STATE IN CAMPANA QUANDO ANDATE ALL’IKEA: IN FRANCIA UN UOMO E SUA FIGLIA SONO FINITI IN PRIGIONE PER AVER SBAGLIATO A “SCANNERIZZARE” DEI BARATTOLI ALLA CASSA SELF SERVICE - LA STORIA: “AVEVAMO DA PAGARE I BARATTOLI PIÙ QUALCHE OGGETTO PER LA CASA, ANDIAMO ALLA CASSA E PASSO LO SCANNER SU QUELLI CHE PAGO IO E POI SU QUELLI DI MIO PADRE. USCIAMO DALLA CASSA E L’AGENTE DELLA SICUREZZA CI FERMA DICENDO CHE…”

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Stefano Montefiori per www.corriere.it

 

EMILIE GUZZO EMILIE GUZZO

Una ragazza di Strasburgo, Émilie Guzzo, ha raccontato ieri su Twitter come sia finita in cella, assieme al padre, per essersi sbagliata a passare degli articoli alla cassa self service dell’Ikea. Dopo migliaia di condivisioni e proteste online, Ikea France oggi si è scusata e ha ritirato la denuncia. Resta un’esperienza angosciante per padre e figlia e la sensazione, a leggere la sua storia, che sia impossibile fermare l’ottusità e la macchina burocratica una volta che si sono messe in moto.

 

L’acquisto «Bene, adesso vi racconto come sono finita in custodia cautelare a causa dei tupperware di Ikea - comincia Émilie -. Lunedì scorso sono andata all’Ikea con mio padre per comprare dei barattoli di vetro che avevamo visto online, ne restavano solo qualcuno sullo scaffale, ne abbiamo presi quattro che erano chiusi con un coperchio (dettaglio importante per il seguito). Dunque avevamo da pagare i barattoli più qualche oggetto per la casa, andiamo alla cassa per pochi articoli e passo lo scanner su quelli che pago io e poi su quelli di mio padre tra i quali i quattro barattoli, mentre chiacchieriamo.

 

EMILIE GUZZO EMILIE GUZZO

Usciamo dalla cassa e l’agente della sicurezza ci ferma dicendo che abbiamo passato male lo scanner sui barattoli. Lo lasciamo controllare e in effetti c’erano un prezzo sul coperchio e un altro per il barattolo, io non me ne ero accorta dunque dico all’agente che è colpa mia, li ho presi assieme così com’erano e non ho controllato. Mio padre vuole comunque pagare subito i quattro barattoli, il tipo dice venite con me all’ingresso, devo solo avvisare il mio superiore per il pagamento (cominciano i problemi).

 

Avverte il direttore che dice ”non muovetevi arrivo”, io aspetto tranquilla con il carrello accanto a me. Il direttore (svedese credo) chiede a mio padre che cosa è successo, lui lo racconta da capo e si scusa ancora, vuole pagare. Ma il direttore guarda mio padre e gli dice ”insomma avete rubato”. Mio padre risponde ”no, le dico che non abbiamo fatto attenzione, colpa nostra, ma non abbiamo voluto rubare”, ma il direttore continua trattandoci da ladri e mio padre comincia a innervosirsi.

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Mi dico che forse è meglio intervenire e dico ”mi spiace colpa mia ho passato male gli articoli” e lui che cosa mi risponde? ”Dunque sei tu la ladra!!” E mio padre si arrabbia ancora di più. Il direttore dice ”quindi non ammettete che avete voluto rubare, allora faccio una deposizione di furto”, mio padre dice ”ovviamente non la firmiamo”, il direttore dice ”ok chiamo la polizia”».

 

L’arrivo della polizia «Dunque ci mettono in una sala, il direttore chiama la polizia, io penso ”stasera volevo stirare”, mio padre mi dice ”che cosa vuoi che ci facciano, non abbiamo fatto niente” (che ingenua, gli ho creduto). La polizia arriva, una donna con i suoi allievi poliziotti, siamo restati con loro ma nessuno ci ha rivolto la parola, l’agente ha parlato solo con il direttore, mi dicevo finalmente torniamo a casa ma invece che succede? La poliziotta viene da me e mi dice ”la portiamo via per furto organizzato, adesso arriva un’altra pattuglia per trasportare suo padre, lei viene con me” e aggiunge ”se provi a scappare ti sparo con il taser”. Faccio il viaggio in macchina verso il commissariato, nessuno mi parla, mi chiedono solo se ho bevuto».

 

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In commissariato «Ci dicono che staremo in cella 24 ore, mio padre cerca di spiegare di nuovo la situazione, dice che il giorno dopo deve lavorare e io pure, nessuno ci ascolta. Comincio a diventare bianca, ripeto che ho solo sbagliato a passare lo scanner sul prezzo dei barattoli». Segue un delirio tra le celle con i detenuti che sbattono le mani sui vetri, le tasche svuotate, i lacci delle scarpe tolti così come il reggiseno, infine la cella «minuscola e sporchissima». Poi cambia il turno al commissariato, il padre dice al nuovo agente «ma noi abbiamo solo sbagliato a passare lo scanner su quattro barattoli», lui per fortuna capisce che qualcosa non torna, avvisa i superiori e la giudice, alla fine padre e figlia escono dopo tre ore in cella.

 

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Le scuse «Privilegiamo sempre il dialogo e ci rincresce sinceramente per questa situazione - ha tuittato Ikea France -. Ci impegniamo a ritirare la nostra denuncia e presentiamo le nostre scuse». La morale è riassunta da Émilie: «Fate attenzione alle casse, passate bene i vostri articoli e non dimenticate che potete andare in custodia cautelare per dei barattoli».

 

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