IL CAPOLAVORO DIPLOMATICO DI DRAGHI: EURO-SCHIAFFI PER TUTTI - IL CAPO DELLA BCE HA ADOTTATO UNA LINEA DURA SIA CONTRO ATENE (CHIUDENDO I RUBINETTI) CHE CONTRO BERLINO (SUL QUANTITATIVE EASING) E COSÌ HA RICOMPATTATO L’EUROPA

Tonia Mastrobuoni per “la Stampa”

DRAGHI MERKELDRAGHI MERKEL

 

«La Bce ci ha stretto il cappio attorno al collo». Questa affermazione nasconde due buone notizie per Mario Draghi. La prima: è stata pronunciata dal premier greco Alexis Tsipras. La seconda: è contenuta in un’intervista che uscirà sul prossimo numero del più importante quotidiano tedesco, Spiegel.

 

Il motivo dell’irritazione dei greci è chiara: la Bce ha confermato che senza un nuovo piano di riforme e di aiuti, i rubinetti resteranno sostanzialmente chiusi. Proprio per questo, nell’eterno gioco di specchi che caratterizza la politica greca e quella tedesca, Berlino può dichiararsi soddisfatta. E il messaggio che passerà in Germania, aiuta moltissimo Draghi.

A prima vista, chiudendo la porta ad Atene, il presidente della Bce ha rispettato una regola sacra, che contrappone i tedeschi da sempre alla Francia e ad altri Paesi, che vorrebbero Francoforte più assoggettata ai governi o ai Parlamenti.

draghi merkel renzi hollandedraghi merkel renzi hollande

 

L’ha ricordata lui stesso, svelando due giorni fa i dettagli del quantitative easing: la Bce «è un’istituzione basata su regole, non un’istituzione politica». Un dettaglio fondamentale. Da un lato, perché se la Bce non fosse del tutto autonoma dalla politica, non avrebbe la credibilità di cui gode sui mercati e non avrebbe potuto salvare l’Europa per due volte in tre anni da una catastrofe. Nel 2012 dalla fine dell’euro; in questi mesi da uno scenario «giapponese» di deflazione e lunga stagnazione. I mercati stanno reagendo da tempo ai suoi annunci e alle sue mosse, schiacciando l’euro e azzerando tassi e spread, dunque garantendo ai primi, deboli segnali di ripresa un’importante accelerazione.

 

Draghi, Merkel e Monti Draghi, Merkel e Monti

Soprattutto, deludendo le aspettative dei greci e prevenendo le obiezioni dei tedeschi su margini eccessivi lasciati ad Atene nell’attuale limbo negoziale, Draghi ha compiuto un capolavoro diplomatico. Nelle stesse settimane era impegnato in un’altra, complicata trattativa, quella con la Germania sul quantitative easing, sulla maxi operazione da 1100 miliardi di titoli che partirà lunedì prossimo (che peraltro rappresenta un paracadute per l’eurozona in caso di uscita della Grecia dall’euro).

 

VIGNETTA BENNY DA LIBERO DRAGHI BAZOOKATE CONTRO LA MERKEL VIGNETTA BENNY DA LIBERO DRAGHI BAZOOKATE CONTRO LA MERKEL

A dicembre, quando la Grecia si stava dirigendo verso le elezioni anticipate, a microfoni spenti i capi di Syriza ripetevano una sola cosa, a chi chiedeva cosa avrebbero fatto se avessero vinto le elezioni. Il programma di Tsipras era fin troppo esplicito: fine degli accordi con la Troika, fine dell’austerità, avanti con un programma di rilancio dell’economia, anche oneroso. Ma i dirigenti di Syriza si erano convinti che nel periodo di prevedibile, dura trattativa con le istituzioni creditrici, l’Eurotower avrebbe garantito alla Grecia la liquidità necessaria per andare avanti.

 

draghi tsiprasdraghi tsipras

Una convinzione che non aveva fatto i conti con l’altro negoziato in corso. Quello per convincere Wolfgang Schaeuble ed Angela Merkel ad accettare il quantitative easing, l’operazione quotidianamente demonizzata da nove decimi della stampa tedesca. Contrariamente al 2012, quando l’italiano riuscì a convincere la cancelliera che l’euro era seriamente a rischio e che bisognava tirare fuori il primo «bazooka», lo scudo anti-spread Omt, stavolta Draghi non è riuscito del tutto nell’impresa.

 

Tuttavia, se non ha incassato un via libera, è riuscito abilmente a scongiurare un «no», da parte di Merkel. La Germania resta scettica su quella che chiama «l’esondazione» di liquidità, e teme che i Paesi possano usarla come scusa per rimandare le riforme. Ma Berlino non si è opposta.

Draghi e SchaeubleDraghi e Schaeuble

 

Ad appena un mese da quella tregua, Draghi non poteva rischiare un secondo duello con Berlino. Specie offrendo la sponda a un Paese che continua a considerarsi il figliol prodigo dell’Europa ma che finora, con il suo zigzagare tra proposte e provocazioni, ha ottenuto un solo risultato. Ricompattare il Nord e il Sud, dalla Finlandia alla Spagna, contro di sé. Rischiando, a questo punto, lo scenario peggiore.

 

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