pietrostefani mitterrand

PARIGI, O CARA – PARLA IL FUNZIONARIO FRANCESE CHE HA REGOLARIZZATO I TERRORISTI ITALIANI: “NELLA NOSTRA GENERAZIONE C’ERA QUASI UN DOVERE DI SOCCORSO, OGNUNO ADOTTAVA IL SUO ITALIEN” – NEL 1997 GIORGIO PIETROSTEFANI, CONDANNATO PER L’OMICIDIO CALABRESI, GLI DISSE CHE…

FRANCOIS MITTERRAND 2

Anais Ginori per “la Repubblica”

 

Non c' erano criteri prestabiliti. In teoria non dovevamo accettare le persone accusate di reati di sangue, ma poi si è visto che in molti casi abbiamo soprasseduto. Veniva data priorità a chi era in Francia da più tempo, aveva una vita famigliare, un lavoro stabile». L' uomo che parla è un alto funzionario della République, protagonista dell' ondata di regolarizzazioni degli italiens.

 

Giorgio Pietrostefani - Omicidio Luigi Calabresi

Dietro alla cosiddetta "Dottrina Mitterrand" c' è stato un lavoro burocratico meno spettacolare che ha trasformato i latitanti ricercati dall' Italia in cittadini come gli altri, in grado di beneficiare dell' assistenza sanitaria, dei sussidi pubblici, di versare contributi per la pensione e rifarsi una seconda vita alla luce del sole. I fuoriusciti da decine di formazioni terroristiche, non solo Brigate rosse e Prima Linea, sono stati diverse centinaia all' inizio degli anni Ottanta. Oreste Scalzone, icona degli "esuli" Oltralpe, sostiene che arrivarono a seicento.

 

Alla fine degli anni Novanta, l' entrata in vigore degli accordi di Schengen è stato uno spartiacque dal punto di vista amministrativo. Molti "esuli" avevano permessi di soggiorno scaduti e rischiavano di essere espulsi come sans papiers al primo controllo di polizia.

 

ADRIANO SOFRI GIORGIO PIETROSTEFANI OVIDIO BOMPRESSI

Yannick, non è il suo vero nome, era allora al ministero dell' Interno guidato da Jean-Pierre Chevènement. Nella lunga lista di nomi da regolarizzare venivano allegati dossier con rapporti di polizia su amici, lavoro, abitudini.

 

Le autorità francesi sapevano tutto o quasi degli italiens. Non erano certo fantasmi. Alcuni hanno un bar alimentari a Parigi come Maurizio di Marzio, 58 anni, un figlio di dodici. Altri sono stati traduttori e insegnanti di italiano come Giovanni Alimonti. Roberta Cappelli, architetta, ha lavorato in una casa editrice di fumetti ed è stata per anni rappresentante dei genitori nella scuola del figlio.

 

GIORGIO PIETROSTEFANI

Sergio Tornaghi, residente a Bordeaux, è stato arrestato due volte per le richieste di estradizione, l' ultima nel 1998, mentre accompagnava la figlia a scuola. Dei 94 italiani che dal 1982 sono stati fermati Oltralpe solo Paolo Persichetti, docente a contratto in sociologia politica a Paris VIII, è stato riconsegnato materialmente con un blitz la notte del 24 agosto 2002.

 

Yannick mostra il biglietto di ringraziamento che ha ricevuto nel 1998 da Marina Petrella.

«Monsieur, vorrei esprimere la mia gratitudine. Il permesso di soggiorno permetterà a me e alla mia famiglia di avere una vita più "normale"». Esattamente dieci anni dopo l' ex brigatista, ormai risposata e con una seconda figlia francese, viene fermata per un controllo sul libretto di circolazione. Il sistema elettronico fa tilt, esce la domanda di estradizione italiana.

 

IL COMMISSARIO LUIGI CALABRESI

In carcere Petrella arriva a pesare 40 chili di fronte alla prospettiva di scontare l' ergastolo in patria. Alla fine, dopo una lunga battaglia giudiziaria e politica, Nicolas Sarkozy sospende la procedura per ragioni umanitarie. «La mia cliente fa una vita ritirata, insieme alla sua famiglia» racconta l' avvocato Irène Terrel, storico legale dei "rifugiati" Oltralpe.

«Riaprire oggi queste procedure sarebbe inaccettabile, vergognoso, non solo dal punto di vista giuridico ma anche umano».

 

Yannick non conosceva molti degli italiani ai quali ha ridato una seconda chance fornendo nuovi documenti e protezione dello Stato. Non c' era niente di personale ma si sentiva nel giusto. «È difficile capire con lo sguardo di oggi» ripete diverse volte. Da giovane militante trotzkista, negli anni Settanta aveva fatto un viaggio a Verona da altri compagni dell' estrema sinistra.

 

FRANCOIS MITTERRAND

Qualche mese dopo, alcuni autonomi italiani in fuga avevano bussato alla sua casa di Parigi. «Nella nostra generazione c' era quasi un dovere di soccorso, ognuno adottava il suo italien ». Senza questa rete di amicizie, solidarietà politiche e generazionali, non si può capire come centinaia di latitanti hanno potuto rifarsi una vita in Francia.

 

«La dottrina Mitterrand ha funzionato, non ci sono stati italiani che sono tornati nel terrorismo». Yannick ricorda nel 1997 quando era invitato a una riunione dietro nel decimo arrondissement. Giorgio Pietrostefani annunciava agli amici la volontà di tornare in Italia per affrontare l' ultimo processo per l' omicidio Calabresi.

 

I "compagni" francesi decisero di mobilitarsi, qualcuno ebbe l' idea di far tradurre il libro di Carlo Ginzburg "Il giudice e lo storico", pubblicato dopo pochi mesi dall' editore di sinistra Verdier. Tre anni dopo Pietrostefani è tornato in Francia, un attimo prima che la Corte d' appello di Venezia lo condanni a 22 anni di carcere per essere stato, con Adriano Sofri, il mandante della morte del commissario Luigi Calabresi.

 

FRANCOIS MITTERRAND 1

Al giornalista Giuseppe D' Avanzo, che lo aveva incontrato qualche mese dopo, confessò: «La mia vita è ridicola. Ho 56 anni e gioco ancora a nascondino come un bambino». Da quel momento Pietrostefani è tornato nell' oscurità di una vita anonima, costruendo un' impresa edile a Rouen, in Normandia. Oggi è in pensione, i suoi amici sostengono sia malato. Yannick ci pensa un po', mette a fuoco il ricordo. «Credo che quella di Pietrostefani sia stata l' ultima regolarizzazione che abbiamo fatto».

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…