invenzioni

EUREKA! DAL WALKMAN A TWITTER: IL MONDO LO CAMBIANO LE IDEE SEMPLICI E DI SCARSO CONTENUTO TECNOLOGICO - “SI CITANO SEMPRE JOBS E ZUCKENBERG MA LO STEREOTIPO DEL GENIO ISOLATO È FALSO. UNA SCOPERTA ESEMPLARE? PER RAPPORTO TRA SEMPLICITÀ E IMPATTO IL FILO SPINATO”

INVENZIONI FOSBURYINVENZIONI FOSBURY

Giacomo Papi per “Il Venerdì- la Repubblica”

 

L’ innovazione è un rumore di fondo. Basta scorrere i titoli: «Il Presidente Obama lancerà Mission Innovation» proclama la Casa Bianca; «L’innovazione sarà il tema della visita di Angela Merkel in Cina» annuncia China Daily; «Cameron in Indonesia dà il benvenuto al Manifesto FinTech di Innovate Finance»; Matteo Renzi promette «investimenti in innovazione» sia al presidente dell’Iran in visita a Roma che a quello di Apple a Napoli.

 

Intanto, titola l’Ansa, anche «le ciliegie Vignola crescono con l’innovazione». Ma le parole, viste da vicino, spiegano le ragioni per cui diventano di moda: «innovazione» non è qualcosa che accade, ma un atto che si decide di compiere, investendo e predisponendosi a raccogliere i frutti.

 

La parola suona come l’azione di inoculare il nuovo nel vecchio, quasi si trattasse di attivare un virus o un seme, per fecondare l’inerzia e sbloccare il presente. 

INVENZIONI BICIINVENZIONI BICI

 

«Intorno all’innovazione c’è una retorica insopportabile e semplicistica» dice il sociologo Massimiano Bucchi, autore del libro Per un pugno di idee. Storie di innovazioni che hanno cambiato la nostra vita, appena pubblicato da Bompiani (pp.360, euro 13). «Se ne parla come del campo dei miracoli di Pinocchio. Basta seminare quattro monete per raccoglierne il giorno dopo migliaia, in tecnologia e sviluppo. Invece i grandi cambiamenti sono il risultato di processi non lineari, erratici, scarsamente programmabili e prevedibili». Il libro di Bucchi è un inventario di oggetti, abitudini, visioni, invenzioni degli ultimi duecento anni.

 

Dentro, ci si trova di tutto, mescolato alla rinfusa: dal farmacista quacchero che nel 1802 raccontò per la prima volta che le nuvole hanno forme classificabili fino al contropiede e al calcio totale dell’Olanda 1971-’74, dalle trappole per topi al conto alla rovescia dei lanci spaziali inventato da Fritz Lang nel 1929 nel film Una donna nella luna e copiato dalla NASA, dal walkman a twitter, dalla cintura di sicurezza al codice a barre e al kalashnikov.

 

È una sfilata confusionaria, interessante, divertente al cui interno è difficile individuare elementi comuni. Le grandi invenzioni, quelle che occupano spazi e soddisfano bisogni di cui, prima, non si sospettava neppure l’esistenza, ristrutturando il modo di vivere delle persone, di solito scoccano per caso o, comunque, in molti modi, nessuno dei quali segue schemi minimamente programmabili.

 

INVENZIONI MUSICASSETTEINVENZIONI MUSICASSETTE

«Si citano sempre Steve Jobs e Mark Zuckenberg» dice Bucchi, «ma lo stereotipo del genio isolato è falso. I grandi innovatori sono quelli che capiscono prima degli altri ciò che gli succede intorno. Perché l’innovazione è sempre un processo collettivo». Il famoso «cambio di paradigma» del filosofo della scienza Thomas Kuhn e il «Think Different» della Apple possono descrivere soltanto l’inizio di processi, non il loro sviluppo che è sempre complesso e determinato da fattori laterali apparentemente trascurabili.

 

Se la federazione mondiale di Salto in alto non avesse introdotto i materassi, alle Olimpiadi del 1968 Dick Fosbury, invece di vincere saltando al contrario, si sarebbe sfracellato la schiena (in ogni caso dieci anni dopo, nel 1978, a prendere l’Oro e a fissare il nuovo record mondiale a 2 metri e 35 fu Vladimir Jašcenko che saltava ventrale).

 

E se a Vienna, a metà dell’Ottocento, non si fosse già partorito in ospedale, e se il reparto ostetricia in cui lavorava Ignác Semmelweis non fosse stato di fianco alla sala dove si praticavano le autopsie, al giovane medico ungherese – che sarebbe morto in manicomio – non sarebbe mai venuto in mente che il mostruoso tasso di mortalità delle partorienti derivava dal fatto che i medici non si lavavano le mani dopo avere toccato i cadaveri.

INVENZIONI WALKMANINVENZIONI WALKMAN

 

Nel 1979 la Sony lanciò il Walkman, ma in pochi – tranne il fondatore Akio Morita – immaginavano che esistesse una domanda di massa di musica trasportabile. Gli sms – una delle ragioni decisive nel boom dei telefonini – furono concepiti come una funzione marginale, utile ai tecnici delle reti telefoniche: nessuno prevedeva che i ragazzini sarebbero stati così pronti a comunicare tra loro attraverso la scrittura.

 

Le grandi innovazioni sono spesso molto semplici, di scarso contenuto tecnologico e scientifico. I casi di Semmelweis e Fosbury sono tutt’altro che isolati. A volte si tratta di provare qualcosa di nuovo, altre di imitare quello che in natura esiste già. Intorno al 1870 in America c’è il problema di proteggere i pascoli del Far West, ormai conquistati. Il ministero dell’Agricoltura calcola che recintarli costerebbe quanto l’intero debito nazionale.

 

Qualcuno ha l’idea di usare la maclura, un arbusto spinoso molto diffuso in Texas e in Kansas, e i suoi semi diventano molto richiesti. Il problema è che i cespugli crescono lentamente e non si possono spostare.

pistoletto uomo che inchioda il filo spinatopistoletto uomo che inchioda il filo spinato

 

Così Isaac Ellwood e Joseph Glidden, un commerciante in articoli di ferramenta e un agricoltore, hanno l’idea di copiare le spine della maclura, incorporandole in un doppio filo di ferro.

 

Venticinque anni dopo il filo spinato sarebbe stato utilizzato nelle trincee della Grande guerra, e poi nei campi di concentramento nazisti e nei gulag, e oggi in Ungheria lo si utilizza per richiudere le frontiere in Europa.

 

«Se dovessi scegliere un’invenzione» dice Bucchi, «per rapporto tra semplicità e impatto, sceglierei proprio il filo spinato». D’altra parte, come si sa, internet fu inventata per scopi militari. Ma nonostante l’enfasi sul progresso e sulla sua intrinseca bontà, l’innovazione non è minimamente interessata alle sue conseguenze.

 

La sensazione generale è di vivere in un’epoca in cui tutto cambia a un ritmo folle. Se i computer e internet sembrano avere impresso un’accelerazione impressionante, e perché il focus oggi è sulla comunicazione. Molti studiosi invece – tra cui l’economista americano Robert Gordon – sostengono che i più grandi progressi della storia siano tutti avvenuti molto prima.

COVER LIBRO BUCCHICOVER LIBRO BUCCHI

 

Alle conferenze, Gordon mostra la slide di un telefonino e di un W.C., poi chiede: «Di quale dei due potreste fare a meno?». Nel mantra sull’innovazione si intersecano vecchie visioni del mondo, brandelli di positivismo e romanticismo, e resiste una concezione lineare del tempo concepito come una freccia protesa verso un futuro migliore.

 

Dal 1900 al 1980 l’aspettativa di vita negli Usa è schizzata dai 49 ai 74 anni, poi si è fermata: nonostante i progressi della medicina e dell’alimentazione, le ricerche sul genoma, gli investimenti dell’industria farmaceutica e la nascita della microchirurgia, oggi la vita si ferma in media a 78 anni. Nel 1958 gli aeroplani volavano più veloci, perché non risparmiavano carburante.

 

Il futuro è una materia incontrollabile e il tempo è un impasto. Il nuovo abita nel vecchio, lo nutre e se ne fa mangiare, e oggetti di secoli fa, come la bicicletta e l’ombrello, resistono e, anzi, ritornano di moda. Molto spesso le cose più grandi non hanno un inventore.

 

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La storia è piena di innovatori immensi sconosciuti o inconsapevoli: come Henrietta Lacks, le cui cellule tumorali sono ancora utilizzate nei laboratori di tutto il mondo, a 75 anni dalla morte; o come il belga Paul Otlet che negli anni Venti sviluppò il Mundaneum, un assurdo «world wide web analogico» con cui rispondeva per lettera a millecinquecento richieste all’anno; ma il migliore è quello che per la prima volta, 40 mila anni fa, ebbe l’idea di disegnare un animale sulla parete di una grotta e che è bello immaginare fosse un bambino.

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