Snowden: che era assegnato al centro del Nsa della Hawaii, prima di scappare con i dati e rivelare al mondo le malefatte americane. Nata nel 1914 (è la più antica società di consulenza del mondo), fu divisa in due nel 2008: la Booz Allen Hamilton si concentrò sulle commesse pubbliche, mentre alla Booz & Company andò l’attività per le aziende private.

CIA CIA

 

La prima è quotata a Wall Street, ma controllata dal gruppo di private equity Carlyle, che storicamente ha forti legami con il Pentagono. Del resto la Booz Allen è sempre stato un approdo preferenziale per generali e dirigenti della Cia al momento della pensione: a cominciare da Mike McConnell che, dopo essere stato vice-ammiraglio, direttore del Nsa e direttore dell’intelligence nazionale, è stato nominato vicepresidente del gruppo di consulenza.

 

A conferma, dicono i critici, di intrecci troppo incestuosi che dominano il business dell’antiterrorismo. La Cia sulla frontiera digitale Dispositivi mobili e indossabili, monitoraggio, analisi e gestione dei dati, nuovi materiali: sono i prodotti nel portfolio del fondo di venture capital della Cia. Investe in start-up per attribuire all’intelligence le ultime tecnologie. Ha 95 partecipate tra cui Recorded Future, società di web monitoring nella quale ha investito anche Google. O Keyhole (dati geospaziali), la base di Google Maps.

 

 

 

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