AH GIORGE', MA CHE STA A DI'? - FIGURACCIA PER GIORGETTI AL COUNCIL ON FOREIGN RELATIONS, DOVE SI IMPUNTA A PARLARE (E RISPONDERE A BRACCIO) IN INGLESE SENZA SAPERE LA LINGUA. POTEVA PARLARE IN ITALIANO CON IL TRADUTTORE E INVECE NESSUNO IN PLATEA CAPISCE NIENTE. SULLA CRISI LIBICA HA DETTO: ''FRENCH OUT'' E ''BETTER A DICTATOR'' - IL VIAGGIO IN USA PER LEGARE LA LEGA A TRUMP E MOSTRARSI PIÙ LONTANI DA PUTIN

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1. IL POLITICO SENZA INGLESE

Federico Rampini per ''la Repubblica''

 

GIORGETTI A NEW YORK GIORGETTI A NEW YORK

C' era molta attesa per l' intervento del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ospitato dentro il Council on Foreign Relations, il più importante think tank di politica estera di New York e Washington. In una fase in cui il governo Conte cerca di costruire una relazione solida con l' amministrazione Trump ( con cui non mancano le affinità ideologiche), alla vigilia di questa missione Giorgetti era stato presentato agli americani come un esponente relativamente moderato e pragmatico della Lega.

 

Il suo discorso nella sede newyorchese del Cfr era l' occasione per confermare queste attese davanti a un pezzo di establishment finanziario e politico: in particolare quella business community italo- americana che può svolgere un ruolo prezioso per riportare investimenti e cambiare la percezione di Wall Street sul rischio paese.

Brutti scherzi, gioca il non sapere l' inglese, la lingua globale per eccellenza. Non giova nei summit dove è utile rivolgersi direttamente ai leader stranieri.

 

Ma c' è un handicap ancora peggiore: credere o fingere di sapere l' inglese. È molto meglio avere l' umiltà di parlare all' audience straniera nella propria lingua, e affidarsi alla competenza professionale degli interpreti per tradurre dettagli, sfumature, sottigliezze. D' altronde c' è chi per principio e per orgoglio nazionale usa sempre la propria lingua, e non c' è bisogno di essere sovranisti dell' ultima ora: così fan spesso i leader francesi all' estero, quasi sempre i cinesi e i russi.

giancarlo giorgetti matteo salvini giancarlo giorgetti matteo salvini

 

Giorgetti venerdì sera nella prestigiosa Harold Pratt House sulla 68esima Strada, circondato dai ritratti della élite di geopolitica e dalle boiserie ottocentesche, ha pronunciato un testo incomprensibile sia agli americani che agli italiani. Leggeva in una lingua a lui quasi sconosciuta, con una pronuncia inventata.

 

Il peggio è venuto quando si è ostinato a rispondere a braccio, sempre nel suo inglese maccheronico, alle domande. Interrogato sulla posizione del governo riguardo alla crisi libica, ha detto, letteralmente: « French out » e « Better a dictator » . Forse se avesse parlato in italiano avrebbe avuto qualcosa di più articolato da dire, non solo " fuori i francesi dalla Libia" e " si starebbe meglio con un dittatore". Anche come sintesi della posizione del nostro governo, non è proprio il massimo.

 

matteo salvini giancarlo giorgetti matteo salvini giancarlo giorgetti

La diplomazia italiana ha dovuto correre ai ripari intervenendo subito dopo per spiegare cosa Roma sta cercando di fare in Libia insieme ai propri alleati Usa e Francia.

Che occasione sprecata. È legittimo che un governo italiano critichi il ruolo della Francia in una zona tragicamente instabile del Nordafrica, vicina a noi, da dove partono ondate di profughi ( e quelli che vi rimangono subiscono abusi indegni).

 

La posizione italiana trova un terreno favorevole negli Stati Uniti: già Barack Obama si pentì per essersi lasciato trascinare nella guerra libica da Nicolas Sarkozy, e fece su quell' errore un' autocritica esplicita. Donald Trump ha interrotto da un pezzo la luna di miele con Emmanuel Macron, per svariate ragioni. Ma la presunzione linguistica di un sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha vanificato un' occasione di spiegare il punto di vista italiano, lo ha deformato in una semplificazione così estrema da sembrare una chiacchiera da bar.

 

giancarlo giorgetti foto mezzelani gmt024 giancarlo giorgetti foto mezzelani gmt024

In quell' infortunio non è andato in scena soltanto il provincialismo di una classe politica, ma anche l' improvvisazione con cui ( non) vengono preparate visite della massima importanza. È giusto ricordare che le convergenze tra il governo Conte e l' amministrazione Trump sono reali su molti terreni, e non solo quelli più controversi come l' immigrazione. I due giorni di lavori del Consiglio per le relazioni Italia- Usa hanno messo in luce una vicinanza nella critica ai parametri euro- germanici di stabilità.

 

La crescita economica Usa viaggia a una velocità di crociera del 3%, la piena occupazione è una realtà acquisita, anche perché da Obama a Trump c' è una continuità: s' ignorano qui le rigidità della politica di bilancio, investimenti pubblici e riduzioni d' imposte vengono usati per sostenere la crescita. La visita di Giorgetti si conclude oggi, in programma ci sono anche incontri con top manager importanti. Chiamate gli interpreti.

 

 

 

2. QUEL PATTO FRA TRUMP E LA LEGA CHE CAMBIA IL DESTINO DELL’ITALIA

Lorenzo Vita per www.gliocchidellaguerra.it

 

donald trump matteo salvini donald trump matteo salvini

Una missione silenziosa, impegnativa e fondamentale. Si può sintetizzare così il tour di cinque giorni del sottosegretario Giancarlo Giorgetti negli Stati UnitiUn viaggio che ha tre obiettivi: rassicurare gli investitori e l’amministrazione Usa sulla stabilità del sistema-Italia; rinsaldare l’alleanza fra Lega e partito repubblicano; fornire a Washington le dovute garanzie politiche e strategiche per continuare a investire su questo esecutivo.

L’idea della Lega è la stessa da alcuni mesi. I

 

n un momento di forte indebolimento dell’Unione europea e di rafforzamento dell’asse franco-tedesco ai danni dell’Italia, rivolgersi al di là dell’Atlantico sembra essere l’unica alternativa valida per evitare il completo isolamento del governo. Lo ha confermato il viaggio del sottosegretario Guglielmo Picchi di alcune settimane fa. E lo ha confermato il blitz di Giorgetti di questi giorni. L’Italia guarda con sempre maggiore interesse agli Stati Uniti di Donald Trump, anche per trasformarsi nel migliore alleato Usa in Europa dopo l’uscita (probabile) di Londra dall’Ue.  

 

L’idea è stata ribadita dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio durante una conferenza stampa al Consolato d’Italia a New York: “Nel momento in cui in Europa qualcuno pensa di fare per conto suo, forse l’Italia su alcune scelte strategiche può avere convenienza a trovare interlocutori politici, economici e finanziari negli Stati Uniti”. “Poi – ha aggiunto sempre Giorgetti – è evidente che c’è una certa affinità politica tra l’amministrazione Trump e quella italiana. Abbiamo rotto un fronte, qualcosa che sta succedendo in Europa. Sono andato a Londra e anche lì la divisione netta tra laburisti e conservatori non è più così chiara”.

 

SALVINI TRUMPIZZATO SALVINI TRUMPIZZATO

Un asse che si conferma anche sotto il profilo economico. E c’è un motivo. I grandi fondi di investimento americani, collegati alle potenti agenzie di rating che puntano al declassamento dei titoli italiani, vogliono essere sicuri di poter investire nel sistema-Italia nonostante le recenti decisioni in campo economico. La manovra ha lasciato perplessi molti capitali Usa, in particolare sul reddito di cittadinanza. E Giorgetti ha lanciato un assist: “Il programma economico di Trump è ciò che vorremmo mettere anche nel nostro programma. La riduzione fiscale che ha attuato l’Amministrazione americana c’è e ci piace”. E ha puntano di nuovo forte sulla Tav e sulla deregulation, ma ha ribadito che ci vorrà del tempo fra lo sblocco del sistema e i risultati: “Abbiamo capacità di espansione incredibili”.

 

Queste le rassicurazioni da parte del governo. Garanzie che servono anche per confermare i contratti miliardi conclusi fra le aziende italiane e i giganti Usa, a partire dal settore dell’aerospazio. Sul tavolo balla un accordo fondamentale, che, come ricorda Huffington Post, è quello “di cooperazione tra Italia e Stati Uniti (Italy-Us space cooperation on suborbitale flights) per sviluppare lo scalo aeroportuale di Taranto con Virgin Galactic, Virgin Orbit e Spacex (la società di vettori aerospaziali di Elon Musk) per il lancio di satelliti e per i voli orbitali, attraverso diverse fasi”.

 

virgin galactic virgin galactic

Un accordo che può cambiare il destino di Taranto e dell’Italia e che interessa soprattutto Leonardo. Proprio per questo motivo, Giorgetti ha incontrato il senior vice president di Space X, Tim Hughes, il ceo e presidente di Virgin Galactic, George Whitesides e, infine, il segretario esecutivo del National space council, Scott Pace. L’idea è quella di trasformare Taranto-Grottaglie nella “Cape Canaveral europea”, come riportato da Startmag. Ma occorrono garanzie sotto il profilo politico e strategico. E il viaggio del potente rappresentante leghista serve anche a questo, a ribadire che il governo c’è, che il sistema-Paese funziona, e che, anche in caso di cambio di governo, la Lega è pronta a confermare gli impegni assunti con Washington.

 

Impegni che riguardano anche l’Europa e le scelte politiche del governo italiano. Perché è ovvio che gli Stati Uniti non facciano beneficenza. E che se gli Usa investono qualcosa in cambio vorranno. Per prima cosa, che l’Italia dia garanzie sulla politica europea ma anche sul fronte della sfida presente e futura con la Cina.

 

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In ambito europeo, Giorgetti ha già detto che “il problema del debito si risolve in due modi: con l’inflazione o con la crescita. Trovare le forme per crescere in ricchezza e sostenere il debito. La politica dell’austerità di tipo germanocentrico fa fatica a essere compresa. La vera sfida, soprattutto in Europa, sarà declinare le nuove sfide, altrimenti non saranno problemi solo per l’Italia ma per tutta l’Europa”. Un messaggio chiaro rivolto ai falchi dell’austerity di Berlino, perché l’Europa “se non cambia registro, si troverà in difficoltà a Parigi come a Berlino. La soluzione non sta solo nei confini nazionali, se non penseremo di risolvere a livelli europei la partita è chiusa”.

 

E per quanto riguarda la Cina, il problema adesso sembra essere quello della rete 5G e sul controllo della cinese Huawei delle reti italiane. Le dichiarazioni del sottosegretario hanno una grande importanza. “La preoccupazione degli Stati Uniti rispetto alla politica cinese di Huawei è un problema che riguarda anche l’Italia e non solo. La Cina è individuata come un pericolo. Un fatto che dovremo valutare anche noi come Italia. Dovremo prendere cautele, cose che in Cina non ci sono”. Perché per quanto riguarda la rete 5G, Washington non vuole deroghe: la rete non può essere in mani cinesi.

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Ecco che in questo modo si comprende anche come potrà cambiare il futuro strategico italiano.

 

Quello che è il primo partito, la Lega, sta assumendo una forte connotazione euro-atlantica per bilanciare lo spostamento dell’Ue verso l’asse franco-tedesco. E questo potrà sicuramente avere un impatto sul futuro dell’Unione europea e della Nato. La Lega punta punta a far diventare Roma il miglior partner di Washington in Europa. Ma tutto dipenderà da due fattori: la resistenza dell’amministrazione Trump e la capacità del Carroccio di mantenersi al governo, e questo anche in caso di futuro cambiamento di governo.

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