1. TRE NOTIZIE CHE SPIEGANO PERCHÈ SIAMO UN PAESE GIUNTO AL CAPOLINEA DELL’EURO 2. PER SALVARE LA PRODUZIONE IN ITALIA GLI SVEDESI DI ELECTROLUX VOGLIONO CHE GLI STIPENDI CALINO DA 1.400 A 800 EURO AL MESE. IL COSTO DEL LAVORO NEGLI STABILIMENTI DEL NORD EST DEVE ALLINEARSI IL PIÙ POSSIBILE A QUELLO DI POLONIA E UNGHERIA 3. AUMENTANO I POVERI E UN ITALIANO SU SEI VIVE ORMAI CON MENO DI 640 EURO AL MESE, MENTRE LA BUNDESBANK TEDESCA VORREBBE IMPORCI UNA TASSA PATRIMONIALE 4. ABBIAMO ACCETTATO L’IDEA TEDESCA CHE IL DEBITO PUBBLICO SIA IL MALE ASSOLUTO E NON CI POSSIAMO SALVARE PERCHÉ NON ABBIAMO SOVRANITÀ MONETARIA, NON POSSIAMO APPLICARE DAZI, NON POSSIAMO FARE DUMPING FISCALE (ANZI, DOBBIAMO SUBIRLO), NON ABBIAMO PIÙ LA STRUTTURA INDUSTRIALE PER VIVERE DI ESPORTAZIONI

a cura di colinward@autistici.org (Special Guest: Pippo il Patriota)

1 - LA CINESIZZAZIONE CHE CI MERITIAMO
Per salvare la produzione in Italia gli svedesi di Electrolux vogliono che gli stipendi calino da 1.400 a 800 euro al mese. Il costo del lavoro negli stabilimenti del Nord Est deve allinearsi il più possibile a quello di Polonia e Ungheria. Il Sole 24 Ore commenta serafico: "le multinazionali mirano sempre di più al taglio dei costi e all'aumento della produttività" e la colpa è tutta nostra che "non abbiamo fatto le riforme" per offrire migliori "condizioni di costo del lavoro, burocrazia e infrastrutture" (p. 35).

Sarà, ma ci sono altre due notizie che dovrebbero far riflettere: aumentano i poveri e un italiano su sei vive ormai con meno di 640 euro al mese, mentre la Bundesbank tedesca vorrebbe imporre una patrimoniale ai cittadini dei paesi che rischiano il default.

Queste tre notizie, se messe insieme, spiegano molto. Siamo un paese che si è svenato, si sta svenando e si svenerà sempre di più per restare nella moneta unica. Abbiamo accettato l'idea tedesca che il debito pubblico sia il male assoluto e ci siamo incaprettati con il pareggio di bilancio in Costituzione e il fiscal compact. Non ci possiamo salvare perché non abbiamo sovranità monetaria, non possiamo applicare dazi, non possiamo fare dumping fiscale (anzi, dobbiamo subirlo), non abbiamo più la struttura industriale per vivere di esportazioni.

Siamo un paese profondamente impoverito, dove milioni di cittadine e cittadini accetterebbero di corsa quegli 800 euro al mese dell'Electrolux perché almeno non sono in nero e nei loro stabilimenti non ‘è il rischio di morire bruciati. Chi vuole un posto di lavoro deve lavorare di più ed essere pagato meno.

Se vogliamo mantenere una quota di produzione industriale - visto che non possiamo vivere tutti di turismo e agricoltura se non altro perché abbiamo devastato mezzo paese - il nostro posto è con Polonia, Ungheria, Bulgaria e Serbia. E dobbiamo anche rincorrere, nel campionato del dumping sociale. Per questo oggi bisognerebbe ringraziare i manager di Electrolux: con la loro durezza ci stanno solo dicendo chi siamo e dove stiamo andando. Loro hanno una politica industriale. I nostri governi neppure quella.

2 - NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
Certo, per i giornaloni di Lor signori (Messaggero a parte) le notizie più importanti di oggi sono il destino di Mastrapasqua, le scaramucce di giornata sulla legge elettorale e la surreale assoluzione di Sciaboletta Scajola per la casa al Colosseo. Repubblica comunque si rifa con una doppia paginata nella parte nobile del giornale. "Redditi giù, crescono i poveri. Ora la metà dei patrimoni nelle mani del 10% dei ricchi. E per la prima volta meno proprietari di case.

Il 16% delle famiglie è sotto la soglia di povertà con meno di 640 euro al mese. Indagine di Bankitalia: in due anni la quota dei nuclei indigenti passa dal 14 al 16%". E poi ecco la storia di Electolux: "Tagli shock agli stipendi. L'azienda: ‘Da 1400 a 800 euro al mese, solo così salviamo la produzione'. Il ministro dello Sviluppo, Zanonato, convoca i vertici del gruppo svedese per domani. A ottobre Electrolux ha annunciato un taglio di 2000 posti, di cui 461 fra i 3.900 dipendenti che il gruppo ha nei 4 stabilimenti in Italia" (pp. 12-13).

Il Messaggero chiede un parere al giuslavorista Michele Tiraboschi, che in sostanza consiglia di accettare (trattando) il ricatto degli svedesi: "L'alternativa qual è? La consueta strada del blocco della produzione e del ricorso alla Cassa integrazione? Anche in questo caso un numero cospicuo di lavoratori prenderebbe come salario esattamente quei 700-800 euro che Electrolux offre. La via italiana è sempre questa. Invece che affrontare di petto il problema del costo del lavoro, di tagliare il cuneo fiscale, si usano gli ammortizzatori sociali per moltissimi anni per gestire processi di riconversione o di transizione di aziende in altri Paesi" (p. 9).

Ha ragione il Tiraboschi. Se bisogna farsi tirare giù i pantaloni ogni volta dal primo gringo che passa, meglio farlo prima da soli per legge. E' più semplice, è più trasparente ed è più equo perché vale per tutti. E con un minimo di propaganda lo si può anche chiamare "riformismo". Spettacolare congiunzione (alcolica?) sul Corriere, dove accanto al pezzo su Electrolux si può leggere un piedone così titolato: "La ripresa? Può cominciare solo dalle fabbriche" (p. 25). Cominciato benissimo.

3 - PROVA A PRENDERMI
Il governo bocciò l'accordo di tre anni fa sui rimborsi tra l'Ospedale israelitico diretto da Antonio Mastrapasqua e la regione Lazio, perché ritenuto troppo sbilanciato a favore della struttura privata. Ma i rimborsi non si fermarono e ora i Nas contestano "ingiusti vantaggi" per 71 milioni di euro. Il presidente dell'Inps, che Lettazio chiama affettuosamente "Tonino", si difende come un leone e non ha nessuna intenzione di lasciare l'ente che dirige.

Lo spiega bene in una chiacchierata con Repubblica: "Perché dovrei dimettermi? Per una informativa dei Nas ci si deve dimettere o suicidare? Con questo sistema si manderebbe a casa un premier o un capo dello Stato. Mi dicono che la Procura stia chiudendo la cosa. Non accuso nessuno e aspetto. Le contestazioni non mi riguardano e non mi risulta che l'Inps sia coinvolto. Io avrei 25 incarichi?

Chi lo dice non sa leggere le visure camerali che si riferiscono a quelli avuti negli ultimi 15 anni, non a quelli attuali. Ho uno studio professionale che non ho chiuso perché la legge non lo prevede. Tutte le fatture cedute hanno avuto una certificazione da parte delle Asl o della Regione Lazio. Quanti istituti sanitari lo fanno? Zero su zero. Crediti inesigibili? Non è così" (p. 3).

"Mi dicono che la Procura stia chiudendo la cosa" è una frase stupenda. Il vero motto della Roma Potentona.

In ogni caso, per la Stampa di Torino "Letta pensa al commissariamento dell'Inps" e il traghettatore potrebbe essere Tiziano Treu (p. 7). Il Cetriolo quotidiano parla di "Assedio finale, ma Letta ancora non lo caccia" e ricorda il suo network post-andreottiano, da Gianni Letta a Luigi Bisignani, da Attilio Befera ad Antonio Catricalà (p. 3).

4 - E SIA BENEDETTO PIAZZALE CLODIO
"Scajola assolto, farsi pagare la casa non fu reato. Cade l'accusa di finanziamento illecito. Prescrizione per il ‘benefattore' Anemone" (Repubblica, p. 4). Sciaboletta, ras delle preferenze nell'imperiese, ricorda che per più di tre anni è stato trattato "come un appestato" e dopo tanta sofferenza si offre così: "Berlusconi o Alfano? Dipende da chi mi offre un posto in prima fila" (Stampa, p. 9).

Sul Cetriolo Quotidiano, in attesa di leggere motivazioni che si annunciano assai divertenti, Marco Travaglio la mette così: "Per ora sappiamo solo che ‘il fatto', anche se per il primo giudice ‘non costituisce reato', è assolutamente certo: Scajola acquistò un mega-appartamento in una delle zone più chic di Roma pagandone un terzo, mentre il resto lo versarono due costruttori che avevano appena beneficiato di due contratti senza gara del suo ministero. Il che basterebbe e avanzerebbe, in un paese serio, per farlo scomparire dalla circolazione per sempre.

E per mettere subito mano alla legge sul finanziamento illecito per renderla più severa, tappando la falla che ha consentito a Scajola di farla franca. Invece siamo in Italia, dunque Scajola fa pure il martire, piagnucola per i ‘quattro anni di sofferenza', esulta perché ‘giustizia è fatta' e chiede che ‘mi venga restituita la mia credibilità politica'. Restituire quel milioncino no, eh?" (p. 1).

Intanto, sempre a Roma, segni di vita sul fronte dello scandalo Cancellieri-Ligresti: "Nino Ligresti: chiamo spesso il marito della Cancellieri. Interrogato il fratello di Salvatore: ‘Telefonai io al ministro mentre ero in vacanza'. Ora la Procura sentirà anche il Guardasigilli" (Messaggero, p. 14). Con calma e per favore, anche qui vediamo di archiviare tutto che il Paese ha bisogno di stabilità.

5 - EMOZIONE ITALICUM
Italiani con il fiato sospeso per il destino della nuova legge elettorale. La Stampa: "Premio di maggioranza. La soglia verso il 38%. Ma Silvio s'infuria e frena. Berlusconi: ‘Così si va al ballottaggio e i grillini votano Matteo'. Ramoscello d'ulivo per Alfano. Potrebbero ricomparire le candidature in più collegi" (p. 3). Preoccupato il Giornale: "Renzi nella palude degli emendamenti fa ritirare quelli Pd. Il leader spinge i suoi alla retromarcia per continuare la trattativa con Forza Italia" (p. 8).

Repubblica spara: "Ultimatum del segretario al suo partito. ‘Datemi subito un mandato a trattare o salta tutto e la colpa sarà vostra'. Vertice tesissimo. I bersaniani: in aula sarà un inferno. Cuperlo apre al compromesso: ‘Le riserve restano ma ritiriamo gli emendamenti'" (p. 7). Che soddisfazione, avere delle riserve che restano. E' molto di sinistra.

6 - SOTTO LA PANCA IL GOVERNINO CAMPA
Confusione totale sui piani di Aspenio Letta. Per il Messaggero, "Ora a Letta non basta il rimpasto. ‘Squadra nuova entro metà febbraio'. Restano i dubbi di Napolitano e del segretario democrat. Alcuni renziani però apprezzano il bis: vediamo l'agenda" (p. 4). Per Carlo Tecce, del Cetriolo Quotidiano, "Letta resiste, Cancellieri e Giovannini no. Nel possibile rimpasto legato alle riforme, il segretario Pd potrebbe ottenere due posti pesanti. Salvi i bersaniani" (p. 6).
Per Repubblica, "Ora il premier ridimensiona il rimpasto e pensa di sostituire solo i posti vacanti. Sms alla De Girolamo: mi dispiace. Perde quota l'ipotesi del bis ma la Cancellieri è ancora a rischio" (p. 6).

7 - NANO UNCHAINED
Prima uscita a mezzo stampa per il Pupino Toti, tutto felice per i 4 centimetri di girovita scomparsi in vacanza con Papi. Con il Corriere, Toti sorvola sulle gerarchie di partito in Farsa Italia, dicendosi disposto a mandare avanti la ditta con tutti, Fitto compreso. Ma il messaggio fondamentale, di certo autorizzato dal Banana, è per Lettanipote e Re Giorgio: "Sì a un governo di scopo con Renzi" nel caso fosse l'unico modo per portare a casa le riforme pattuite nell'incontro del Nazareno (p. 6).

Si diverte anche il Messaggero: "Forza Italia, nuova diarchia Toti-Pascale. Francesca sentenzia: Nunzia resti fuori. Nella stragrande maggioranza dei 4000 comuni al voto a maggio alleanza tra alfaniani e Forza Italia" (p. 4).

E grandi speranze sul Giornale di famiglia per le novità in arrivo dal Marocco: "Si riapre il caso Ruby: era maggiorenne. Il ministro del Marocco Mobdii rivela: ‘Quando incontrò l'ex premier aveva 18 anni, lo provano i documenti'. La notizia, se confermata, può far cadere l'accusa di prostituzione minorile" (p. 3). Un giorno la vera verità verrà fuori anche qui: non solo la nipote di Mubarak era maggiorenne, ma era anche un agente segreto del governo marocchino. Che per legge non ingaggia minorenni.

8 - TELECOM-MEDIA
Non si dica più che il governino di Lettanipote se ne frega di quel che combina Telefonica in Telecom Italia: "Telefonica non farà sgarbi su Telecom'. Zanonato incontra il ministro spagnolo. Sawiris all'attacco su Tim Brasil. ‘Agirà d'intesa con il governo italiano'" (Repubblica, p. 22). Significa che anche prima di lanciare l'Opa farebbero comunque una cortesissima telefonata a Zanonato (se lo trovano ancora).

Si occupa di aspetti più concreti il Sole 24 Ore: "No all'aumento Telecom, Telco frena sul cda. Fossati prova ad aggiudicarsi la maggioranza cercando l'appoggio dei fondi esteri. L'ad Patuano: nessun contatto con Sawiris. Il manager egiziano interessato se resta il Brasile ed esce Telefonica. Verso il rinnovo del board con le vecchie regole". Focus sul "doppio gioco" di Alierta in Brasile: "Slim e BalckRock: intrecci in salsa brasiliana. Tony, secondogenito dell'uomo più ricco del mondo, nel board del colosso che è tra i primi tre azionisti di America Movil, Telefonica e Telecom Italia" (p. 1 del dorso di Finanza & Mercati).

 

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