E’ POSSIBILE CHE GIARDIELLO USASSE COCAINA: APPENA ARRESTATO È STATO SOTTOPOSTO AL NARCOTEST - I CARABINIERI ERANO CONTRARI A CONCEDERE A GIARDIELLO IL PORTO D’ARMI MA LA PREFETTURA IGNORÒ IL PARERE

Walter Galbiati e Massimo Pisa per “la Repubblica”

 

CLAUDIO GIARDIELLO CON LA FIGLIACLAUDIO GIARDIELLO CON LA FIGLIA

«Grazie. Grazie per avermi fermato. O ne avrei ammazzati altri». Fino a farla finita, con l’ultimo colpo della sua Beretta calibro 9. In bilico tra ferocia, sollievo e sensi di colpa, gli stessi sentimenti che aveva messo sotto la sella del suo scooterone, immobile dopo la pausa sigaretta al parcheggio delle Torri Bianche di Vimercate, Claudio Giardiello si lascia portare via senza un plissè.

 

«Quelli mi avevano rovinato, dovevo vendicarmi», biascica. Sotto casa, la palazzina verde chiaro a due piani che guarda l’ingresso del cimitero di Garbagnate Milanese, 20 chilometri a nord-est del bersaglio del suo tiro a segno, lo aspettava una cintura di carabinieri in assetto anti-sommossa. Ma a casa, in quell’appartamento dignitoso che comunque avrebbe dovuto lasciare presto perché non se lo poteva più permettere, Giardiello non ci sarebbe mai tornato.

CLAUDIO GIARDIELLO ARRESTATO A VIMERCATECLAUDIO GIARDIELLO ARRESTATO A VIMERCATE

 

Non lo aveva detto a Soiela Barrion, la compagna 33enne con cui era venuto ad abitare qui tre anni fa, che aveva caricato sul sellino posteriore come ogni mattina, che nevicasse o facesse bello come ieri. Lei, filippina, a fare la badante a una coppia di anziani del paese. Lui chissà dove, perché un ufficio non ce l’aveva più, la causa fallimentare gli aveva spolpato tutto e una mano, ormai, non gliela dava più nessuno.

 

claudio giardielloclaudio giardiello

Nemmeno i servizi sociali di Garbagnate, l’ultima porta cui aveva bussato. Marzo. Due colloqui. Il primo per chiedere un aiuto economico, e di questi tempi — gli risposero — proprio non era il caso. Il secondo, lui che si era presentato come immobiliarista, per l’assegnazione di una casa popolare: altro no, e stavolta accompagnato da un consiglio, quello di farsi vedere da uno specialista perché sa, signor Giardiello, lei è un po’ troppo stressato.

 

«La pistola?», gli chiedono i carabinieri che lo fermano. «Me la sono portata dietro, sono entrato normalmente. Ma già al tribunale — sospira Giardiello — speravo che me la trovassero all’ingresso, così non avrei fatto tutto questo ».

 

Già, l’arma. Regolarmente detenuta, il permesso per usarla al poligono di tiro. I carabinieri della stazione di Brugherio — ma di conferme ufficiali non ce ne sono — avrebbero espresso un parere negativo per l’esercizio del tiro a bersaglio ma pareri di questo genere non sono vincolanti e l’uso (rigidamente lì e nell’abitazione, non altrove) gli era stato concesso.

 

METAL DETECTOR - TRIBUNALE DI MILANOMETAL DETECTOR - TRIBUNALE DI MILANO

Con quella 9x21 (lo stesso calibro delle armi in dotazione alle forze dell’ordine) stava andando a Carvico a prendere Massimo D’Anzuoni, il “Predatore” in quella compagnia che per cinque anni, dal 2001 al 2006, aveva funzionato.

 

Del giro, D’Anzuoni (condannato a tre anni di carcere nel 2013 per una storia di speculazione immobiliare e mazzette a Trezzano sul Naviglio, e ora ai domiciliari su nella bergamasca) e “Conte Tacchia”, il nomignolo che si era guadagnato il 57enne immobiliarista beneventano,erano stati i più stretti, condividendo — sono indiscrezioni investigative in attesa di conferma, ma non è un caso che a Giardiello sia stato fatto il narcotest all’ospedale di Vimercate — anche dopo le liti e le carte bollate una certa passione per certa polvere bianca.

 

TRIBUNALE DI MILANOTRIBUNALE DI MILANO

Ora, i guai giudiziari e certe compagnie borderline, Giardiello aveva cominciati a costeggiarli prima dell’affare Miani, l’inizio della sua rovina, già quando aveva cominciato a frequentare l’ambiente degli antiquari. Lui, broker di mobili antichi di famiglie nobili. E qualche “zanza” a insegnargli come fare la cresta.

 

Tra il “Conte Tacchia”, il “Predatore”, il “Comandante” (Giorgio Erba), “Tinto Brass” (Silvio Tonani) e il “Marchesino” (Davide Limongelli, nipote di Giardiello e socio minore) il patto di ferro era stato messo nero su bianco negli uffici della Immobiliare Magenta, la società fondata nel 1993 dal “Conte”. I soci, costruttori, avrebbero dovuto tirare su due palazzine in via Biella, a Milano. Lui, venditore, trovare insieme a Limongelli gli acquirenti.

 

E, tutti, farsi versare un acconto in contanti. E in nero, da spartire: il 25% a Giardiello e Limongelli, il re- sto ai tre costruttori. E ne avevano vendute, di case, e ci avevano lucrato: al 29 settembre 2005 il conto della serva (anche quello finito inchiostro su carta e poi tra gli atti del processo tra gli ex soci litiganti) prevedeva 962mila euro a Giardiello, 393mila a Limongelli e un milione 1.246mila a ognuno degli altri tre.

INGRESSO DEL TRIBUNALE DI MILANOINGRESSO DEL TRIBUNALE DI MILANO

 

Troppo poco, per il “Conte”. Troppo per gli altri soci, che lo avevano pizzicato per l’altro suo vizio: giocare (e perdere, e pagare con assegni, che notoriamente lasciano traccia, intestati a un’altra società da loro partecipata) al Casinò di Campione d’Italia. Gliene avevano chiesto conto.

 

INGRESSO DEL TRIBUNALE DI MILANOINGRESSO DEL TRIBUNALE DI MILANO

«E io vi rovino», la fumantina risposta in stile Giardiello. Seguita da denuncia, datata giugno 2006, a Erba, Tonani e D’Anzuoni. Atto kamikaze con cui Giardiello, oltre a dichiararsi estraneo (ma poi facilmente smascherato) a ogni pagamento in nero e relative spartizioni, aveva innescato due micce: quella del pagamento al fisco dei soldi evasi, e quella di una battaglia legale fatta di controdenunce che aveva finito per prosciugare proprio il “Conte”, insieme alla separazione dalla moglie Anna Siena, alla fine delle fortune immobiliari, al crescente grumo di rancore per tutti: soci, parenti, avvocati che non lo capivano, magistrati che lo vessavano, commercialisti che lo avevano incastrato. Almeno nella sua testa. I nemici, nella sua paranoia delirante.

 

spari al tribunale di milano   4spari al tribunale di milano 4

Arrivato in caserma Claudio Giardiello sospira, si rilassa, crolla. A Vimercate si era messo le mani in tasca, cercava i soldi per un cappuccino al bar, non li aveva. Il calo di zuccheri lo fa crollare, il procuratore aggiunto Alberto Nobili lo raggiunge in ospedale ma il “Conte Tacchia” adesso è muto. Si avvale della facoltà di non rispondere. È stanco. ( ha collaborato Gabriele Cereda)

 

spari al tribunale di milano   2spari al tribunale di milano 2

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…