“ANDREOTTI NON E’ MAI STATO ASSOLTO” - GIAN CARLO CASELLI SCRIVE AL “CORRIERE” E RISPONDE AD ANTONIO POLITO CHE AVEVA EVOCATO LA “SCONFITTA” DELLA PROCURA DI PALERMO AL PROCESSO CONTRO “IL DIVO GIULIO”: “PER ANDREOTTI FINO AL 1980 RISULTA ‘RAVVISABILE’ E QUINDI ‘COMMESSO’ IL REATO DI ASSOCIAZIONE MAFIOSA. SOLO DOPO QUELL’ANNO I GIUDICI PARLANO DI ASSOLUZIONE MA IN FORMA DUBITATIVA…” - LA REPLICA DI POLITO

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GianCarlo Caselli e moglie GianCarlo Caselli e moglie

Lettera di Gian Carlo Caselli al “Corriere della Sera”

 

Caro direttore, nel suo interessante articolo «Andreotti l'extraterreno» Antonio Polito mi chiama in causa a proposito del processo contro l'insigne senatore istruito dalla procura di Palermo che ho avuto l'onore di dirigere. Sostiene Polito che «i procuratori che lo portarono davanti al giudice, in primis Gian Carlo Caselli, negano di essere stati sconfitti dal processo».

 

antonio polito antonio polito

Lo ammetto, sono intervenuto più volte commentando l'esito del processo: ma non per negare una sconfitta, piuttosto per un'esigenza di verità. Con il collega Guido Lo Forte ho scritto anche un libro intitolato appunto «La verità sul processo Andreotti» (ed. Laterza). In breve: la Cassazione con sentenza del 28.12.04 ha confermato in via definitiva la decisione della Corte d'appello di Palermo (2.5.03), nel cui dispositivo si decreta «non doversi proedere in ordine al reato di associazione a delinquere [con Cosa nostra] commesso fino alla primavera del 1980 per essere lo stesso reato estinto per prescrizione».

 

È su questa base - per altro ricordata da Polito - che è difficile accettare il suo invito a prendere finalmente atto che «un'assoluzione è un' assoluzione». Perché la formula «assolto per aver commesso il reato» non esiste in natura. È un ossimoro da vertigine. Soltanto dopo il 1980 Appello e Cassazione parlano di assoluzione, ma in forma dubitativa, essendo evidente che non viene esclusa per nulla la sussistenza del fatto. Ma fino al 1980 risulta «ravvisabile» e quindi «commesso» il reato ascritto.

PAPA PIO XII E GIULIO ANDREOTTI PAPA PIO XII E GIULIO ANDREOTTI

 

E non si tratta di poca cosa. Sta scritto in sentenza che l' imputato «con la sua condotta ha, non senza personale tornaconto, consapevolmente e deliberatamente coltivato una stabile relazione con il sodalizio criminale [Cosa nostra] ed arrecato, comunque, allo stesso un contributo rafforzativo manifestando la sua disponibilità a favorire i mafiosi».

 

Di tale condotta, prove alla mano, han fatto parte due incontri di Andreotti con il boss dei boss Stefano Bontate, avvenuti in Sicilia per discutere «vicende particolarmente delicate e fatti criminali gravissimi» riguardanti Piersanti Mattarella: un politico democristiano di specchiata onestà, impegnato in un' opera di moralizzazione che l'aveva posto in conflitto con la mafia, che perciò lo uccise il 6 gennaio 1980. Senza che Andreotti - rileva la sentenza - abbia mai denunziato «elementi utili a far luce [sull'omicidio] di cui era venuto a conoscenza in dipendenza di diretti contatti con i mafiosi».

ANNA MAGNANI E GIULIO ANDREOTTI ANNA MAGNANI E GIULIO ANDREOTTI

 

Ma il processo di Palermo va iscritto nella più ampia cornice del patto di scambio politico-mafioso, dell' aggiustamento dei processi e delle relazioni pericolose tra mafia, politica, imprenditoria e massoneria. Al riguardo il processo offre una mole imponente di informazioni sulla cosiddetta «criminalità dei potenti», categoria criminologica che riguarda le modalità con cui segmenti della classe dirigente hanno gestito il potere nel corso di molti decenni, modalità che nel processo risultano evidenziate - oltre che dalla tragedia di Mattarella - dalle vicende di Ciancimino padre, dei cugini Salvo e di Lima (che erano con Andreotti negli incontri con Bontate) e di Michele Sindona.

GIULIO ANDREOTTI BALLA LA TARANTELLA GIULIO ANDREOTTI BALLA LA TARANTELLA

Dunque, al di là del verdetto tecnico, dal processo emerge una verità da leggere in filigrana che pone un problema di democrazia. Disconoscere i fatti gravi e concreti posti a base del processo equivale a svuotare di significato negativo i rapporti fra mafia e politica. Determinando di fatto una loro legittimazione: non solo per il passato , ma anche per il presente ed il futuro. Per la democrazia un pessimo servizio.

 

GIULIO ANDREOTTI E ARAFAT GIULIO ANDREOTTI E ARAFAT

Risposta di Antonio Polito

Ringrazio il dottor Caselli per l'ampia ricostruzione storica. In quanto all'esito processuale potremmo convenire, se è d'accordo, su un compromesso: diciamo che Andreotti è stato «non condannato».

GIULIO ANDREOTTI CON IL COPRICAPO ARABO GIULIO ANDREOTTI CON IL COPRICAPO ARABO GIULIO ANDREOTTI GIULIO ANDREOTTI GIULIO ANDREOTTI E IL MALORE IN DIRETTA TV GIULIO ANDREOTTI E IL MALORE IN DIRETTA TV GIULIO ANDREOTTI CON IL COPRICAPO ARABO GIULIO ANDREOTTI CON IL COPRICAPO ARABO

 

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