IL PASSATO CHE NON PASSA: IL PEZZO DI CARRELLO TROVATO A NEW YORK È DI UNO DEGLI AEREI DELL’11/9

1. BOEING CONFERMA: IL PEZZO DI CARRELLO E' COMPATIBILE CON GLI AEREI DELL'11/9
Dal "Guardian" - Il portavoce di Boeing John Dern ha confermato che il pezzo di carrello ritrovato tra due palazzi di Manhattan corrisponde al tipo che era montato sugli aerei 767 dirottati dai terroristi l'11 settembre 2001. Ma non è stato in grado di dire se si tratta di un pezzo del volo United o American Airlines.

I medici legali che si sono occupati dei resti dell'attentato hanno annunciato che faranno analisi nel vicolo in cui è stato ritrovato il carrello per verificare la presenza di resti umani.


2. SE L'AEREO DELL'11 SETTEMBRE VOLA ANCORA SU GROUND ZERO
Vittorio Zucconi per "la Repubblica"

Dalla necropoli di Ground Zero affiora un altro frammento del giorno che non vuole essere dimenticato e che implacabilmente ritorna. Appare il pezzo del carrello di atterraggio che apparteneva a uno dei due Boeing lanciati come missili umani contro le Torri. Era rimasto per undici anni e mezzo nascosto e incastrato fra due muri da demolire.

Ed emerge oggi, per caso, a tre isolati di distanza dal cratere, per ricordare quanti resti di cose, di corpi, di cose mescolate a corpi siano ancora sepolte nel sacrario di Lower Manhattan. Il mozzicone di carrello, che porta ancora ben leggibile la scritta del costruttore, Boeing Aircraft Co, e il numero di serie, non è il primo, e non sarà certamente l'ultimo reperto a distanza di quel giorno che le ruspe, i memoriali, la nuova Torre della Libertà che sta alzandosi nell'epicentro della tragedia, stanno da più di dieci anni cercando inutilmente di seppellire. Il raggio dei detriti sparati dall'esplosione prodotta dai due jumbo jet e dalla compressione poi dei grattacieli è di centinaia di metri.

La futura demolizione, o lavori di manutenzione negli edifici all'interno di quell'area, potranno restituire nuovi frammenti di una giornata di morte e di rovine che pretende ancora di non essere confinata nelle celebrazioni rituali.

Tutti sanno, anche se fingono di non saperlo nonostante sia stato detto ufficialmente, che nella terra e nei rottami sui quali si è cominciato a costruire ci sono resti umani, tracce spesso carbonizzate e non più identificabili neppure attraverso l'esame del dna. Proiettili di metallo fuso, di cemento, di vetro, come blocchi supercompressi dalla implosione dei due grattacieli colpirono l'intera zona del World Trade Center, che non era soltanto le due inconfondibili torri, ma sette palazzi, fino appunto a quel Building 7, demolito per ultimo e deliberatamente dopo essere stato ferito a morte, che tante illazioni e ipotesi complottiste ha partorito.

Come disse, con raggelante semplicità, Jack Vandervos, uno dei medici legali chiamati a studiare i resti umani, «se avessimo voluto ritrovare ogni traccia umana, avremmo dovuto raschiare la polvere dalle facciate di dozzine di palazzi».

Ma il pezzo di carrello appartenuto al volo American 11 o allo United 175, entrambi aerei Boeing, è il reperto più lontano finora ritrovato. Incastrato in un passaggio strettissimo - 50 centimetri - fra il numero 51 di Park Place e 50 Murray Street sembra il pistone ammortizzatore di un carrello d'atterraggio e sarà facile stabilire che cosa sia dal numero di serie. Lo hanno scoperto i muratori che stavano lavorando alla demolizione del palazzotto al numero 51 di Park Place dove dovrebbe sorgere quel centro culturale islamico, naturalmente con moschea, che aveva sollevato rivolte e proteste.

Per il capo della NYPD, la polizia di New York, Kelly non ci sono dubbi che quell'oggetto lungo un metro e mezzo e pesante 20 chili sia piovuto dal cielo in un arco partito dall'esplosione, andando a depositarsi sul fondo di quella intercapedine tra altri rifiuti accumulati, ma c'è un dettaglio bizzarro.

Attorno al pezzo si vede una grossa fune e quel dettaglio apre l'ipotesi che qualcuno, trovato il rottame fra migliaia di altri, lo abbia voluto deliberatamente calare laggiù. Perché mai? Per lasciare un memento, un osceno souvenir, agli occupanti del centro culturale islamico di quello che l'11 settembre 19 terroristi seppero fare, invocando la loro stessa fede.

Un'ipotesi che il Commissioner, il capo della polizia Kelly, respinge, ma che serve a riportare l'odore acre di quel sentimento di rancore mai sopito, e mai del tutto cancellabile, esploso con le Due Torri e certamente non attenuato da nuove tragedie come quella recentissima di Boston.

Né l'orrore riesumato si calmerebbe se domani i laboratori della Scientifica di New York dovessero scoprire che sopra quel metallo, impastate nella polvere che lo fascia, ci fossero macchie umane. È sperabile, augurabile, che sia soltanto polvere inerte, quella che lo avvolge e che quella fune sia caduta sul carrello per caso, gettata anni dopo nella discarica fra 51 Park Place e Murray Street.

Sembra difficile immaginare che qualcuno abbia conservato, nascosto per dieci e più anni e poi gettato là, il pezzo di uno dei due aerei bomba. Se così sarà, se l'ennesimo frammento emerso dalla necropoli dell'11 settembre risulterà essere soltanto un pezzo di metallo torto e semifuso, raggiungerà le migliaia di altri reperti che con devota, religiosa pazienza si stanno accumulando nell'hangar 17 dell'aeroporto John F. Kennedy.

Andrà a fare compagnia, oggetto inanimato eppure ancora vivo, e divenuto parte degli uomini e delle donne che con esso furono consumati, al pezzo di fusoliera con l'orbita del finestrino vuoto, a brandelli di uniformi blu delle assistenti di volo, ai telefoni cellulari, alle migliaia di carte di credito, patenti, passaporti e di tessere crudelmente ironiche per le assicurazioni di malattie che si accumulano in quell'hangar aperto soltanto ai parenti dei morti. Nel quale da 11 anni e mezzo attende passeggeri un taxi giallo appiattito, con il tariffario ancora ben visibile su una portiera, 2 dollari di fisso, 30 cents ogni 400 metri.

Parenti, spesso, presunti, perché soltanto mille e 632 dei 2.606 morti nella mattina dell'11 settembre a Manhattan sono stati identificati e resti umani senza appartenenza sicura affiorano continuamente. Il centro di Medicina Legale della città di New York conserva in celle frigorifere 10 mila tracce di esseri umani e ancora pochi giorni or sono, il 17 aprile scorso, resti di cinque persone sono stati escavati da una discarica di Long Island dove erano stato rovesciati i detriti del Worl Trade Center.

Nessuno di questi brandelli umani porta il nome del costruttore né il numero di serie, come il pezzo di carrello estratto sabato notte, soltanto la macchia di uomini e donne che furono. Ground Zero, e l'immenso frigorifero per i resti senza nome, è ormai conosciuto come il «Sacrario delle Vittime Ignote».

 

 

IL VICOLO DI NEW YORK IN CUI E' STATO RITROVATO IL PEZZO DI AEREOIL PEZZO DI AEREO DELL 11 SETTEMBRE RITROVATO A NEW YORKSOCCORSI SETTEMBRE 11 settembre L impatto del secondo aereoProgetto Moschea Ground Zeromoschea new york_152moschea a ground zero Progetto Moschea Ground Zero 3La Torre nord avvolta dalle fiammeFumo su Manhattan11 Settembre New York11/9 - Inferno di fumo su Manhattan11/9 - L'impatto del secondo Boeing contro la torre nord11/9 - Fumo sulle torri11/9 - Il collasso della torre sud

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