MACRON, INFILATI 'STO GILET – PER SPOSTARE L'ATTENZIONE DALLE VIOLENZE, I "GILET GIALLI" FRANCESI SCHIERANO LE DONNE MA QUEL CHE RESTA DELL’”OTTAVO ATTO” DELLA PROTESTA SONO LE SCENE DI GUERRIGLIA URBANA E IL PORTONE DI UN MINISTERO SFONDATO DA UNA RUSPA – MACRON PROVA A SALVARSI DAL NAUFRAGIO DEI CONSENSI MA È SEMPRE PIÙ ISOLATO – CACCIA ALLO “ZINGARO DI MASSY”, IL BOXEUR CHE HA PESTATO UN AGENTE DI POLIZIA (VIDEO)

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1 - GILET GIALLI, VANNO IN PIAZZA LE DONNE MA È POLEMICA SULLA DERIVA VIOLENTA

Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera”

 

gilet gialli assaltano la polizia gilet gialli assaltano la polizia

Il giorno dopo le violenze dell'«ottavo atto» della rivolta, ieri centinaia di donne con i gilet gialli sono scese in piazza a Parigi e nelle altre città della Francia per dare un' immagine diversa del movimento. «Con questa prima manifestazione di donne volevamo avere un altro canale di comunicazione rispetto alla violenza», dice Karen, infermiera 42enne venuta a Parigi da Marsiglia e tra le fondatrici del gruppo Facebook «Femmes gilets jaunes». Davanti alla Bastiglia, ha preso la parola al megafono Sophie Tissier, 40 anni, che alleva da sola due figli: «È molto difficile per noi donne essere valorizzate nella società. Ma siamo più pacifiche degli uomini, e molto numerose nei cortei, nelle rotonde, perché siamo le più toccate dal lavoro precario».

i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi

 

Lo slogan principale è sempre «Macron démission», ma molte manifestanti hanno preferito disertare i cortei principali che si tengono ormai tutti i sabati dal 17 novembre per prendere le distanze in modo più visibile con i teppisti, diventati ormai i protagonisti del movimento.

 

La questione della violenza è diventata sempre più centrale a mano a mano che la partecipazione di massa diminuiva, anche se sabato per la prima volta i partecipanti sono tornati ad aumentare (50 mila in tutta la Francia rispetto ai 32 mila del 29 dicembre).

i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi 2 i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi 2

Quel che resta dell'«ottavo atto» sono comunque le scene di guerriglia urbana, con le auto e gli scooter dati alle fiamme, il portone del ministero attaccato con una ruspa e sfondato a Parigi, il portavoce del governo Benjamin Griveaux costretto a lasciare di corsa l' ufficio assieme ai collaboratori, e le botte tra manifestanti e forze dell' ordine.

 

A Parigi è stato identificato l' uomo ripreso dai telefoni cellulari mentre attaccava a mani nude alcuni gendarmi sulla passerella Léopold Senghor davanti al museo d' Orsay, teatro degli scontri più gravi. La stessa persona ha poi riempito di calci un gendarme caduto a terra e rimasto ferito.

i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi 1 i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi 1

 

L' aggressore si chiama Christophe Dettinger, è un ex campione di Francia di pugilato noto come «il gitano di Massy», e la sua foto è stata diffusa sui social media dal sindacato dei commissari di polizia con questa scritta: «Signore, lei che ha colpito un collega a terra, è stato identificato. Per un pugile, lei apparentemente non rispetta molte regole. Le insegneremo quelle del codice penale». Ieri sera Dettinger, 37 anni, un metro e 92, era ricercato.

 

Il presidente Emmanuel Macron è intervenuto per condannare gli atti dei gilet gialli più estremisti: «Ancora una volta una violenza estrema ha attaccato la Repubblica, i suoi rappresentanti e i suoi simboli. Quelli che commettono questi atti dimenticano il cuore del nostro patto civico. Giustizia sarà fatta».

gilet gialli gilet gialli

 

I manifestanti e i loro sostenitori politici, in particolare Jean-Luc Mélenchon (France Insoumise) della sinistra radicale, denunciano però anche gli eccessi della polizia. In particolare, il gesto di un agente in divisa ma senza casco, che sabato a Tolone ha sferrato più pugni al volto di un manifestante che stava parlando con altri poliziotti.

Lo stesso agente ha poi sbattuto sul cofano di un' auto e picchiato un altro gilet giallo, e poi ha preso a pugni un terzo militante.

 

i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi 3 i gilet gialli mettono a ferro e fuoco parigi 3

L' agente responsabile delle violenze è il comandante Didier Andrieux, responsabile ad interim di 400 poliziotti di Tolone. Dopo 34 anni di servizio, Andrieux ha ottenuto la Legion d' Onore pochi giorni fa, il 1° gennaio.

 

2 - PARIGI BRUCIA, MACRON SI SPEGNE

Renato Farina per “Libero Quotidiano”

 

Una ruspa ha sfondato un portone a Parigi. Non la conduceva Salvini e non c' era da sgombrare un campo rom. La guidavano alcuni "gilet jaunes" contro un ministero.

la ruspa usata dai gilet gialli la ruspa usata dai gilet gialli

Era l' ottava manifestazione consecutiva. Macron si aspettava lo sgonfiamento per stanchezza e per le vacanze. Niente da fare. Cinquantamila la vigilia della Epifania, dopo che sabato 29 dicembre erano stati 35mila. Il culmine, il simbolo, è stata la ruspa manovrata da operai specializzati, non sfaccendati da divano e molotov.

 

Sia chiaro, non si fa. Per due ragioni. La prima di valore assoluto: la violenza fa schifo, anche quando è mossa da impulsi plausibili. La seconda è di convenienza, e fa sospettare infiltrazioni. Infatti a quella ruspa si è aggrappato come a un salvagente Emmanuel Macron, per salvarsi dal naufragio: «È un attacco alla Repubblica», ha detto.

gilet gialli 4 gilet gialli 4

 

Con ciò chiedendo quell' unità repubblicana che gli ha permesso di diventare presidente dal nulla. Era un insipido ministro al servizio del povero Hollande. Lo aveva ingaggiato sperando in un aiuto d' alto bordo, perché il giovanotto ben maritato, è sin da ragazzino espressione delle banche americane e del loro establishment di gnomi sovranazionali.

 

SCALATA AL POTERE

Aveva raggiunto il 22 per cento, sfruttando il solito "incidente giudiziario" del candidato gollista. Arrivato al ballottaggio, ha raccattato voti dati senza convinzione, in nome dell' antifascismo atto ad escludere Marine Le Pen dall' Eliseo.

 

gilet gialli 1 gilet gialli 1

Ha creduto di essere presidente di tutti i francesi. Lo hanno ripudiato. È riuscito a isolare la Francia sul piano internazionale, e se stesso in casa propria. Il suo gradimento è sceso intorno al 15 per cento. Ma non è che lo si possa recuperare attraverso alleanze universali in parlamento e con i partiti. A tagliargli le gambe è un sommovimento che sfugge alla logica di qualsiasi appartenenza precostituita. I giubbotti gialli (si scusi la traduzione italiana, ma i gilet ci piacciono di lana) non sono "lepenisti". Anche. Ma di più. Non sono "mélenchonisti" (Mélenchon sarebbe il corrispondente francese di Bertinotti).

gilet gialli 5 gilet gialli 5

 

Sono un' altra cosa rispetto all' ideologia politica o al ribellismo etichettabile con criteri novecenteschi. Come ogni folla che non ha ancora trovato una regola costituente, di sé conosce e apprezza l' animus pugnandi. E perciò ospita anche quei mascalzoni che sguazzano dovunque ci siano fuoco e fiamme. È cominciato dalla ribellione di una signora del ceto medio-basso. È scesa dalla macchina quando ha sentito alla radio che la manovra progressista ed ecologista di Macron prevedeva l' eliminazione delle centrali nucleari finanziate dal rincaro della benzina.

 

La donna che correva al lavoro dopo aver portato i figli da qualche parte, ha pensato: «Ancora io? Basta così». Ed è scesa dalla vetturetta indossando il "giubbotto", il quale è stato inventato per evitare i pericoli di investimento su strada, prima che li indossassero i ceti medi francesi per prima spaventare e ora travolgere Macron e la gente come lui.

 

LA SORPRESA

gilet gialli 2 gilet gialli 2

Ciò che sorprende è la tenuta della protesta. Il centro della contestazione doveva essere a Parigi, Lione, Rouen e Bordeaux dove erano previsti i punti di raccolta dei manifestanti. Ma sono stati più numerosi, a pelle di leopardo. Per capire la fluidità colorata del fenomeno, basti dire che interpellati ancora venerdì da un sondaggio 55 francesi su cento desideravano che il movimento insistesse nella protesta. Molto più della sinistra e della destra. Alcuni nuovi slogan segnalano la pluriformità dei cortei.

A Parigi, al Muséee d' Orsay, ecco l' ispirazione anarchica: «Ni par Macron, ni par personne, on ne veut être gouvernés! Gilets jaunes contre l' État!» (né con Macron, né con nessuno, non vogliamo essere governati!

 

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Gilets jaunes contro lo Stato!). Vicino ai Campi Elisi una donna ha scritto: «Macron en 2019 tu dégages» (Macron nel 2019 sparisci). Ancora: «Les capitalistes vivent au-dessus de nos moyens» (I capitalisti vivono sopra i nostri mezzi). A Lione, ecco un cartello: «Macron notre lutte sera sans fin», che ricorda lotta continua. Così a Le Mans, compare lo striscione: «La lutte des classes s' habille en jaune» (La lotta di classe si veste di giallo).

Fin qui tutto pare tendere a sinistra o all' anarchia di destra. Poi ecco che un referendum organizzato ufficialmente per intercettare la volontà dei "gilets jaunes" riserva una gigantesca sorpresa. La proposta prima arrivata è quella di abrogare la legge Taubira, quella che in Francia consente il matrimonio e l' adozione agli omosessuali. E qui, chi vuol capire capisca.

gilet gialli 3 gilet gialli 3

 

L'IDENTITÀ

Noi decifreremmo così: non se ne può più dello strapotere economico e culturale delle classi alte, finiamola con il dominio del pensiero unico progressista, ecologista, che in nome di diritti per pochi, disarticola il reddito e l' identità della gente comune che sgobba e soffre. Macron di certo non afferra il concetto, è una lingua che non ha imparato nei quartieri alti. E si spegne mentre la Francia brucia.

 

3 – GILET GIALLI, DONNE IN CAMPO È CACCIA AL CAMPIONE DI BOXE

Francesca Pierantozzi per “il Messaggero”

 

proteste dei gilet gialli proteste dei gilet gialli

I guanti sono da sci, ma il gancio è quello di un pugile: parte contro il gendarme che si protegge con lo scudo antisommossa e col casco. Destro, sinistro, destro. Il gendarme vacilla, arretra. Il pugile sembra una montagna, il poliziotto sembra piccolo e fragile, nonostante le armi. Poco dopo, è a calci che il pugile cerca di finire un altro agente rannicchiato per terra, a due passi dall' Assemblée Nationale. Christophe Dettinger, 37 anni campione di Francia nel 2007 categoria pesi massimi leggeri è diventato il simbolo della rivolta sempre più dura dei Gilets jaunes. Anche se non indossava nessun gilet sabato mentre picchiava e tirava di destro e di sinistro sul ponte pedonale sulla Senna Sédar Senghor, teatro degli scontri più violenti dell' Ottavo Atto della rivolta gialla.

EMMANUEL MACRON BRIGITTE GILET GIALLI EMMANUEL MACRON BRIGITTE GILET GIALLI

 

Il ministro dell' Interno Castaner e anche le forze di polizia hanno twittato le foto di Dettinger assicurando che giustizia sarà fatta, anche se fino a ieri sera l' uomo non era stato ancora fermato.

 

LO ZINGARO DI MASSY

Sui social, il pugile soprannominato lo zingaro di Massy, perché di famiglia gitana - è diventato una specie di eroe: il gigante buono che sfida la polizia. Ma per le autorità è soltanto il simbolo di un movimento che non riesce ad arginare la deriva violenta. I Gilets jaunes ribattono che la violenza non è da una parte sola, e hanno risposto con un altro video, questa volta girato a Tolone, in cui il comandante Didier Andrieux è ripreso mentre picchia prima un manifestante già fermato da due suoi colleghi, poi di un altro ragazzo col gilet giallo, anche lui già arrestato.

 

proteste dei gilet gialli proteste dei gilet gialli

Il comandante ha invitato a rimettere le immagini «nel contesto» e ha spiegato che il primo fermato («un pluricondannato che non ha niente a che vedere con il movimento dei gilet gialli») aveva in mano dei cocci di bottiglia, e che il secondo stava organizzando l' incendio di una barricata.

 

LE DIVISIONI

Sulla violenza del movimento, sulla difficoltà di separare chi protesta da chi incendia, la Francia e la politica si dividono. L' altra sera il leader della sinistra radicale della France Insoumise Jean-Luc Mélenchon ha denunciato la politica a suo parere repressiva del governo via twitter: «Battaglia corpo a corpo sui ponti di Parigi. E' un potere repubblicano quello che dà tali ordini?». Immediata la reazione del governo, che ha denunciato (anche via il sottosegretario all' economia digitale Mahjoubi), critiche «vigliacche».

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LA REAZIONE

Il movimento ha reagito subito ieri organizzando un' altra protesta, questa volta soprattutto femminile: le donne in giallo sono scese per le strade delle città di Francia. A Parigi sono state qualche centinaio a bloccare prima la piazza della Bastiglia, poi la République e alla fine l' Opéra, palloncini gialli in mano, cappelli frigi sul capo.

 

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«Organizzando questa prima manifestazione di donne, abbiamo voluto aprire un altro canale di comunicazione che non sia quello della violenza, visto che tutto quello che emerge di questo movimento nei media sono gli atti di violenza e si dimentica il fondo del problema» ha spiegato alla France Presse Karen, infermiera di 42 anni di Marsiglia, una delle fondatrici del gruppo Facebook «Femmes gilets jaunes».

 

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«Siamo più pacifiche degli uomini e vogliamo protestare in modo pacifico. Siamo molto numerose ai blocchi sulle rotatorie perché più colpite dal lavoro precario» ha fatto eco Sophie Teissier, 40 anni, madre single di due bambini, da due anni e mezzo col sussidio di solidarietà.

 

LA PRESA DI DISTANZE

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Sabato, quando sono stati censiti 50mila Gilets Jaunes in tutto il paese, di cui 3500 a Parigi e 4600 a Bordeaux, ci sono stati 35 fermi, tra questi otto minorenni. Pochi i feriti, compresi i due gendarmi presi a pugni e calci dal pugile. Ieri anche la Federazione francese di boxe ha preso le distanze dal fatto, denunciando «il comportamento inaccettabile» di un «ex pugile professionista».

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Il primo sindacato di Polizia, Alliance, chiede ormai «più fermezza contro quelli che attaccano le forze dell' ordine». Il segretario generale Frédéric Lagache ha ripetuto ieri le richieste dei poliziotti: «Creazione di un casellario degli individui violenti durante le manifestazioni cui sarà vietato di partecipare ai cortei (sorta di Daspo delle piazze) e nessuna riduzione di pena per i condannati».

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