MILANO, TERRA DI NESSUNO – ANCORA OCCUPAZIONI ABUSIVE AL GIAMBELLINO E INSORGONO GLI INQUILINI REGOLARI, CON SASSI E BASTONI – ARRIVA LA POLIZIA E NELL’APPARTAMENTO TROVA DUE ROM INCINTE, CHE POI SE NE VANNO IN TAXI

La tattica usata, non solo dai rom, è quella di utilizzare donne incinte da lasciare negli appartamenti occupati, in attesa dell’arrivo dei veri inquilini abusivi. La storia di Veronica la “Zarina”, che si presenta con i figli piccoli e ha all’attivo dodici case conquistate…

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1. “MILANO, L’OCCUPAZIONE RESPINTA A SASSATE”

A.Ga e G.San. per “il Corriere della Sera

 

LA CASA DELLE DONNE DI VIA DEL GOVERNO VECCHIO OCCUPATA SIMBOLICAMENTE LA CASA DELLE DONNE DI VIA DEL GOVERNO VECCHIO OCCUPATA SIMBOLICAMENTE

«Bastarde, ve ne dovete andare». L’urlo rimbomba nel buio del cortile, stretto tra le due palazzine, poca luce dei lampioni; nell’ombra, sotto un albero, la statua di una madonnina inquadrata in una nicchia celeste. Un uomo scaglia la prima pietra. Poi un’altra. Contro la porta sbattono sassi, lanciati con sempre più violenza, e anche pezzi di legno raccolti nel giardino. Qualcuno impugna un bastone. «Adesso vi cacciamo noi di qua». Dietro la porta restano in attesa due ragazze rom, incinte. Sono terrorizzate. Hanno occupato da un paio d’ore una casa in via Giambellino al civico 146, scala B, alloggio 9, pian terreno: qualcuno ha spaccato per loro una finestra sul retro. 


Sono da poco passate le 23 di sabato. E in questo quartiere popolare si rischia una rissa che racconta il nuovo conflitto sociale nelle periferie di Milano. Inquilini regolari contro abusivi. Le ragazze hanno occupato e poi hanno chiamato, proprio loro, la polizia. Per farsi proteggere. E uscire salve da quella casa. Non è la prima volta.

 

In città c’è una rabbia latente che bolle e ogni tanto si coagula, di solito intorno alle occupazioni abusive dei rom, che erano una ventina qualche anno fa e ora sono oltre 130. Prendiamo il 2 ottobre, ad esempio. Ancora via Giambellino, civico 58. Tre uomini spaccano una porta nella notte, lasciano dentro due ragazze e tre bimbi. L’indomani, all’ora di pranzo, si presentano nel cortile con un furgone e iniziano a scaricare mobili. Gli inquilini li vedono, si danno la voce dalle finestre, si scambiano rapide telefonate, in pochi minuti gli uomini si raggruppano nel cortile e iniziano le urla, gli spintoni. Parte una chiamata al 112, i rom risalgono lesti nel furgone ma uno fa in tempo a dire: «Ho visto chi sei, io torno e t’ammazzo». 

LA CASA DELLE DONNE DI VIA DEL GOVERNO VECCHIO OCCUPATA SIMBOLICAMENTE LA CASA DELLE DONNE DI VIA DEL GOVERNO VECCHIO OCCUPATA SIMBOLICAMENTE


I carabinieri arrivano, calmano le persone, fanno sgomberare la casa. In via Odazio, quartiere Lorenteggio, è successo due volte nell’ultimo mese, il 13 e il 25 ottobre. Due rivolte degli inquilini per l’occupazione dello stesso appartamento. E per due volte gli ispettori dell’Aler, l’azienda milanese dell’edilizia popolare, sono intervenuti, hanno convinto gli abusivi ad andarsene, hanno blindato porte e finestre con lastre d’acciaio. 


Rivolte. Il fatto più grave risale al 19 maggio, via Ciceri Visconti, quartiere Calvairate: quel giorno si ritrovarono fianco a fianco inquilini regolari e abusivi italiani contro gli abusivi rom (arrivati dall’Emilia Romagna, casa dopo casa si stavano «prendendo» una palazzina). La protesta esplose in strada: blocco del traffico, cassonetti rovesciati, intervento della polizia.

 

giuliano pisapia giuliano pisapia

Una «manifestazione» che per la prima volta mostrò alla città quel che stava succedendo e succede nelle periferie: le occupazioni abusive possono diventare un problema di ordine pubblico. Il confine è labile. Sabato, in via Giambellino, gli agenti erano stati già chiamati intorno alle 21, quando gli inquilini avevano sentito sfondare le finestre. I poliziotti hanno identificato le due ragazze; con gli ispettori Aler hanno provato a convincerle ad uscire e loro si sono rifiutate. Una è incinta al terzo mese, l’altra al sesto: con la forza non si poteva portarle fuori. 


Questo principio gli inquilini esasperati non lo accettano e hanno protestato. La «volante» è andata via; la rabbia ha fomentato minacce e violenza; quando i cittadini hanno rivisto i poliziotti, si sono calmati; gli agenti hanno fatto uscire le abusive da una finestra, con l’aiuto di una scala. Le ragazze rom hanno atteso qualche minuto sul marciapiede. Poi è arrivato un taxi e le ha portate via. 

 

2. “ZARINA E LE 12 CASE CONQUISTATE. ECCO COME IL RACKET SFRUTTA LE DONNE”

Andrea Galli e Gianni Santucci per “il Corriere della Sera

 

Quante volte, «zarina»? Nei verbali dei commissariati questa ragazza ha un nome ma noi ne useremo un altro (Veronica), per proteggerne l’identità di madre e per proteggere i due bimbi che le sono stati tolti dal Tribunale dei minori. 

CASE OCCUPATE CASE OCCUPATE


La «zarina» è giovane, 31 anni, eppure già sfiorita, impegnata com’è stata negli ultimi anni a occupare casa per dodici volte. Veronica professione abusiva. Un record. E del resto nel racket degli alloggi popolari, le donne, meglio se con prole, hanno un ruolo fondamentale. Per certi versi, a volte perfino esclusivo. Non ci fossero loro, sarebbe molto più difficile. 


Nei report riservati compilati dagli ispettori dell’Aler e inviati in Questura, foglio dopo foglio nell’elenco degli «abusivi» è un costante alternarsi di voci pressoché uguali: «donna romena con tre minori», «donna cingalese con due minori», «donna egiziana con tre minori». E poi, poi c’è lei, la «zarina», unica nel suo genere ma simbolica di un fenomeno, una piaga, una caduta nel precipizio. Le donne «servono». Fanno «comodo». Vengono usate. Vittime della povertà e del bisogno. Donne sole e abbandonate. Sono portate in avanscoperta, dopo che i «fabbri» del racket hanno sfondato porte o finestre. Sono la truppa lasciata nelle case vuote contro il «fuoco nemico», per assicurarsi fisicamente lo spazio. Per mettere radici nell’appartamento, che più avanti verrà assegnato ai reali «proprietari». 

CASE OCCUPATE CASE OCCUPATE


Naturalmente in tali circostanze potrà essere meno aggressiva la protesta degli abitanti, pur rabbiosi ed esasperati, dinanzi a un bimbo piccolo; e naturalmente questo «fuoco nemico», col quale si intendono i tanti bravi onesti cittadini regolari che mal sopportano le illegalità, nonostante tutto non esiterà a chiamare l’Aler, la polizia e i carabinieri. Ma gli ispettori, gli agenti e i militari nulla potranno in assenza di una «rete sociale». D’accordo, sgomberiamo le persone; ma dove vanno a finire? Ci sono comunità pronte? No, non ci sono; anzi sì, ci sono ma mancano posti liberi. 

CASE OCCUPATE CASE OCCUPATE


Anche la «zarina» Veronica, che per le occupazioni certo s’è presa le sue denunce ma nient’altro — così prevede la legge, non c’è arresto — è stata una figurante. Spesso le hanno chiesto di recitare una parte. Forse per pochi euro. Mettersi lì, coi figli, far scena. 
A volte arriva l’aiuto dell’«immobiliare rossa», formata da antagonisti che controllano abitazioni tra i due Navigli e che hanno base nel quartiere di San Siro; l’«immobiliare rossa» porta gente in piazza, protesta contro gli «sbirri», esegue azioni di «sabotaggio» boicottando gli sgomberi. 

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La Milano di Veronica è allo Stadera, che raccoglie via Meda, prosecuzione di corso San Gottardo, e la porta alla periferia sud. Altro ex quartiere di operai, lo Stadera, di immigrati italiani sostituiti dagli immigrati stranieri. La «zarina» non arriva da una famiglia di balordi; forse i figli son venuti troppi e troppo rapidamente, allora serviva una casa, di soldi non ce n’erano, il padre dei figli aveva iniziato a fregarsene, e una soluzione andava trovata. Cosa fare? Occupare.

 

CASE OCCUPATE CASE OCCUPATE

Allo Stadera, per anni, è stata un’abitudine, un’azione quasi fisiologica, un «risarcimento» preteso dallo Stato e dal Comune che ti facevano vivere in quei palazzi degradati. Ci ha provato, Veronica. E insieme a lei ci provano decine di altre donne, italiane e nordafricane e dell’Est. Che spesso non hanno altra scelta. Dicono i poliziotti che oggi la «zarina» s’è trasferita. Al Corvetto. Sempre periferia. Sempre case popolari. E sempre lei sta vagando, disperata, in cerca di nuove occupazioni. 

 

 

 

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