“IL DONATORE AVEVA AVUTO DUE ARRESTI CARDIACI" – SULL’UOMO MORTO DOPO UN TRAPIANTO DI CUORE, I CONSULENTI DELLA PROCURA ACCUSANO: "IL FALLIMENTO ERA PREVEDIBILE. SERVIVA PIU’ PONDERAZIONE. L’UOMO ERA IN SOVRAPPESO E AVEVA SUBITO…”

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Giuseppe Scarpa per la Repubblica

 

«Si ritiene fosse prevedibile il fallimento funzionale di un organo che aveva già subito un insulto ischemico protratto

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trapianto cuore trapianto cuore

Era raccomandabile un atteggiamento caratterizzato da maggiore ponderazione e che tenesse conto della verificazione di un evento evitabile». L' evento evitabile è la morte dell' uomo, 61 anni con gravi problemi cardiaci. Un paziente con un quadro clinico critico: se il paziente non avesse ricevuto un nuovo cuore sarebbe deceduto, molto probabilmente, entro un anno. L' organo che però gli hanno impiantato era in pessime condizioni. E questo avrebbe determinato il suo decesso 31 ore dopo l' intervento, alle 8.15 del 4 aprile del 2016. È la conclusione a cui arrivano i due medici legali, Massimo Senati e Francesco Alessandrini, dell' Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma incaricati dalla procura capitolina di eseguire l' autopsia e di redigere la relativa relazione.

 

In tutto sono 70 pagine in cui i camici bianchi ripercorrono, prima di tutto, le ultime ore di vita del donatore. È da qui, infatti, che si parte. Perché è dalla sua morte, o meglio dalla condizione del suo cuore, che si sarebbero poi generati tutta una serie di errori che hanno portato al decesso.

 

TRAPIANTO CUORE 5 TRAPIANTO CUORE 5

«È il 25 agosto del 2016, alle ore 11.20, un 48enne, in sovrappeso corporeo, aveva presentato arresto cardiaco, perdita di coscienza e sommersione in una piscina» a Milano. Qualche pagina più avanti i medici entrano nel dettaglio e scrivono: Il 48enne «aveva subito un arresto cardiaco prolungato di almeno sette minuti. Dopo la ripresa dell' attività cardiorespiratoria seguiva un ulteriore arresto cardiaco ed anche durante la degenza all' ospedale San Raffaele si assisteva ad un episodio ipotensivo con successiva ripresa spontanea del circolo».

 

Il 48enne non ce la fa. «Tali eventi (gli arresti cardiaci, ndr) sarebbero stati all' origine del danno celebrale irreversibile che veniva legalmente accertato e che dava origine all' espianto multiplo a cui il paziente (donatore, ndr) veniva sottoposto ».

 

Passano poche ore dal decesso e al 48enne vengono espiantati gli organi. Il giorno successivo all' ospedale San Raffaele arriva l' equipe dal San Camillo di Roma. I due medici legali muovono una dura critica. Scrivono così: «Le indagini sullo stato del cuore davano quindi il nulla osta all' espianto, pur non avendo evidenziato spiegazioni attendibili dell' arresto cardiaco avuto dal donatore ed all' origine del danno cerebrale».

 

musumeci musumeci

Di più. «Riteniamo non trascurabile il dato, proprio in quanto, dopo l' accertamento della morte cerebrale, il cuore veniva prelevato allo scopo di essere utilizzato come organo idoneo ad essere trapiantato. Infatti la morte del 61enne è da attribuirsi, in seguito al trapianto, ad un fallimento dell' innesto primario, ovvero dell' organo trapiantato, la cui principale manifestazione clinica era l' instabilità emodinamica grave postoperatoria e lo shock cardiogeno. In questi casi il cuore non riesce a soddisfare le esigenze circolatorie nell' immediato periodo post trapianto ».

 

E ancora, ribadiscono i due medici legali, «la storia clinica del caso di specie (la morte del 61enne, la cui famiglia è rappresentata dall' avvocato Loredana Vivolo, ndr) si caratterizza dall' insufficienza funzionale dell' organo trapiantato».

 

Un cuore, in sostanza, che non godeva di ottima salute. E non solo per gli arresti cardiaci avuti dal 48enne poco dopo il tuffo in piscina. «Presenza di almeno tre tipi di lesioni chiaramente riferibili ad epoche diverse. Da una parte si osservano aree cicatriziali la cui origine risale certamente da non meno di qualche mese fino a qualche anno. Sono state osservate poi lesioni caratterizzate da necrosi dei cardiomiociti e infiltrati granulocitari che risalgono ad un periodo che va dai dieci ai sei giorni prima del decesso. E infine - concludono i due medici legali - delle lesioni recentissime che risalgono all' epoca post trapianto ».

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