E ALL’ESTERO SOLO BOTTE – IL PREMIER SPACCONE FA QUELLO CHE VUOLE IN ITALIA GRAZIE AI NAPO/MATTARELLA E AL MASOCHISMO DEI BERSANI, MA SULLA SCENA INTERNAZIONALE È TUTTA UN’ALTRA MUSICA – SUL CASO DEI DUE MARÒ NON FACCIAMO PROGRESSI E SULL’IMMIGRAZIONE ABBIAMO PRESO UNA BATOSTA DALL’ONU

Fuori dai confini nazionali l’Italia di Renzi balbetta e non ottiene nulla. Si vociferava di un accordo sui marò con le autorità indiane, ma ieri la Corte suprema ha rinviato tutto a luglio. E Ban Ki-moon ci ha detto chiaramente che i barconi non si bombardano e i migranti dobbiamo accoglierli tutti…

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Fausto Carioti per “Libero Quotidiano

 

Se a questo mondo fossero tutti come Pier Luigi Bersani e Stefano Fassina, il presidente del Consiglio potrebbe campare di prepotenze per il resto dei propri giorni. Più Matteo Renzi si diverte a umiliarli, più i dissidenti del Pd si dannano l’anima per ricevere altre stivalate. Che puntualmente arrivano. Ieri il gioco di bondage, dominazione e sottomissione tra lui e loro ha raggiunto nuove vette di perversione. Loro, disciplinatissimi, sebbene lo scrutinio fosse segreto hanno votato compatti contro le pregiudiziali di costituzionalità poste dalle opposizioni sull’Italicum.

 

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Il risultato è stato un successone per il premier, che ha ottenuto cinque voti in più di quelli di cui teoricamente disponeva (perché poi ci mette del proprio anche il centrodestra, che alla voce «masochismo» non ha nulla da imparare). E siccome la terza narice sta sempre lì, quelli sono subito corsi dal capo in cerca di benevolenza: «Noi abbiamo dimostrato responsabilità, ora si eviti l’errore della questione di fiducia sull’Italicum», ha detto Alfredo D’Attorre, che della sgangherata minoranza piddina è uno dei leader.

 

Non ha avuto il tempo di scandire le ultime sillabe che il premier ha tirato fuori la frusta e l’ha passata a Maria Elena Boschi. Ricevuto il via libera in una riunione lampo a palazzo Chigi, il ministro delle Riforme è corsa in aula a farla schioccare: anche se quelli hanno fatto i bravi, il governo metterà la fiducia sull’Italicum.

 

Cosa che in materia di legge elettorale sarà anche possibile, come si è affrettata a spiegare Laura Boldrini, ma va oltre i confini della decenza. Basita, la bersaniana Barbara Pollastrini (una di quei deputati che nei giorni scorsi Renzi aveva cacciato dalla Commissione Affari Costituzionali, a conferma del fatto che poi ci prendono gusto) ieri sera balbettava: «Uno strappo incomprensibile dopo il voto di stamane. Alla mano tesa si è preferito rispondere erigendo muri». Cinquecento sfumature di Renzi (e non è ancora finita).

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Ma in questo mondo non tutti sono come Bersani e Fassina e nessun garante delle istituzioni internazionali copre le spalle a Renzi, come invece Sergio Mattarella sta facendo a Roma. La differenza si vede: il premier che tra le mura amiche le vince tutte continua a non toccare palla e collezionare schiaffi ogni volta in cui è chiamato a giocare in trasferta. Per portare a casa l’Italicum gli basta mostrare i denti ai Cuperlo e alle Bindi, sapendo che al Quirinale c’è chi dorme per lui, ma riportare a casa i due marò è tutt’altra storia.

 

La voce che il governo italiano avesse raggiunto una forma di accordo con le autorità indiane si era nuovamente diffusa nelle scorse settimane, e come le volte precedenti si è rivelata un’illusione: ieri la Corte Suprema di Nuova Delhi ha deciso l’ennesimo rinvio, spostando la discussione della pratica a dopo il primo luglio. Era il 22 febbraio del 2014 quando il presidente del Consiglio, appena insediato, telefonava a Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, li assicurava di considerare il loro caso «una priorità» e prometteva il massimo impegno «per arrivare il più rapidamente possibile ad una soluzione positiva».

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Ma le autorità indiane non sono come i vecchi attrezzi del Pd e le umiliazioni, in questo caso, sono tutte per il governo. Peccato che il gioco avvenga sulla pelle di due militari italiani.

 

Né c’erano dubbi che Ban Ki-Moon fosse fatto di una stoffa molto diversa da quella di Mattarella, ma vederlo ieri, ospite a Roma, smantellare punto per punto la strategia del governo in materia di immigrazione, ha dato comunque la misura di quanto sia scarso il peso del premier sullo scenario internazionale.

 

Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, aveva detto che «l’obiettivo è affondare i barconi degli scafisti, impedire che partano». Per questo, aveva spiegato, «è in corso un negoziato con Onu e Ue». Ecco, ora è ufficiale: il negoziato è andato male. Ieri il segretario generale delle Nazioni Unite ha detto che «distruggere i barconi non è la strada giusta», perché così facendo si danneggia l’economia dei Paesi che si basano sulla pesca.

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Bisogna invece pensare a una «soluzione globale» che affronti «le cause dell'immigrazione»: quando all’Onu parlano così, c’è la certezza che non faranno nulla. E visto che gli immigrati continuano a imbarcarsi verso i nostri lidi, il simpatico diplomatico sudcoreano ha chiesto all’Italia e agli altri Paesi interessati di «creare corridoi umanitari nel Mediterraneo, per assicurare una migrazione regolare». Un modo elegante per dire che dobbiamo prenderceli tutti. Per vedere #lavoltabuona, anche in questo caso, bisognerà attendere.

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