L’AMERICA RIPONE IL BAZOOKA, L’EUROPA SI SPARA SUI PIEDI - L’ECONOMIA È RIPARTITA, E LA FEDERAL RESERVE METTE FINE A 6 ANNI DI “QUANTITATIVE EASING”. IN EUROPA, CAUSA GERMANIA, ANCORA DISCUTIAMO SE FARLO (ED È TROPPO TARDI)

Dal 2008 Bernanke e Yellen hanno pompato 3500 miliardi di dollari. Per alcuni, hanno giovato soprattutto a Wall Street (+150% dal 2009), ma è innegabile il miglioramento di economia reale e occupazione - La Fed rialzerà i tassi dal 2015, ma “rimarranno bassi per un periodo considerevole”...

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Francesco Semprini per "La Stampa"

 

BERNANKE YELLEN OBAMA BERNANKE YELLEN OBAMA

Sei anni di interventi sul mercato per un totale di almeno 3500 miliardi di dollari pompati nell’economia americana. Questi, in sintesi, i numeri della mobilitazione con la quale la Federal Reserve ha lavorato per risollevare le sorti dell’America messa in ginocchio dalla più grande crisi finanziaria della storia contemporanea.

 

Il «bazooka» dell’economia è ciò che, assieme ai tassi a zero, ha segnato l’era di Ben Bernanke alla guida della Fed. Ebbene da oggi questo, secondo quanto sostiene la maggioranza degli analisti, potrebbe essere consegnato alla storia. Il Federal Open Market Committee, il braccio esecutivo della Banca centrale Usa, al termine della due giorni di consultazioni, sembra pronto ad annunciare la fine dell’ultimo Quantitative easing, l’acquisto di titoli del Tesoro e bond legati ad attività immobiliari, che solo lo scorso dicembre ammontavano a 85 miliardi di dollari, e che in nove mesi sono stati scalati a 15 miliardi.

quantitative easing DOLLARO SIRINGA quantitative easing DOLLARO SIRINGA

 

È stato questo l’ultimo colpo di bazooka sparato dalla Fed, dopo altri due Qe e l’«Operation Twist», la compravendita di bond facendo leva sulle scadenze a breve e lungo. Un cammino di politica monetaria iniziato nel novembre 2008, quando lo tsunami del credito generato dagli speculatori di Wall Street si era divorato Lehman Brothers, aveva costretto al salvataggio poco ortodosso di Aig, mentre gli effetti devastanti della crisi dalla finanza si stavano trasferendo sull’economia reale.

 

A oltre un lustro di distanza, l’economia è tornata a crescere a ritmi sostenibili e il tasso di disoccupazione è sceso sotto la soglia del sei per cento. Tuttavia il bilancio non è univoco: Andrew Huszar, direttore del primo Qe, considerato il «pentito» della Fed proprio per aver espresso rammarico per quella scelta, sostiene infatti che i benefici effetti delle manovra non sono stati trasmessi all’economia reale, e in particolare a Pmi e famiglie, i soggetti che ancora faticano.

quantitative easing OBAMA FEDERAL RESERVE quantitative easing OBAMA FEDERAL RESERVE

 

In sostanza ad averne tratto vantaggio è stata soprattutto Wall Street, come conferma il fatto che dai minimi del «maledetto» marzo del 2009 ad oggi il Dow Jones ha messo a segno un «volo» del 150 per cento. C’è inoltre chi sostiene che gli acquisti della Fed abbiano creato i presupposti per nuove bolle, come ha dimostrato la volatilità tra mercati emergenti e maturi generata dal primo annuncio di «tapering», ovvero di riduzione di interventi.

 

Inoltre il mercato immobiliare, quello al centro della crisi, continua a riprendersi assai lentamente, e la Corporate America, bilanci alla mano, ancora non sembra totalmente guarita. Certo è che l’addio agli acquisti sembra una presa di distanza degli Stati Uniti dalla crisi, e a dar ragione a questa tesi è il fatto che interventi sul mercato siano stati invocati a più riprese nell’Eurozona. Quel che è certo è che se la Fed si appresta a voltare pagina, imboccando la «exit strategy» dalle misure non convenzionali, l’attenzione è ora tutta sui tassi di interesse, ai minimi storici della forbice 0-0,25% dal 16 dicembre 2008.

DRAGHI MERKEL DRAGHI MERKEL

 

Un aumento appare scontato nel 2015 ma non è chiaro quando. L’attuale presidente della Fed, Janet Yellen, rassicura che i tassi rimarranno bassi per un periodo «considerevole» di tempo, fattore questo che evita scossoni sui mercati. Ma per la «colomba» Yellen inizia la vera prima grande sfida, visto che da oggi gli stessi mercati saranno più che mai «iper-sensibili» a ogni minimo mutamento del suo linguaggio.

 

 

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