1. “LI HO UCCISI PERCHE' MI DAVANO DEL FALLITO” - LA CONFESSIONE CHOC DEL FIGLIO DOPO L'OMICIDIO DEI GENITORI A CODIGORO :“OGNI GIORNO MI DICEVANO CHE NON VALEVO NIENTE”
2. L’AMICO COMPLICE CHE HA MATERIALMENTE ESEGUITO IL DELITTO: “NON L’HO FATTO PER SOLDI, MA PER TOGLIERGLI IL MACIGNO CHE AVEVA SUL CUORE. L’AVREI FATTO ANCHE GRATIS, I SOLDI NON MI INTERESSANO" - I MINORENNI RESTANO IN CARCERE, MA IN DUE CITTÀ DIVERSE
3. L’EX FIDANZATINA: "VOLEVA BENE PIÙ AL SUO CANE ZAC CHE A ME. NON ERA AGGRESSIVO MA STAVA CHIUSO NELLA SUA CAMERETTA PER ORE" L’AMICA: “QUESTA ESTATE IN SPIAGGIA ERA IN CRISI E DICEVA A TUTTI: 'IO QUELLA LA FACCIO FUORI', E INTENDEVA DIRE LA MAMMA

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Omicidio di Ferrara - I due assassini Omicidio di Ferrara - I due assassini

Giuseppe Baldessarro per la Repubblica

 

«Non passava giorno senza che mi dicessero che non valevo niente, che ero un buono a nulla, un fallito. Per questo li ho uccisi». C’è la lunga confessione del figlio di Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni nella convalida dei fermi emessi mercoledì mattina dalla pm Silvia Marzocchi. E ci sono anche le ammissioni del diciassettenne che poi quell’omicidio lo ha eseguito materialmente: «Non l’ho fatto per soldi, ma per amicizia. Per togliergli il macigno che aveva sul cuore. L’avrei fatto anche gratis, i soldi non mi interessano. Dopo, lui mi ha detto che mi avrebbe dato tutto quello che avrebbe trovato in “cassa”, ma ripeto: lo avrei fatto comunque».

 

Sono entrambi racconti drammatici, le due facce della stessa medaglia. Sono la ricostruzione puntuale, dettagliata, di quanto avvenuto nella villetta di Pontelangorino di Codigoro (Ferrara) prima, dopo e durante la notte tra lunedì e martedì scorsi, quando i due ristoratori sono stati massacrati a colpi di ascia mentre erano ancora a letto.

 

Verbali che, assieme alla ricostruzione fatta dai carabinieri di Ferrara, hanno portato il gip del tribunale dei minori di Bologna Luigi Martello a decidere, accogliendo la richiesta dell’accusa, che i due ragazzi devono stare in carcere, sia pure in due istituti diversi. L’amico a Bologna, il figlio in un’altra regione. Una decisione legata alla «facilità con la quale hanno pianificato ed seguito un delitto di tale efferatezza, con l’aggravante dei futili motivi». Sconvolgente, soprattutto alla luce dell’assenza di motivazioni che possano anche lontanamente giustificare un gesto di tale violenza.

 

Salvatore Vincelli - Nunzia Di Gianni - Omicidio Ferrara Salvatore Vincelli - Nunzia Di Gianni - Omicidio Ferrara

Il movente del delitto, emerso durante le udienze (le due posizioni sono state valutate singolarmente) che si sono svolte al centro di prima accoglienza del Pratello, sono quelle riconducibili ai continui rimproveri dei genitori a un figlio disinteressato allo studio e alle regole. La prima bocciatura era già arrivata all’inizio della scuola media, e anche dopo il ragazzo non si era impegnato sui libri.

 

Le scenate della madre negli anni non erano mancate, ma da quando l’adolescente aveva chiesto di cambiare sezione all’istituto tecnico di Codigoro che frequentava senza più alcun risultato, gli scontri si erano intensificati e acuiti. In generale, il sedicenne era accusato di non interessarsi a niente, «di essere un fallito, un buono a nulla». E questo, secondo quanto lui stesso ha ammesso davanti ai magistrati, «non riusciva più a tollerarlo», al punto da iniziare a pensare «di farla finita ». Da qui il coinvolgimento dell’amico, con il quale aveva condiviso praticamente tutto nella sua vita e a cui raccontava la sua sofferenza e i suoi propositi. «Gli ho detto: devi aiutarmi, altrimenti io da solo non ce la faccio». Gli aveva promesso denaro, non una cifra specifica, ma «tutto quello che trovo appena quelli non ci saranno più». Non ce n’era bisogno, perché a detta del diciassettenne che ha poi impugnato l’arma per fracassare la testa ai Vincelli «sono stati uccisi per togliere un peso insopportabile dal cuore di un amico, non per soldi».

 

Omicidio di Ferrara - La villa di Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni Omicidio di Ferrara - La villa di Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni

Nella mente dei due ragazzi tutto sarebbe filato liscio. Il complice li avrebbe uccisi a colpi d’ascia, quindi li avrebbe messi in macchina trascinando i corpi che, legati a dei massi, sarebbero dovuti sparire in fondo ad un ramo del Po. Il figlio: «Non ho voluto assistere, non ce la facevo a vedere i miei genitori mentre venivano ammazzati». Così, all’alba, l’amico si è avvicinato al letto e ha iniziato a colpire prima uno e poi l’altro, «continuando fin quando ho visto che non si muovevano più». Il piano, però, si è inceppato subito: «Erano pesanti da trasportare e lui non mi ha dato una mano, diceva che non ce la faceva a vederli morti. Ero sfinito, e quando mi sono reso conto della situazione siamo scappati a casa mia».

 

Nella loro mente di adolescenti cresciuti a pane e videogiochi, i due avevano immaginato di riuscire a non lasciare tracce. Di ripulire il sangue, di eliminare le impronte e di mettere in scena una scomparsa, come in un giallo. La confessione dell’amico è stata spesso interrotta dai singhiozzi. Il ragazzo che ha brandito l’ascia per cancellare due vite scoppia di nuovo a piangere ogni volta che riaffiorano i ricordi. Il figlio invece, anche in aula, ha mantenuto un’espressione vitrea, quasi imbambolata, sconvolto, ma incapace di lasciarsi andare.

 

Non sanno spiegare fino in fondo quello che è successo, l’incubo di quei momenti, le sensazioni. Si fermano al racconto dei fatti, dei gesti compiuti istante dopo istante, con una dovizia di particolari «impressionante», racconta chi li ha ascoltati, anche per i dettagli meno importanti. Come macchine snocciolano immagini, orari, gesti, ma non emozioni. Il figlio parla solo di «un peso che lo stava schiacciando», dell’accusa di essere «un buono a nulla», ma la sua rabbia non riesce a definirla. Non ricorda uno schiaffo, una punizione, nulla che possa anche lontanamente somigliare a un maltrattamento da parte dei genitori. Era solo «un peso», «un’angoscia», la consapevolezza di essere per loro «un fallito».

Omicidio di Nunzia Di Gianni e Salvatore Vincelli Omicidio di Nunzia Di Gianni e Salvatore Vincelli

 

Nessuno dei due cerca giustificazioni. È successo e non sanno spiegare perché. Dicono entrambi di essere pentiti, ripetono «mi dispiace», non sanno aggiungere altro. Mancano le parole.

 

2. E L’EX FIDANZATINA SI SFOGA

Brunella Giovara per la Repubblica

 

Una lacrima sul viso di Silvia, che ha solo 13 anni e l’altro giorno ha scoperto di aver amato, anche se la parola può sembrare enorme, un ragazzo che ha deciso di ammazzare i genitori, assieme a un amico. E i due l’hanno fatto davvero. Perciò Silvia piange, mentre ascolta la canzone che «lui mi aveva mandato questa estate. Me l’aveva dedicata. Ascoltala, è dolce ».

 

“Tra tutte le persone solo tu mi conosci davvero, quant’è difficile riuscire a camminare senza farsi male...”. La canzone si chiama Carillon, la canta un certo Mr. Rain e la conosce solo chi è nato dopo l’anno 2000. Silvia è tenera, e spaventata: «Mi fa piangere perché penso a com’era. Era un timido, uno che certe volte stava chiuso nella sua camera perché non aveva voglia di niente. Però voleva bene più al suo cane Zac che a me. Strano, no? Zac era la cosa più importante per lui». Poi le scappa da ridere: «Pensa che una volta suo fratello Alessandro voleva portarlo a Mirabilandia, per farlo distrarre e divertire un po’. E lui non c’è voluto andare! Non voleva lasciare solo Zac, ecco».

 

In un piccolo bar vicino al mare, in un paese non lontano da Pontelangorino, due ragazzine raccontano come erano i loro fidanzati. Silvia, e Francesca, che ha 16 anni ed era la fidanzata dell’amico, del ragazzo che ha materialmente ucciso Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni. I nomi non sono quelli veri, ma se li sono scelti loro, «sono i nomi che ci sarebbe piaciuto avere».

 

Silvia è bionda, l’altra è nera di capelli, e anche di umore, se ripensa alle giornate passate con quello che nel giro di poco tempo ha visto trasformarsi, «diventare cattivo, menefreghista, anche stronzo con me, che pure cercavo di aiutarlo. Ma non ci siamo mai fidanzati per davvero, perché per me non era uno serio». Perché? «Gli piacevano anche altre ragazze, appena poteva scappava da un’altra. Io ci stavo male, ma mi piaceva. Era un bel tipo».

 

Omicidio di Nunzia Di Gianni e Salvatore Vincelli Omicidio di Nunzia Di Gianni e Salvatore Vincelli

Uno povero, «che o fumava o mangiava. Quindi fumava. Non mi ha mai fatto un regalo. Anzi, mi aveva promesso una collana, ma ci siamo lasciati prima». Per la cronaca, l’ha lasciato lei. E queste cose contano, nella vita dei ragazzi. Così, Francesca non piange per il destino del fidanzato della scorsa estate, «se ha fatto quella cosa, è diventato matto ». Arriva un’amica, più dura:

 

«La vigilia di Natale è arrivato qui al bar, e ha detto “auguri” con un tono così lugubre che ci siamo zittiti tutti. E l’altro, il figlio dei Vincelli, quest’estate in spiaggia era in crisi, e diceva a tutti “io quella la faccio fuori”, e voleva dire la mamma». Le altre si spaventano, e Silvia spiega che «a me non ha mai detto niente, non mi ha mai parlato dei suoi, se gli voleva bene o no».

 

Allora racconta come è cominciata, tra voi. «È capitato qui, mi guardava sempre, poi ci siamo messi insieme». Subito. «Non proprio, dopo qualche giorno. E anche il primo bacio, non glie l’ho dato subito, certe cose non le faccio». Silvia e il suo fidanzato, alto, bello e ricco, non sono mai stati da soli: «Lui mi chiedeva di andare a fare un giro in scooter ma io avevo paura. Stavamo qui, in gruppo. Parlavamo tutti insieme, noi del paese, maschi e femmine, e loro due che arrivavano da Pontelangorino ogni giorno, e d’estate al lido di Volano. Ma sempre tutti insieme ».

 

ZAC CANE VINCELLI ZAC CANE VINCELLI

Di cosa si parlava? «Di musica, di canzoni, se avevo bisogno di qualcosa mi dava dei consigli». Era «un pezzo di pane, con me non è stato mai aggressivo». Andava d’accordo con il fratello Alessandro, quello che abita a Torino? «Sì, avevano un buon rapporto, ridevano e scherzavano. Si volevano bene». Sei mai andata a casa sua? «No. Sapevo che aveva una casetta tutta per lui, in giardino, ma non l’ho mai vista. Lì ci stava con gli amici maschi».

 

Ma la scorsa estate è stata meravigliosa, di tuffi dai pontili, tutti nello stesso bagno, un’estate che sembrava non finire più. «Mi faceva ridere, ma anche arrabbiare, perché pensava solo al cane, era sempre in giro con il cane. Mi diceva “te lo porto lì sullo scooter”, ma come faceva, il cane è grosso. Mi mandava le foto di Zac, in una gli dà le croccantelle al pomodoro, quelle che piacevano anche a lui. E io gli dicevo che allora amava più il cane di me. Ed era così, l’ho capito poi».

 

Arrivano altre ragazze, son tutte piccole, strette nei loro piumini, nel vento gelido che arriva dal mare. Una dice che i due «avevano i cuori molto ghiacciati, per fare una cosa simile». E per cosa, poi. I soldi? Silvia: «Lui non mi ha mai fatto un regalo. Io non glie l’ho mai chiesto».

 

Che erano stati loro due, quei due bei ragazzi di un paese vicino, che facevano i chilometri per venire a trovare proprio loro, l’hanno saputo su Facebook, Silvia mentre era dal parrucchiere, «mi stavano facendo il taglio, ho visto quella cosa e ho cominciato a tremare». Perché l’hai lasciato? «Un giorno è arrivato e gli ho detto: non sto bene con te.

OMICIDIO FERRARA OMICIDIO FERRARA

 

Sei troppo chiuso, sei sempre chiuso nella tua cameretta, e io ho simpatia per un altro ragazzo, che è il mio attuale ragazzo e adesso mi sta aspettando fuori». E lui? «Mi ricordo benissimo cos’ha detto: “Rispetto le tue scelte. Non voglio farti star male”. E se ne è andato. L’ho rivisto un mese fa, qui in questo bar. Era molto cambiato. Non mi ha neanche salutata».

 

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