1. INDIPENDENZA DALLA POLITICA? MACCHÉ! LE NOMINE DEL MONTE DEI PASCHI DI SIENA SONO STATE SEMPRE DECISE DIRETTAMENTE NELLE RIUNIONI DEI DS PRIMA E DEL PD POI! 2. L’EX SINDACO SENESE CECCUZZI, MOLLATO DOPO LE INDAGINI SUL PASTIFICIO AMATO, VUOTA IL SACCO E BOMBARDA IL PARTITO CENTRALE: “LE DECISIONI VENIVANO PRESE A ROMA” 3. LA NOMINA DI ARROGANCE PROFUMO? ALL’EX BANCHIERE D’ORO DI UNICREDIT FU OFFERTA DA MASSIMO D’ALEMA IN PERSONA IN UN INCONTRO PRESSO LA SEDE DI ITALIANIEUROPEI 4. L’ACQUISIZIONE FOLLE PER 10 MILIARDI DI ANTONVENETA? “NEL PARTITO ERANO FASSINO, D’ALEMA E CHITI A VOLERE CHE MPS DIVENTASSE PIÙ IMPORTANTE A LIVELLO NAZIONALE”. ANCHE VELTRONI FU INFORMATO E PRESE ATTO. IL RUOLO DI VISCO, AMATO E BASSANINI 5. GRAN FINALE CON L’ATTACCO DEL COMPAGNO CECCUZZI AL SINDACATO: “LA CGIL HA AVUTO SEMPRE UN PESO FORTISSIMO ALL'INTERNO DI MPS, HA NOMINATO TRE SINDACI”

1 - "COLLOQUI CON VERTICI DS E PD PER IL CONTROLLO DELLA BANCA"
Fiorenza Sarzanini per "Il Corriere della Sera"

La nomina dei manager e le scelte strategiche per la gestione del Monte dei Paschi di Siena hanno sempre avuto l'avallo dei Ds prima e del Pd poi. Il controllo politico della banca e della Fondazione emerge dall'indagine sull'acquisizione di Antonveneta e viene riconfermato adesso da quei dirigenti locali del partito che sono diventati testimoni chiave dell'inchiesta.

Il principale è certamente Franco Ceccuzzi, sindaco di Siena da maggio 2011 a maggio 2012. In occasione delle ultime elezioni voleva candidarsi alle primarie, si è ritirato quando è stato indagato dalla procura di Salerno proprio per un finanziamento concesso da Mps al «Pastificio Amato». È amareggiato e non lo nasconde ora che, seduto al tavolino di un bar del centro di Siena, conferma quanto ha già raccontato a verbale un anno e mezzo fa, il 5 ottobre 2012.

Le «scelte oculate» di Fassino
«Come segretario provinciale dei Ds nel 2006 ho partecipato a diverse riunioni per raggiungere un accordo sulla governance della banca. Quando il presidente non poteva essere riconfermato aprimmo la discussione sul successore. Passò l'ipotesi di nominare Giuseppe Mussari presidente e Lionello Mancini presidente della Fondazione Mps. Io ne parlai con l'onorevole Alberto Monaci, il sindaco Maurizio Cenni, il presidente della Provincia Fabio Ceccherini, Simone Bezzini e Graziano Battisti, segretario provinciale della Margherita.

Quando non si parlava di loro, partecipavano anche Mancini e Mussari. Si cercava sempre di trovare una sintesi tra la Provincia e il Comune affinché tutti fossero rappresentati. Prima delle nomine ebbi un colloquio con l'onorevole Piero Fassino, che all'epoca era il segretario del partito, e lui mi disse di fare scelte oculate per il bene della banca e del territorio. Però posso assicurare che da parte dei dirigenti nazionali non vi fu alcuna ingerenza».

L'ex sindaco non nega una vera e propria spartizione. E spiega: «Nel 2009 si decise di portare i componenti del consiglio di amministrazione di Mps da 10 a 12 per rispettare le proporzioni del consiglio regionale e di quello provinciale. I componenti del cda indicati dalla Fondazione erano uno dell'opposizione, due dell'ex Margherita e tre dell'area ex Ds. Comunicai queste scelte a Walter Veltroni e lui si limitò a prendere atto. In quel periodo si parlava molto di un ampliamento della banca e su questo presero pubblicamente posizione Fassino, D'Alema e Chiti».

Incontri con Bersani e D'Alema
Poi Ceccuzzi torna a parlare della strategia che ha portato a un cambio dei vertici. Spiega che nell'aprile del 2012 è stata fatta una «scelta di rottura scegliendo presidente e direttore generale non senesi» e rivendica di aver «proposto un cambiamento radicale dal momento in cui sono diventato sindaco».

Lo aveva raccontato anche ai magistrati ricordando di aver «proposto a Mussari di cambiare, mentre lui si opponeva dicendo che il management l'aveva scelto lui. La situazione precipitò nel novembre 2011 quando Vigni mi disse di rompere con il passato anche per dare un segnale al mercato. Io ne parlai con il provveditore della Fondazione Claudio Pieri e con Mancini che però mi sembrava contrario.

Alla fine decidemmo di affidare all'agenzia "Egonzender" il compito di contattare alcuni manager sul mercato per diventare direttore generale. Furono individuati Viola, Gallia, Maioli e Valeri. Profumo ci disse che era disponibile solo come presidente. Alla fine fu scelto Viola. Io ero contrario a riconfermare Mussari mentre Monaci lo voleva. Poiché eravamo amici chiamai Mussari e gli dissi che avevo posto il veto alla sua riconferma».

Ceccuzzi entra poi nei dettagli dei colloqui avuti con i vertici del partito. «Agli inizi di gennaio 2012 ho parlato con Bersani e D'Alema della situazione della banca e della fondazione. Ho detto che avevo una posizione di rottura con il passato e ho chiesto il sostegno per l'operazione che avrei dovuto fare. Bersani mi disse che avevo il sostegno del partito.

Con D'Alema parlai della nomina del presidente e siccome sapevo che lo conosceva, gli chiesi di parlare con Profumo per convincerlo ad accettare l'incarico. L'incontro avvenne presso la fondazione "Italianieuropei" ma mentre tornavo a Siena D'Alema mi chiamò e disse che Profumo era perplesso. Lo incontrai di nuovo con Pieri e lui alla fine si convinse perché ottenne la garanzia di una rottura con il passato».

«Le ingerenze del sindacato»
Ceccuzzi nega che quelle dei leader del partito fossero ingerenze: «Il Monte è una grande banca, è normale che fossero interessati e che ci sostenessero». Ben diverso, secondo l'ex sindaco, l'atteggiamento «del sindacato bancario Fisac Cgil che ha espresso ben tre sindaci e ha avuto sempre un peso fortissimo all'interno di Mps». Smentisce di aver avuto un ruolo sull'acquisizione di Antonveneta: «L'ho scoperto dalle agenzie di stampa e soltanto in seguito ho appreso i dettagli».

Mussari decise invece di avvisare l'allora presidente della Provincia Ceccherini. Lo conferma egli stesso, come del resto aveva già fatto davanti ai pubblici ministeri che lo hanno interrogato come testimone il 4 ottobre 2012. «Il presidente - spiega - mi telefonò per informarmi che stava per firmare o che aveva firmato. Alcune settimane prima mi aveva già avvisato della trattativa in corso».

Anche Ceccherini ha parlato a lungo dei rapporti tra Mps e partito evidenziando come «nel 2006, in occasione delle nomine, parlai con Cenni, Ceccuzzi e con Franco Bassanini che era stato eletto nella circoscrizione di Siena e assieme all'onorevole Giuliano Amato erano quelli maggiormente attenti al territorio e alla banca. Ebbi colloqui anche con D'Alema che esprimeva perplessità sulla governance».

Un atteggiamento confermato da Cenni secondo il quale «le diverse anime dei Ds erano molto interessate alla gestione di Mps e credo che anche l'acquisizione di Antonveneta sia stata decisa proprio per la pressione psicologica che c'era sulla banca. Siamo stati accusati addirittura di essere "medievali"». È proprio lui a ricordare come «nel 2009, dopo la conferma di Mancini e Mussari, avevo espresso l'idea che si dovesse azzerare tutto, in particolare i vertici della Fondazione e fui tacciato dal Pd locale di non fare gli interessi della città. Mi trovai completamente isolato».

2 - "COSI' IL PD SI OCCUPAVA DEL MONTE DEI PASCHI DAGLI UFFICI DI ROMA"
Guido Ruotolo per "La Stampa"

E' il giorno di Mps, della chiusura delle indagini, della conferenza stampa. Al chiosco della Fortezza, l'ex sindaco Franco Ceccuzzi ripercorre la storia del rapporto della banca con il «partito», con il Pds, Ds, Margherita, Pd, ribadendo quanto ha già messo a verbale ai pm della inchiesta. E non è il solo - sono stati sentiti anche l'ex presidente della Provincia Fabio Ceccherini e l'ex sindaco Maurizio Cenni - ad esplorare la prateria investigativa che non ha portato i pm e il Valutario della Finanza a trovare elementi per censurare penalmente il rapporto tra la banca e il partito.

Nell'Olimpo dei dirigenti romani che si sono occupati di Mps, secondo i ricordi dei rappresentanti senesi dell'attuale Pd, ci sono: Massimo D'Alema, Pierluigi Bersani, Walter Veltroni, Piero Fassino, Vannino Chiti, Vincenzo Visco, Giuliano Amato e Franco Bassanini.
Sorseggia il caffè Franco Ceccuzzi e scandisce lentamente: «Non ci trovo nulla di male rivolgersi a Roma, a chiunque sia in grado di contribuire a portare il meglio nella propria città». E già, l'aveva anche messo a verbale quella raccomandazione.

Era il gennaio del 2012, la situazione di Mps rischiava di esplodere e bisognava cambiare il gruppo dirigente. Si puntava ad Alessandro Profumo per la nomina a presidente. Ceccuzzi: «Nell'autunno del 2011 pensammo di cambiare direttore generale e ci rivolgemmo anche ad Alessandro Profumo, che però rifiutò lasciando la porta aperta a una sua possibile nomina alla presidenza. Con il passare dei mesi la situazione diventava sempre più difficile e mi rivolsi a Massimo D'Alema. Naturalmente lo invitai a contattare Profumo per fare pressioni perché accettasse l'offerta».

L'incontro ravvicinato tra Siena e Massimo D'Alema si svolse in piazza Farnese, a Roma, nella sede di «Italianieuropei». Poi Ceccuzzi ricorda la stagione che preparò il colpaccio Antonveneta. L'ex sindaco pronuncia anche tre nomi sacri: «Chi nel partito voleva che Mps diventasse più importante a livello nazionale? Piero Fassino, Massimo D'Alema e Vannino Chiti auspicavano un ampliamento della banca».

Su ogni decisione bisognava consultare Roma.
Con la decisione di allargare da 10 a 12 il numero dei componenti del cda di Mps, nel 2009, Ceccuzzi va a Roma a informare il segretario Walter Veltroni, «che prese atto delle nostre scelte di allargare il cda». Disse a questo giornale Denis Verdini, triumviro del Pdl, fiorentino, che «per capire Mps bisognava capire la senesità».

Sarà vero ma «il 18 marzo di quest'anno», ricorda a memoria l'ex sindaco Ceccuzzi, «Alessandro Profumo è stato eletto presidente di Mps». Un non senese, come il direttore generale.
Mastica amaro anche Maurizio Cenni, sentito dai pm, sindaco per un decennio, il primo del 2000. Anche lui è un testimone-protagonista del rapporto tra la banca e il partito. Come sindaco, ha partecipato alle nomine della Fondazione per tre volte, nel 2001, 2005 e 2009. «Che fatica trovare l'intesa, incontrare prima il segretario cittadino dei Ds, poi quello provinciale, e il rappresentante della Margherita».

E non può, Cenni, negare come «le diverse anime dei Ds» fossero tutte interessate alla vita di Mps. «Ai D'Alema, ai Visco non andava giù che Mps fosse gestita solo da una città di meno di centomila abitanti, e volevano che la banca si allargasse, si ingrandisse, pensasse alla grande.

Quando la situazione divenne pesante, nel 2009, sostenni che occorreva azzerare i vertici della banca e della Fondazione, fui azzittito, accusato di non fare gli interessi di Siena e mi trovai isolato».
Ma almeno lui sulla vicenda Antonveneta fu preventivamente informato sia dal presidente della Fondazione Mancini che dal presidente di Mps Mussari.

«Mussari mi chiamò dopo aver siglato l'acquisizione dal Banco di Santander. Non c'è che dire, dal punto di vista strategico l'acquisizione fu corretta».
Sembra un passaparola. Anche Fabio Ceccherini, dal 1999 al 2009 presidente della Provincia ricorda - lo ha detto anche ai pm nel suo interrogatorio - una testimonianza di Massimo D'Alema a proposito della banca che non può essere solo gestita dai senesi: «Lui sosteneva che le nomine della Fondazione e dunque anche della banca erano di tipo medioevale perché troppo legato agli enti locali».

Ma questo in significa che Roma non mettesse becco nelle vicende senesi. Ceccherini, per esempio, dice che anche Franco Bassanini, il deputato fatto eleggere a Siena, parlava delle cinque nomine al cda della Fondazione che spettavano alla Provincia.

 

monte-dei-paschi-di-siena-sededalema ceccuzzi CECCUZZI MUSSARI AMATO Gabriello Manciniprodi vanino chiti lapAMATO BASSANINILINDA GIUVA ALESSANDRO PROFUMO SABINA RATTI MASSIMO DALEMA IL SINDACO DI SIENA FRANCO CECCUZZI NEL GIORNO DELLE DIMISSIONI DA PARLAMENTARE jpegALESSANDRO PROFUMO E SABINA RATTI CECCUZZI fabio_ceccheriniFONDAZIONE ITALIANIEUROPEIVerdini intervistato MUSSI VELTRONI DALEMA jpegWALTER VELTRONI E MASSIMO DALEMA jpegEmilio Botin presidente Banco SantanderLOGO ANTONVENETA

Ultimi Dagoreport

marina paolo berlusconi antonio tajani ursula von der leyen antonio angelucci

DAGOREPORT – GETTATA DALLO SCIROCCATO TRUMP NEL CESTINO DELL'IRRILEVANZA, MELONI ARRANCA IMPOTENTE, E SI SPACCA PURE LA FAMIGLIA BERLUSCONI: ALL’EUROPEISTA MARINA SI CONTRAPPONE IL TRUMPIANO ZIO PAOLO (TRA I DUE C’È STATO UN BOTTA E RISPOSTA TELEFONICO CON CAZZIATONE DELLA NIPOTINA: MA TU, CHI RAPPRESENTI?) – UNICO MINISTRO DEGLI ESTERI EUROPEO AD ESSERE IGNORATO DAL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO MARCO RUBIO, TAJANI E' IMPOTENTE DAVANTI ALLE SBANDATE ANTI-UE DI SALVINI (IN COMPAGNIA DI MARINE LE PEN) E AL CAMALEONTISMO-BOOMERANG DELLA ''GIORGIA DEI DUE MONDI", FINITA "ESPULSA'' DALL'ASSE MACRON-MERZ-TUSK – E QUANDO RICICCIA LA QUESTIONE DEL MES (L'ITALIA E' L'UNICO DEI 27 PAESI EU CHE NON L'HA RATIFICATO), SI APRE UNA NUOVA CREPA TRA FORZA ITALIA E LEGA – L’ASSALTO DI “LIBERO” E “TEMPO” A URSULA VON DER LEYEN (IL MELONIZZATO ANGELUCCI È TORNATO SALVINIANO?) - UNICA SODDISFAZIONE: FINCHE' L'ALTERNATIVA SI CHIAMA ELLY SCHLEIN, GIUSEPPE CONTE E FRATOIANNI-BONELLI, IL GOVERNO DUCIONI CAMPA TRANQUILLO...

donald trump - mohammed bin salman - netanyahu al jolani

DAGOREPORT - QATAR-A-LAGO! A GUIDARE LE SCELTE DI DONALD TRUMP, SONO SOLTANTO GLI AFFARI: CON IL TOUR TRA I PAESI DEL GOLFO PERSICO, IL TYCOON SFANCULA NETANYAHU E SI FA "COMPRARE" DA BIN SALMAN E AL-THANI – LA FINE DELLE SANZIONI ALLA SIRIA, LE TRATTATIVE DIRETTE CON HAMAS PER LA LIBERAZIONE DELL'OSTAGGIO ISRAELIANO, IL NEGOZIATO CON L’IRAN SUL NUCLEARE E GLI AIUTI UMANITARI USA A GAZA: ECCO COSA DARA' TRUMP AGLI STATI ARABI IN “CAMBIO” DEL FIUME DI PETROLDOLLARI IN DIREZIONE WASHINGTON - IL TYCOON MANIPOLA LA REALTÀ PER OCCULTARE IL FALLIMENTO DELLA POLITICA DEI DAZI: MA SE ENTRO IL 30 GIUGNO NON SI TROVA L'ACCORDO, L’UE È PRONTA ALLA RITORSIONE – APPUNTI PER LA DUCETTA: COME DIMOSTRA L’ISRAELIANO “BIBI”, SEDOTTO E ABBANDONATO, NON ESISTONO “SPECIAL RELATIONSHIP” CON IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO MA SOLO CIO' CHE GLI CONVIENE… - CIRCONDATO DA YES MEN E MILIARDARI IN PREDA AI DELIRI DELLA KETAMINA COME MUSK, A FAR RAGIONARE TRUMP È RIMASTO SOLO IL SEGRETARIO AL TESORO, SCOTT BESSENT...

andrea delmastro emanuele pozzolo

FRATELLI D'ITALIA HA ESPULSO EMANUELE POZZOLO! - IL PARLAMENTARE GIÀ SOSPESO DAL PARTITO, IMPUTATO PER PORTO ABUSIVO DI ARMI PER LA SPARO DEL CAPODANNO 2024, HA RACCONTATO A "REPORT" LA SUA VERITA’ SULLA VICENDA (PER POI FARE DIETROFRONT: "MAI DATO INTERVISTE, MI HANNO REGISTRATO") - POZZOLO HA CONTRADDETTO LE VERSIONI DEGLI ALTRI PARTECIPANTI ALLA FESTA, SOSTENENDO CHE DELMASTRO ERA PRESENTE AL MOMENTO DELLO SPARO - DONZELLI, CAPOGRUPPO DI FDI ALLA CAMERA, AVEVA CONVOCATO IL DIRETTIVO DEL PARTITO CHE HA DECRETATO ALL'UNANIMITÀ L’ESPULSIONE DI POZZOLO...

pupi avati antonio tajani

DAGOREPORT! PUPI, CHIAGNE E FOTTI – ASCESE, CADUTE E AMBIZIONI SBAGLIATE DI PUPI AVATI, “CONSIGLIERE PER LE TEMATICHE AFFERENTI AL SETTORE DELLA CULTURA” DI ANTONIO TAJANI - IL REGISTA CHE AI DAVID HA TIRATO STOCCATE ALLA SOTTOSEGRETARIA AL MIC, LUCIA BORGONZONI, È LO STESSO CHE HA OTTENUTO DAL DICASTERO FONDI PER OLTRE 8 MILIONI DI EURO TRA IL 2017 E IL 2023 – L’IDEA DI UN MINISTERO DEL CINEMA AVALLATA DA TAJANI (“IL GOVERNO VALUTERÀ") PER TOGLIERE I QUASI 700 MILIONI DI EURO CHE IL MIC HA IN PANCIA PER PROMUOVERE, A SPESE DEI CITTADINI, IL CINEMA ITALICO – IL SEQUESTRO DEI BENI PER EVASIONE IVA DA 1,3 MILIONI CON L'INCREDIBILE REPLICA DI PUPI: “NON E’ UN BEL MOMENTO PER IL CINEMA ITALIANO...” - LA SUA SOCIETA', ‘’DUEA FILM’’, CHE DA VISURA PRESSO LA CAMERA DI COMMERCIO DI ROMA È IN REGIME DI CONCORDATO PREVENTIVO, DEVE A CINECITTÀ CIRCA 400 MILA EURO PER UTILIZZO DEGLI STUDI - L’86ENNE AVATI STA PER INIZIARE IL SUO 46ESIMO FILM (“NEL TEPORE DEL BALLO”) PER UN BUDGET DI 3,5 MILIONI CHE GODE GIÀ DI UN DOVIZIOSO FINANZIAMENTO DI RAI CINEMA DI UN MILIONE... – VIDEO

al thani bin salman zayed donald trump netanyahu saudita sauditi

DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…

starmer - zelensky - macron - tusk - merz - a kiev giorgia meloni fico putin

DAGOREPORT – DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI: L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN - PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO - QUESTI SONO I FATTI: L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA”, TOLTA LA PROPAGANDA RILANCIATA DAI TROMBETTIERI DI ''PA-FAZZO'' CHIGI, NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE (LA PROVA? IL VIAGGIO DI MACRON, MERZ, STARMER E TUSK A KIEV E IL LORO ACCORDO CON TRUMP) - RUMORS: IL TEDESCO MERZ PERPLESSO SUL VIAGGIO IN ITALIA DI LUGLIO. E MELONI PUNTA A INTORTARLO DOMENICA ALLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO DI LEONE XIV, IN PIAZZA SAN PIETRO...