guerra al natale

IL POLITICAMENTE CORRETTO HA SCATENATO LE CROCIATE ANTI-NATALE IN TUTTA ITALIA - IN UNA SCUOLA ELEMENTARE DI SASSARI, IL CONSIGLIO DEI DOCENTI HA VIETATO LA TRADIZIONALE VISITA DEL VESCOVO AGLI ALUNNI PER NON TURBARE I BAMBINI NON CATTOLICI

1 - FANNO LA GUERRA AL NATALE

Alessia Pedrielli per “Libero Quotidiano”

salvini calderoli e il presepe di bergamosalvini calderoli e il presepe di bergamo

 

Crociate anti-Natale? L’Italia ne è già invasa. In pochi giorni le scuole che hanno posto il veto sui festeggiamenti per la nascita di Cristo, si sono moltiplicate e gli improvvisi scrupoli di insegnanti e dirigenti verso le sensibilità dei musulmani, da rispettare a suon di censure, spuntano qua e là, come funghi, in tutto il Paese. Insieme ai divieti ad abbondare sono anche i pretesti, fasulli, per giustificare la scelta rinunciataria. Ce n’è per tutti i gusti: dalle difficoltà organizzative, fino al rispetto ligio di remote sentenze del Tribunale amministrativo. In questo viaggio nelle crociate culturali al contrario partiamo dalla Sardegna.

BERGOGLIO AL PRESEPE VIVENTE BERGOGLIO AL PRESEPE VIVENTE

 

A Sassari una scuola elementare ha vietato la visita del vescovo agli alunni, tradizione natalizia nelle scuole della città. A sentenziare che la presenza di un rappresentante della fede cattolica era sgradita, questa volta non è stato un dirigente scolastico,ma l’intero consiglio dei docenti. Per gli insegnanti la primaria San Donato, che conta 250 alunni - di cui la metà non cattolici - non ha bisogno di benedizioni . A tentare di mediare è stata la preside che ha proposto che l’incontro si svolgesse fuori dalla scuola,magari nella vicina chiesa e che fosse dedicato solo ai bimbi cattolici o a quelli non dichiaratamente appartenenti ad altre religioni.

 

PRESEPE ele PRESEPE ele

Ma niente da fare: ai docenti il vescovo non garba nemmeno come ospite a casa propria. E l’incontro non ci sarà. Spostandoci a Pesaro troviamo che stavolta ad andarci di mezzo sono i Santi e pure lo stesso Gesù. Una scuola elementare di un paesino della provincia, San Lorenzo in Campo per la precisione,voleva organizzare i canti natalizi, unendo le voci dei bambini a quelle del coro storico del Paese. Il coro ha proposto il suo repertorio, in cui figuravano però canzoni contenenti strofe con riferimenti espliciti al Redentore e ai Santi. «Ah no! Non possiamo certo far cantare ai bimbi musulmani canzoni che parlano di Cristo come salvatore del mondo», avrebbero tuonato dalla scuola.Ma poiché il coro non era disposto a tagliare il repertorio, il progetto è saltato.

 

Il concertino nella scuola si terrà, ma il Natale sarà soltanto sulle note di Jingle Bells e BiancoNatale, due testi a quanto pare, ritenuti innocui dalla ‘censura’. Salendo a Nord Est andiano, a Romano d’Ezzelino, in provincia di Vicenza dove una scuola media per Natale proporrà come piatto forte un bel concerto multietnico, con più della metà dei brani cantati in arabo o nelle lingue africane.

 

IL VESCOVO DI SASSARI PAOLO ATZEI IL VESCOVO DI SASSARI PAOLO ATZEI

L’idea, alla preside, era già venuta lo scorso anno e il concerto si era tenuto tra i malumori di genitori ed insegnanti che non ci trovavano troppo senso. Davanti alle proteste, la dirigente, si era appellata alla parola magica «scelte pedagogiche » una frase che vuol dire tutto o nulla ma che ha il potere di fare desistere i contestatori perché ispirata ai principi di autonomia degli istituti scolastici. Tant’è che davanti a questo mantra nemmeno il sindaco del paesino (che è di Forza Italia) ha potuto nulla, se non invitare la dirigente a cambiare idea. Passiamo ora a Padova, precisamente alla materna comunale “Il Mago di Oz”, nel quartiere Arcella, uno dei più multietnici della città.

 

A quanto pare,anche qui, le recite di Natale sarebbero in via d’abolizione: a riferirlo sono i genitori, magari cattolici o semplicemente amanti della tradizione, che hanno notato modifiche nei preparativi per le attività natalizie. Niente vestitini da cucire, niente filastrocche da imparare a memoria. Qualcosa non va. E, i più preoccupati riferiscono che nella stessa scuola ben presto dal muro potrebbero essere staccati pure i crocifissi. E,ancora a Paderno, in provincia di Treviso, alle scuole elementari di Merlengo:qui la preside giusto per non destare sospetti, ha vietato tutto: non soltanto le recite per le festività, ma anche i compleanni e le foto di classe.«Motivi di sicurezza » ha sostenuto.

 

SPETTACOLO DI NATALE IN UNA SCUOLASPETTACOLO DI NATALE IN UNA SCUOLA

A Pietrasanta, in provincia di Lucca, a fiancheggiare chi le tradizioni cristiane non le vuole più, invece, ci pensano le cooperative: in particolare una che gestisce per conto del Comune alcuni asili nido e che, in questi giorni, aveva deciso di non allestire più il presepe per non urtare la sensibilità di genitori e bambini non cattolici.

 

A farlo sapere è stato lo stesso primo cittadino che durante una seduta del consiglio comunale ha tuonato in aula raccontando il caso e invitando caldamente tutti gli istituti a non seguire quest’idea. E poi, ancora casi simili a Busto Arsizio, in provincia di Varese, nel Piacentino, in una scuola di Monticelli d’Ongina, e a Leini, nel Torinese.

 

Ma in questo tour di censure anti-Natale la palma per il pretesto migliore la vince sicuramente la preside della scuola di Corbetta, nel Milanese. Anche qui sono stati cancellati appuntamenti con il parroco del paese e recite natalizie. Ma non per censurare qualcosa di cattolico, avrebbe precisato la preside ma semplicemente per rispettare le norme antincendio e in ottemperanza ligia di una sentenza del Tar dell’Emilia Romagna del 1993 (sentenza 250/1993) che dichiarava illecite le celebrazioni religiose nelle scuole in orario didattico.

LA RIMOZIONE DEL CROCIFISSO NELLE SCUOLELA RIMOZIONE DEL CROCIFISSO NELLE SCUOLE

 

2 - UN PRESEPE IN SIRIA

Filippo Facci per “Libero Quotidiano”

 

Anzitutto: conoscere l'Islam non può diventare un dovere. Molti talkshow fanno a gara per ospitare degli imam - spesso brave persone - che parlano di «integrazione culturale» e soprattutto chiedono spazi per «spiegare» un po' di Islam anche a noi, così ci integriamo meglio.

 

Mi piacerebbe potergli rispondere che la battaglia per l'integrazione culturale, in Italia, c'è chi l'ha fatta per decenni ma con gli italiani, meglio, tra italiani: una battaglia, ossia, per radicare i principi base dell’educazione civica, i cardini dello Stato di diritto, l'adesione alla carta costituzionale, la parità uomo-donna (su cui non vogliamo ridiscutere nulla) e poi il suolo pubblico che non si può occupare né sporcare, le file che si devono rispettare, persino il corpo che si deve lavare, ma soprattutto una cosa: la laicità dello Stato.

 

filippo facci monte biancofilippo facci monte bianco

Invece succede che la pretesa del «confronto» tra una cultura intrisa di religione e la nostra, purtroppo, sta spingendo la nostra a riarmarsi di tradizioni religiose come se fossero uno scudo. E questo è un brutto passo indietro,a parer mio.Apprendere che la Regione Lombardia vuole «riportare i canti religiosi nelle scuole», o vedere politici che girano le aule a cantare «astro del ciel», beh, no, non mi rende orgoglioso. Vorrei vedere Renzi che a un vertice Nato, tra gente che ha mandato gli aerei in Siria, dicesse: da noi il burka è legale, gli islamici pregano per strada, ma abbiamo reso il presepe obbligatorio.

 

3 - NON FATE DEL PRESEPE UNA BANDIERA

Michele Serra per “la Repubblica”

 

Quasi per imporre militarmente la ri-cristianizzazione di un territorio sconsacrato, ieri una scuola elementare di Rozzano (Milano) è stata meta di una chiassosa processione politica pro-presepe (bambinelli portati da bambinoni). Una risposta sguaiata e prepotente al problema — vero — di come conciliare tradizioni non solamente religiose, come quella natalizia, con la difficile convivenza tra culture.

 

michele serramichele serra

Il dirigente scolastico sotto accusa, dimissionario, ha tenuto il punto con molta dignità, spiegando di non avere censurato niente e nessuno, ma solo respinto la proposta di un paio di madri che volevano, diciamo così, imporre la loro play-list confessionale. Dato per possibile e anzi per probabile il fraintendimento mediatico, rimane la delicatezza di una questione letteralmente minata dalla drammatica contingenza storica (una “guerra santa” che ormai gronda sangue) e aggravata dalle intolleranze, al plurale, che impediscono di ragionare e fanno perdere di vista anche le poche certezze.

 

PRESEPE NELLE SCUOLEPRESEPE NELLE SCUOLE

Una certezza, per esempio, è che l’indiscutibile tradizione cristiana del nostro paese non deve essere rimossa, o snaturata, per non urtare suscettibilità troppo suscettibili. Peggio per i suscettibili. Guai ai suscettibili. Una seconda certezza, che non si oppone alla prima e anzi la rafforza, è che questa identità, se viene brandita come un’arma, non importa se di difesa o di offesa, diventa una imposizione escludente e detestabile, e non solamente in linea di principio, ma in linea pratica: perché esistono italiani cattolici, italiani musulmani, italiani ebrei e italiani atei (per non dire delle altre infinite variabili).

 

E dunque è fondamentale, per una scuola pubblica degna di questo nome, non solamente sembrare ma addirittura essere “scuola di tutti”, inclusiva di ogni identità e di ogni cultura.

PRESEPE NELLE SCUOLEPRESEPE NELLE SCUOLE

È difficile? Sì, è difficile. Ne sa qualcosa il dirigente scolastico di Rozzano, che sicuramente ha agito a fin di bene ma sollevando — come si è visto — un putiferio.

 

Ma da questa difficoltà non è lecito uscire imbrogliando. Imbroglia chi la semplifica inalberando gesubambini, scoprendosi una vocazione devota fin qui non manifesta, come fa la Lega nata pagana e invecchiata vaticana: sbaglia gravemente, sbaglia nei fondamentali, perché riduce la scuola pubblica a un ring nel quale vince chi è più grosso e più grossolano. Specularmente sbaglia chi si illude che omettendo identità, celando le differenze, smussando ogni angolo, si possa favorire un processo di convivenza, forse di integrazione, che invece non può che fondarsi sulla chiarezza reciproca.

 

PRESEPE NELLE SCUOLEPRESEPE NELLE SCUOLE

È il tipico caso in cui le fazioni opposte si tengono bordone, perché la posizione di entrambe nega ogni margine alla convivenza: dire «io non canto le carole natalizie perché non voglio offenderti» oppure dire «io le canto proprio perché tu non le sopporti», è la stessa identica cosa. Entrambe le posizioni presumono, nell’”altro”, l’incapacità congenita di capire, di cambiare, di adeguarsi.

 

Eppure a Rozzano, davanti alla stessa scuola dove Salvini e La Russa si scoprivano supereroi della cristianità, genitori musulmani, in favore di telecamere, dichiaravano di non avere proprio niente contro il Natale. Che facciamo? Li dichiariamo sudboli agenti del jihad, opportunisti che si fingono concilianti per poi prenderci di sorpresa e attentare al bue e all’asinello? O li prendiamo in parola, proviamo ad approfittare della loro attenzione, facciamo la fatica di discutere il da farsi anche con loro piuttosto che ringalluzzire ognuno nel suo pregiudizio, nella sua piccola parrocchia, nella sua piccola identità cazzuta, ostile, spocchiosa?

PRESEPE NELLE SCUOLEPRESEPE NELLE SCUOLE

 

La realtà delle cose, di giorno in giorno, è sempre più amara. È sfavorevole al ragionamento, al compromesso virtuoso, all’intelligenza dell’altro. Provate a dire «no al crocifisso nelle aule, sì a festeggiare Natale nelle scuole», e le opposte tifoserie avvamperanno d’ira. È una partita, questa, nella quale le curve si ingrossano e minacciano, piano piano, di mangiarsi tutto lo stadio. Il ragionamento è in minoranza. La laicità corrosa dalla tentazione di schierarsi, comunque, con il presepe o contro, con il catechismo o contro, con l’Italia cristiana o contro.

 

Opinionisti sedicenti moderati si lasciano scappare, nei loro editoriali, una giustapposizione inesistente tra “cristiani/ musulmani” e “italiani/stranieri”, che è la peggiore lettura possibile della situazione, la più antistorica, la più inconsistente. Nella migliore delle ipotesi uno strafalcione, nella peggiore una truffa ideologica e un’istigazione all’odio.

 

Uguale e contraria è l’illusione, puerile, fallimentare, di negare duemila anni di storia pur di non dirci cristiani, o comunque eredi della cristianità, e solo per questo (ovvero in virtù di una perdita di identità) più adatti all’accoglienza. Una cancellazione di connotati che minaccia di consegnarci senza volto a un appuntamento decisivo.

 

Gli uomini di buona volontà, o perlomeno di volontà non pessima, si trovano, in questo momento, stretti in una tenaglia. Per questo devono sentirsi duri come un sasso, non mollare mai, non cedere allo spirito nefasto della Guerra Santa. Minoranza gentile, ma non silenziosa, tra maggioranze urlanti, questo devono essere gli italiani non disponibili a nascondere Gesù Bambino e nemmeno a lanciarlo contro il nemico.

 

 

 

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