‘’BUTI’’, SPORCHI E CATTIVI: L’UE MINACCIA L’ITALIA, NIENTE SFORAMENTO DEL 3%

Ivo Caizzi per il "Corriere della Sera"

Le sei raccomandazioni per tenere sotto controllo i conti pubblici dell'Italia, poi approvate dai commissari e dai ministri finanziari dell'Ue a livello politico, sono state elaborate dai suoi servizi tecnici. Marco Buti, dal 2008 direttore generale per gli Affari economici e monetari della Commissione europea, condivide in pieno la linea della sua istituzione di Bruxelles favorevole al rigore nelle politiche di bilancio nazionali. Ammette, però, che la sua istituzione è «flessibile» sulle misure di austerità grazie «all'interpretazione del Trattato di Maastricht aggiustata in base al ciclo economico».

Ma per l'Italia, dove l'aggravamento della recessione e della disoccupazione hanno rilanciato le richieste di interventi espansivi con aumento della spesa pubblica, mantiene fermo il suo ammonimento di «non lasciarsi tentare dalle sirene che tendono all'espansione del deficit».

Per Buti la «stella polare» deve restare sempre il rispetto del limite del 3% nel rapporto deficit/Pil a causa dell'alto debito pubblico. «L'ultima cosa da fare sarebbe ritornare in procedura per deficit eccessivo proprio dopo essere riusciti a uscirne», afferma convinto.

Invita anche a non farsi fuorviare dai Paesi (Francia, Spagna, Polonia, Slovenia, Portogallo, Olanda, Belgio) che hanno ottenuto dilazioni biennali o annuali nel rispetto degli impegni di deficit. Perché in sostanza avrebbero «più compiti da fare» rispetto all'Italia diventata «virtuosa» per Bruxelles.

Fiorentino, 56 anni, moglie fiamminga, tre figli, appassionato di tennis e mountain bike («prima della crisi, ora il tempo libero è poco...» , precisa), Buti, dopo la laurea in Economia a Firenze e il Master a Oxford, ha iniziato al centro studi della Fiat nel 1986.

Dopo un anno è entrato nell'esercito degli euroburocrati. Nei primi anni Novanta l'ingresso nei gabinetti di commissari italiani (Filippo Maria Pandolfi e poi Raniero Vanni d'Archirafi) fu il suo trampolino di lancio nella carriera interna.

Nel palazzo Berlaymont di Bruxelles è considerato espressione della sua estrazione accademica, più che il classico tecnico dell'euroburocrazia. La tendenza a restare nell'ombra del capo lo ha aiutato nel dialogo con i vertici di nomina politica di ogni partito.

E' stato in sintonia con il socialista spagnolo Joaquín Almunia e lo è con il liberale finlandese Olli Rehn, pur noto per le sue dichiarazioni a volte discutibili e contraddittorie. E' stato consigliere economico dell'allora presidente della Commissione Romano Prodi, leader del centrosinistra.

E la sua nomina a direttore generale è stata caldeggiata al presidente della Commissione, il portoghese di centrodestra José Manuel Barroso, da esponenti del Pdl come il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e il commissario Antonio Tajani.

Buti mantiene da sempre contatti con il mondo accademico. In Italia è noto quasi solo tra chi segue professionalmente la politica economica e i conti pubblici. Ha sostenuto con convinzione il Fiscal compact, promosso dal presidente della Bce Mario Draghi e gradito all'attuale ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni.

Questo patto di bilancio impegna l'Italia a riportare il debito pubblico verso il 60% del Pil in venti anni con manovre da una quarantina di miliardi annui. Dovrebbe servire a risanare il bilancio dello Stato e, secondo i sostenitori delle misure di austerità, creare anche i presupposti dello sviluppo. Ma, se continuerà a dilagare la disoccupazione e non si uscirà dalla crisi, rischia di generare polemiche politiche e tensioni sociali.

 

 

MARCO BUTIalmuniabarroso ROMANO PRODI GIULIO TREMONTI

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