1. “SE VOGLIO, TI UCCIDO”: COSI' IL DOTTOR MORTE MINACCIAVA I COLLEGHI CHE SOSPETTAVANO DI LUI, MENTRE L’INFERMIERA AMANTE VOLEVA FARE UNA STRAGE DEI PROPRI FAMILIARI
2. CONVINTA CHE IL MARITO E LA MADRE AVESSERO UNA RELAZIONE, “QUEI DUE PORCI”, LI AVEVA AMMAZZATI. MA AVEVA ANCORA SETE DI SANGUE: “VUOI APPENDERLI COME FACEVANO GLI UNNI, TESTA MOZZATA DAVANTI CASA, E ESPOSTA AL PUBBLICO LUDIBRIO FINCHÉ NON SI SCARNIFICA”, LE DICE IL VICEPRIMARIO. E AVEVA MESSO L’ACIDO SUI POMODORI DELLA SORELLA DEL SUOCERO
3. LEI, AL FIGLIO DI 11 ANNI: “NON PUOI TIRARE FUORI LA KATANA E INFILZARE QUALCUNO. DEVI RAGIONARE, NON TI DEVI FAR SCOPRIRE. AD ESEMPIO, TUA NONNA NON VUOLE ESSERE CREMATA, QUINDI È UN CORPO CHE PUÒ ESSERE RIESUMATO PER TROVARE UN SACCO DI PROVE, CAPITO?”
4. I DUE SI SENTIVANO INTOCCABILI PERCHÉ AVEVANO BRUCIATO I CADAVERI, ED ERANO COPERTI DAL PRIMARIO E DA UN’INFERMIERA, INDAGATI CON MOLTI ALTRI CHE NON HANNO DENUNCIATO

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  1. “SE VOGLIO TI UCCIDO” LA MINACCIA DEL DOTTORE PER FAR TACERE I COLLEGHI

Paolo Berizzi per la Repubblica

 

Si confrontano, Leonardo Cazzaniga e Laura Taroni. «Dalla cremazione non possono ricostruire niente, giusto? ». «E no eh… — fa lui— Ma poi devono avere delle prove cocenti per riesumare le ceneri, e casomai i cadaveri». Al plurale: i cadaveri. Cinque, finora (morti tra 2013 e 2014). Due cremati. L’ex marito e la madre della Taroni.

 

lorenzo cazzaniga lorenzo cazzaniga

«Quelle due bestie», li chiama l’infermiera parlando con la cugina Filomena detta “Nené”. Si sfogava, e parlava di tutto, a ruota libera. Anche dopo avere saputo che i carabinieri indagavano sulla coppia delle fiale: lei e l’amante anestesista. E che, dal pronto soccorso dell’ospedale di Saronno, stavano convocando testimoni a nastro. «A me che cazzo me ne frega se sono morti quei due lì» . Avvisi di garanzia? «Mi vengano a dire qualcosa… Tanto i corpi sono bruciati».

 

È uno sprofondo riempito di odio e violenza quello che emerge dalla carte giudiziarie della procura di Busto Arsizio. Un abisso inquietante dove a un certo punto non si scorge più il confine tra quello che è accaduto e quello che ancora sarebbe potuto accadere. Minacce di morte alle infermiere in corsia; piani di omicidio e «stragi»; omissioni, insabbiature, confessioni shock. Sta tutto nelle intercettazioni — alcune sconvolgenti — allegate alla richiesta di misura cautelare firmata dal procuratore Gian Luigi Fontana e dal sostituto Maria Cristina Ria.

 

FAMILIARI DA TORTURARE

Laura Taroni era accecata dalla rabbia. Mostrava di detestare profondamente il marito Massimo Guerra e tutta la sua famiglia. E anche parte della propria. Un sentimento viscerale e incontrollabile sfociato — ritengono gli inquirenti, alcuni dialoghi registrati sono inequivocabili, inchiodano la donna alle sue pulsioni — in «azioni portate a compimento» .

 

 Massimo Guerra, il padre Luciano, lo zio Nazzareno (2013). La madre della Taroni (Maria Rita Clerici, 2014). «Io una strage la farei volentieri», annuncia ancora lei al telefono (maggio 2015) a Leonardo Cazzaniga. «Lo so amore, sei furibonda con loro, ti sei fratturata anche una mano ». In uno scatto d’ira l’infermiera 40enne aveva tirato un pugno al muro. Erano così frequenti le volte in cui la rabbia la assaliva che il figlio un giorno le propone un aiuto: «Mamma vado a prenderti la katana (la spada dei samurai, ndr)» .

 

lorenzo cazzaniga laura taroni lorenzo cazzaniga laura taroni

Chi meglio la conosceva, Laura, del Cazzaniga, l’amato anestesista che si credeva un “dio” e si presentava ai colleghi come “l’angelo della morte”. «Hai un’ira dentro che ti sballa completamente — è la diagnosi offerta dal medico all’amante in una delle decine di conversazioni intercettate — Li tortureresti, ne faresti di tutti i colori (ai familiari, ndr). Li accopperesti e poi li appenderesti come facevano un tempo gli unni. Le teste mozzate davanti a casa, sulla picca, su un pezzo di legno. E le metteresti al pubblico ludibrio finché la testa non si scarnifica. Poi torneresti a casa a berti un caffè».

 

Taroni adesso è in una cella del “Bassone”, il carcere di Como. La cugina Nené era stata involontariamente profetica, suggerendole la linea da tenere, nel caso, con i carabinieri: «Tutto da presentare come dio comanda… Altrimenti per te si aprirebbero le porte del Bassone… » . Sentite come la descrive lui, Cazzaniga: «Lo so amore, sei come un lupo affamato dentro un ovile. Affamato perché non mangia da un mese ma non può toccare le pecore» .

 

Quando lei gli diceva che sentiva la «voglia di uccidere», anzi di uccidere ancora — se si guardano le date, siamo nel 2015 — lui la calmava: «Hai due figli, ricordatelo ». Istinto confessato dalla Taroni anche alla psicologa. «Ma lei non lo sa che lo hai fatto», la incalza Cazzaniga.

 

IL TERRORE IN REPARTO

Clelia L. era infermiera al pronto soccorso delle morti sospette. È lei che il 20 giugno 2014 denuncia Leonardo Cazzaniga ai carabinieri. L’anestesista viceprimario le rivolge — stando al verbale — questa minaccia: «Tu da ora in avanti sei finita, io potrei ucciderti in qualunque momento. Tu qui non lavorerai mai più tranquilla, ti farò pagare qualsiasi minimo errore ».

 

Altri testimoni lo hanno riferito: il clima in reparto, quando era di turno Cazzaniga, era «pesante» . È scritto nero su bianco — questo sì, ma solo questo — anche nella relazione della Commissione interna istituita nel 2013 dall’azienda sanitaria per far chiarezza sull’operato del medico e su alcuni decessi dubbi. Sintesi: «Conflittualità con i colleghi».

 

ospedale di saronno ospedale di saronno

Ma tant’è, l’autore del “protocollo” (il mix di sedativi somministrati in dosi eccessive ai pazienti anziani, fino a causarne la morte), era richiesto. Soprattutto dalla sua amante infermiera. «Abbiamo bisogno di una tua procedura», lo convoca un giorno. Determinatissimo il viceprimario. Ma quando poi la situazione inizia a prendere una brutta piega, e i fari dei carabinieri si accendono, Cazzaniga rincula. «Stanno cercando di arrivare a me... Molti avrebbero piacere nel vedermi alla griglia, alla gogna, messo in galera, vessato». L’amante lo consola. E butta lì: «Chiamo Nicola, lui conosce i magistrati più grandi di Roma» .

 

I CASI PIÙ GRAVI ERANO SUOI

Rosolato sulla griglia degli investigatori. Ma “assolto” dai medici e dai dirigenti della Commissione interna del suo ospedale. È il destino, tre anni fa, di Cazzaniga. Il quale somministrava sì fialoni, e però per gli esaminatori andava tutto più o meno bene.

 

Graziato dai colleghi in camice. Possibile? Sì. Perché? La giustificazione, agli atti, è: «La maggior parte dei decessi si registra quando c’è Cazzaniga. Ma questo è dovuto al fatto che, in quanto medico esperto e anziano, gli vengono assegnati i casi più gravi». Pazienti anziani. Molto critici.

 

RELAZIONI EXTRACONIUGALI

Secondo la procura di Busto, è da attribuire a Cazzaniga e Taroni, in concorso, il decesso del marito di quest’ultima, Massimo Guerra (imbottito di farmaci dopo una falsa diagnosi di diabete). Lei lo odiava, voleva vederlo finito. «Io prego che tu muoia e non succede mai», ringhia. L’infermiera era convinta che il marito avesse una relazione incestuosa con sua madre (di lei. Ne parla in modo esplicito, con dovizia di particolari e insulti, con la cugina Filomena «Quelle due bestie».

 

ospedale di saronno ospedale di saronno

Voleva fargliela pagare a Massimo l’agricoltore: a lui e alla madre. E così ha fatto — almeno stando ai riscontri investigativi. «Se non lo avesse ucciso, lo avrei ucciso io...». È lei che si incastra. «Cazzo me ne frega, tanto i corpi sono bruciati». Si raccomanda anche alla solita cugina, convocata dai carabinieri di Cernobbio. «Tu non dire niente ». E Cazzaniga: «Andrà tutto bene amore, tranquilla, sono tutte illazioni».

 

 

  1. "SOTTOVALUTATE LE DENUNCE INTERNE" I PM VOGLIONO ARRESTARE IL PRIMARIO

Fabio Poletti per la Stampa

 

Il prossimo capitolo delle indagini potrebbe riguardare il primario del Pronto Soccorso, Nicola Scoppetta. Il pubblico ministero di Busto Arsizio, Cristina Ria, aveva chiesto il suo arresto ai domiciliari insieme alla custodia in carcere per Leonardo Cazzaniga e Laura Taroni. Il giudice Luca Labianca non aveva ritenuto che ci fossero gli estremi. La Procura di Busto ha fatto ricorso in appello.

 

Le accuse contro il primario che fece parte pure della commissione d' inchiesta dell' ospedale sulle morti sospette al Pronto Soccorso sono quelle di sempre: «Il dottor Nicola Scoppetta non ha denunciato il comportamento di Leonardo Cazzaniga. Aiutava il medesimo a eludere le investigazioni dell' autorità. Contro ogni evidenza scientifica esprimeva un giudizio di correttezza professionale e deontologica dell' operato di Leonardo Cazzaniga. Dissuadeva gli infermieri dal presentare denuncia. In tal modo determinava un ritardo delle indagini».

 

Ad accusare il primario finito nel registro degli indagati insieme ad altre 13 persone tra medici, infermieri e dirigenti d' ospedale - il reato ipotizzato è omessa denuncia e favoreggiamento - sono due lettere di infermieri del Pronto Soccorso che lavoravano a stretto contatto con Leonardo Cazzaniga.

 

Clelia Leto che nel 2014 presenterà un esposto ai carabinieri, l' 11 aprile 2013 scrive ai vertici dell' ospedale: «In alcune occasioni il dottor Cazzaniga ha minacciato di applicare il suo protocollo a pazienti che vengono inviati dal 118 in codice rosso o in generale nei confronti di malati che secondo il suo giudizio non devono godere delle cure primarie. Trovo questi atteggiamenti lesivi dell' etica professionale. Vorrei sottoporre al Vostro giudizio le procedure terapeutiche da Lui adottate».

lorenzo cazzaniga laura taroni lorenzo cazzaniga laura taroni

 

Un altro infermiere, Iliescu Radu, tre giorni dopo scrive una lettera con gli stessi toni: «Nel giro di pochi minuti si è constatato il decesso di un paziente. Il dottor Leonardo Cazzaniga ha scritto nel referto di aver somministrato 60 mg di midazolam e 200 mg di propofol. Alla domanda come mai avesse adottato quella terapia mi è stato detto che non potevo capire. Come devo comportarmi?».

 

L' inchiesta interna dura poche settimane. Gli infermieri non vengono sentiti. Non vengono condotte indagini cliniche oltre all' acquisizione delle cartelle del Pronto Soccorso. Il 13 maggio 2013, appena un mese dopo la denuncia degli infermieri, Nicola Scoppetta chiude il caso del dottor Leonardo Cazzaniga con una sua relazione: «Non ritengo si evidenzi una deviazione nei comportamenti». I consulenti tecnici del magistrato - medici piemontesi per evitare interferenze - tirano altre conclusioni: «Il tipo di condotta è chiaramente in contrasto con il corretto comportamento professionale».

 

Sotto i raggi X ci sono 80 cartelle cliniche firmate da Leonardo Cazzaniga. Una dozzina sono più che sospette ma 45 sono ancora da esaminare. Oggi ci saranno gli interrogatori del medico e dell' infermiera che in carcere si dice preoccupata dei figli. Quelli che si temeva potesse uccidere, come si legge in alcune intercettazioni, tanto che pure per questo i carabinieri le hanno messo in casa telecamere spia per oltre un anno e mezzo.

 

 

  1. «C' È UN PAZIENTE DI LÀ LO DOBBIAMO UCCIDERE COME MICHAEL JACKSON»

Luca Fazzo per il Giornale

 

Non sarà facile oggi, per il dottor Leonardo Cazzaniga rispondere al primo interrogatorio del giudice Luca Labianca.

Nelle carte dell' accusa ci sono non solo le consulenze sui cinque pazienti che l' anestesista di Saronno è accusato di avere ammazzato. Ci sono anche intercettazioni esplicite e sconcertanti su di lui e sulla sua amante, l' infermiera Laura Taroni. Ma esplicite sono anche le intercettazioni sulle coperture di cui Cazzaniga ha goduto all' interno dell' ospedale.

laura taroni laura taroni

 

«LI AMMAZZAVA»

 Giuseppe Di Lucca e Patrizia Erba, due dipendenti dell' ospedale, commentano l' interrogatorio. «Li ammazzava?» «Si gli faceva il Propofol in endovena» «E secondo te è una terapia eccessiva quella?». «Cazzo lo ha ammazzato (...) mi ricordo che era incontattabile, aveva questo delirio dell' onnipotenza, ci penso io a risolvere tutto. Era andato fuori di testa».

 

LA TESTA SULLE PICCHE

Cazzaniga parla con la Taroni, inferocita contro alcuni suoi parenti: «Eh lo so cosa faresti tu... li appenderesti come facevano un tempo gli unni tu! Testa mozzata davanti a casa e la appenderesti sulla picca e la metteresti al pubblico ludibrio finché la testa non si scarnifica. Ma non puoi farlo, capito?».

 

L' ACIDO SUI POMODORI

 La Taroni spiega alla babysitter di avere versato un potente solvente sui pomodori di Irma Guerra, anziana sorella sordomuta del suocero. «Cazzo, ma l' idraulico liquido non ha fatto una cippa eh?». «È vero!». «E dopo chi li mangia? Non avvisi la zia Irma, che sono avvelenati?». «Ma che cazzo avviso! Gliel' ho buttato giù apposta!».

 

IL NONNO SI SALVA

La Taroni manifesta il proprio desiderio di uccidere suo nonno Angelo. «Guarda, stamattina avrei voluto sparargli in testa». E Cazzaniga spiega che se non fosse partita l' inchiesta interna si potrebbe ucciderlo con il «protocollo»: «Se non avessimo quei trascorsi che abbiamo avuto probabilmente faremmo una scelta di un certo tipo no?».

 

UN INFARTACCIO

Nel mirino anche l' ex marito della cognata, colpevole di lesinare sugli alimenti. Dice la Taroni: «Non lo so, se un giorno venisse giù in ospedale da noi... trac! Tra il chiaro e lo scuro via, gli è venuto un infartaccio». E ride.

 

lorenzo cazzaniga laura taroni lorenzo cazzaniga laura taroni

USIAMO LA KATANA

Nei suoi progetti di ammazzare i parenti, la Taroni coinvolge anche il figlio undicenne. Il bambino le dice: abbiamo una alleata. «Dimmelo perché almeno sono tranquilla che ho un' altra persona dalla mia parte», «Non è una persona», «E che è?», «La sua katana!», «Non è così semplice, non puoi passare a filo di lama tutti», «Guarda mamma, non sai quanto le nostre menti omicide messe insieme siano così geniali», «Ma Fabio l' omicidio deve essere una cosa per cui non ti scoprono; se ti scoprono che vai in galera che cazzo fai? Perdi anche l' opportunità di avere la casa, te la portano via eh! Allora non fare il cretino!

 

Bisogna pensarla bene, non è che tu ti svegli la mattina e dici ah passo a filo di lama quello, no! Non è così che si pensa bene un omicidio! L' omicidio va pensato, vanno pensate le concause! Va pensato al fatto che ad esempio tua nonna Maria non vuole essere cremata, quindi è un corpo che può essere riesumato e quindi da li possono tirare fuori un sacco di cose, capito?».

 

COME MICHAEL JACKSON

La Taroni, in servizio in ortopedia, chiede all' amante un aiuto per eliminare un paziente scomodo. «Ascolta abbiamo bisogno di una tua procedura, di una procedura Cazzaniga. Vieni qua che abbiamo bisogno di un po' di curaro» «Propofol e curaro?» «Propofol e curaro, come Michael Jackson».

 

BISOGNO DI UCCIDERE

La Taroni racconta a Cazzaniga di un suo colloquio con uno psichiatra. «Io ogni tanto ho questa voglia di uccidere qualcuno, ne ho bisogno», «Ne hai parlato con la psichiatra?» «Sì, ma di me ha detto: però non lo fa», «Ma lei non sa che l' hai fatto».

 

CAZZANIGA PARLA DA SOLO

 Dopo essere venuto a sapere dell' avvio delle indagini, il medico, che è in auto da solo, ragiona a voce alta: «L' impianto accusatorio deve reggersi non su ipotesi banalmente campate in aria ma su prove concrete, su fatti... dove sono i fatti? Dove sono le prove per riesumare i cadaveri?».

 

NON È EUTANASIA

Sotto l' avanzare dell' inchiesta, Cazzaniga spiega alla Taroni come intende difendersi. «Tu non pensi che io possa correre un rischio di essere accusato di omicidio volontario? Se si documenta che io ho praticato l' eutanasia...». «Ma non diciamo stronzate, l' eutanasia è un' altra cosa. L' eutanasia è quando uno è ancora lucido, che ti chiede di porre fine alla sua vita, questa è l' eutanasia».

 

L' OMERTÀ PREMIATA

Un medico, Simona Sangion, viene indagata per avere aiutato Cazzaniga a falsificare le analisi del marito della Taroni, che verrà ucciso a forza di farmaci. Si sfoga con la mamma: «Io verrò radiata dall' albo dei medici, ma io tiro dentro tutti. Visto che loro non mi difendono, io non difendo loro».

 

I vertici dell' ospedale però le garantiscono un futuro, e i toni della donna cambiano. «Il Valentini ha voluto parlarmi, mi ha detto che... lui non ha intenzione di cambiare niente di quello che era successo precedentemente, che comunque ha intenzione di assumermi a tempo indeterminato... sì mamma, sono solo parole».

LORENZO CAZZANIGA SARONNO LORENZO CAZZANIGA SARONNO

 

A rassicurarla definitivamente provvede il suo superiore, Nicola Scoppetta. La Sangion gli chiede «Perchè l' altro giorno mi hai chiesto quando ho le ferie, che non ho ben capito? » «Perché stiamo mettendo fuori i... stiamo preparando il bando di concorso» «Per che cosa?» «Per rinnovarti l' incarico».

 

IL PROTOCOLLO CAZZANIGA

Che la stessa dottoressa conoscesse perfettamente cosa accadeva al pronto soccorso quando era di turno Cazzaniga, lo ammette la stessa Sangion nel suo interrogatorio. Ha mai sentito parlare di un cosiddetto protocollo Cazzaniga?

 

«Ne ho sentito parlare nell' ultimo anno direttamente dal dottor Cazzaniga in 3 o 4 circostanze quando mi è capitato di essere in turno con lui in presenza di pazienti agonizzanti o in stato terminale. Ho sentito Cazzaniga dire a alta voce con lui applichiamo il protocollo Cazzaniga. Cazzaniga gestisce questi pazienti a cui probabilmente somministra farmaci per accelerarne la morte».

 

E l' infermiera Jessica Piras: «Sono stata testimone di quello che è a tutti noto come il protocollo Cazzaniga. Tutti in reparto e non solo hanno sentito parlare di questo protocollo. Ho personalmente sentito il dottor Cazzaniga parlare di pazienti in questi termini: Questo è un paziente da sottoporre al mio protocollo. Questi, puntualmente, morivano poco dopo in pronto soccorso».

 

 

 

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