TOSCANA MALA-NDRINA - LEDO GORI, IL CAPO DI GABINETTO DEL PRESIDENTE EUGENIO GIANI, È FINITO SOTTO INCHIESTA: GLI VIENE CONTESTATO IL REATO DI CORRUZIONE PER ATTI CONTRARI AI DOVERI D’UFFICIO - AVREBBE FATTO PRESSIONI CON IL GOVERNATORE PER CONTO DELL’ASSOCIAZIONE DEI CONCIATORI, A CUI VENGONO CONTESTATI GLI SVERSAMENTI DEGLI SCARTI DEL COMPARTO – INDAGATI ANCHE IMPRENDITORI CONSIDERATI CONTIGUI ALLA COSCA CALABRESE DEI GALLACE

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Fabio Amendolara per “la Verità”

 

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I tentacoli delle cosche calabresi che hanno infiltrato la Toscana erano arrivati a lambire le stanze dei bottoni della Regione. Nell' ufficio di gabinetto del governatore Eugenio Giani, guidato da Ledo Gori, infatti, si sarebbe consumato uno scambio affaristico che aveva anche una finalità politica: la conferma di Gori nel suo ruolo da 100.000 euro annui, in cambio del sostegno elettorale per il candidato governatore.

 

L' inchiesta, che conta 19 indagati, ruota attorno a presunti reati ambientali, contestati a un cartello fiorentino di conciatori di pelli, per gli sversamenti degli scarti del comparto conciario.

 

In sostanza le ceneri di risulta dei rifiuti conciari classificati come «Keu», ovvero altamente inquinanti, venivano mischiati con altri materiali e, classificati come materia prima per l' edilizia, riutilizzati come inerti anche per i ripristini ambientali.

 

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Circa 8.000 tonnellate sarebbero state usate per la realizzazione del quinto lotto della strada 429, nel tratto che collega Empoli a Castelfiorentino. Nell' inchiesta, che ieri ha prodotto sei arresti (ma che fa parte di un' indagine più ampia che in totale ha portato alle detenzione di 23 persone), sette interdizioni dall' attività di impresa e due sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti, sono indagati anche imprenditori considerati contigui alla cosca dei Gallace da Guardavalle (Catanzaro), che dopo aver preso il controllo di una storica impresa di Vicchio, la Cantini Marino, avrebbero sbaragliato la concorrenza aggiudicandosi importanti commesse pubbliche per la fornitura di materiale inerte.

 

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A Gori viene contestato il reato di corruzione per atti contrari ai doveri d' ufficio e l' abuso d' ufficio. La Procura antimafia ritiene che abbia svolto il ruolo di intermediario tra l' associazione dei conciatori e i vertici della regione.

 

Gori, ritengono i pm Giulio Monferini e Eligio Paolini, avrebbe preso a cuore proprio le esigenze dell' associazione conciatori: dallo spostamento di dirigenti non graditi alla preparazione di leggi utili al cartello, «agevolando» l' Associazione dei conciatori, sostiene l' accusa, «nel rilascio delle concessioni autorizzative e nelle emissioni di provvedimenti normativi, nonché ostacolando i controlli dell' autorità».

 

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In cambio i conciatori avrebbero posto a Giani una condizione: bisognava riconfermare Gori, già capo di gabinetto dell' uscente Enrico Rossi. Ma Gori, stando alla ricostruzione dell' accusa, aveva anche una madrina di peso: Giulia Deidda, sindaco dem di Santa Croce sull' Arno (Pisa), nonché presidente del consorzio tecnologico conciario Poteco e accusata di associazione a delinquere.

 

Dalle carte dell' inchiesta emerge che si sarebbe impegnata in prima persona per fare in modo che ai vertici degli enti di controllo sulle attività dell' impianto di depurazione del consorzio Aquarno venissero nominate persone gradite ai conciatori, alcuni dei quali in odore di 'ndrangheta.

 

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Poi avrebbe attivato un' azione di pressing su Giani (estraneo alle indagini) per la conferma di Gori e si sarebbe posta in un «ruolo di raccordo» tra la politica e gli imprenditori nell' ambito della raccolta di contributi elettorali, orientandoli verso i politici più sensibili per le istanze dei conciatori. E, così, è finito indagato pure il consigliere del Partito democratico Andrea Pieroni, accusato pure lui di corruzione per atti contrari ai doveri d' ufficio.

 

L' abuso d' ufficio, invece, viene contestato al direttore del settore Ambiente della Regione Toscana, Edo Bernini. Ci sarebbero legami, definiti dai carabinieri «di comodo», con la «pubblica amministrazione» per l' assegnazione diretta di lavori per importi sotto soglia disposti dal Consorzio di bonifica Valdarno, «sui quali», precisano i carabinieri, «sono in corso approfondimenti».

 

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Ma è emerso anche che il titolare dell' impianto di trattamento di materiali riciclati dai fanghi delle concerie di Santa Croce sull' Arno, Francesco Lerose da Crotone, «fosse in stretto contatto con ambienti di spessore criminale della cosca Gallace».

 

È attorno a questo indagato che l' indagine ribattezzata «Keu» dai carabinieri forestali si è fusa con l' attività sulla cosca Gallace denominata «Calatruria» che stavano portando avanti gli investigatori del Ros e che era partita con il sequestro di 130 chili di cocaina, il 5 maggio 2017, nelle vicinanze della Terrazza Mascagni a Livorno, portando a 17 arresti.

 

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«Che la criminalità organizzata avesse, purtroppo, solide basi anche in Toscana era ormai noto», tuonano dal gruppo della Lega in consiglio regionale della Toscana, «quello che colpisce, però, è un' ipotizzata connivenza fra il comportamento illegale di alcune aziende e il mondo politico regionale».

 

Alza la voce anche il Movimento 5 stelle, che nonostante a livello nazionale stia lavorando per l' alleanza incestuosa con il Pd, sottolinea «tutta la debolezza della Regione Toscana e forse anche una sottovalutazione del fenomeno da parte di chi la governa se tra gli indagati compaiono perfino dirigenti di enti pubblici e politici».

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