IL CASO NON E' CHIUSO: L'ANTIMAFIA DI NAPOLI RIAPRE DOPO TRENT'ANNI LE INDAGINI SULL'OMICIDIO DEL GIORNALISTA DEL “MATTINO” GIANCARLO SIANI

Fabio Postiglione per “Il Roma

 

LA MORTE DI GIANCARLO SIANI LA MORTE DI GIANCARLO SIANI

«Ho dato io le armi a Paoletto Cotugno e Alessandro Apostolo quel 23 settembre del 1985. Non sapevo a cosa gli servissero. Mi dissero che avevano da fare un “lavoro” al Vomero. Il giorno dopo capii. Avevano ucciso quel ragazzo, il giornalista del “Mattino”». È questa la testimonianza choc contenuta nel libro-inchiesta del caporedattore del Roma Roberto Paolo, intitolato “Il caso non è chiuso. La verità sull’omicidio Siani” (Castelvecchi editore).

 

È uno dei passaggi più sconvolgenti ed inediti del libro. Una persona che a quasi trent’anni dall’omicidio confessa di aver armato le mani dei killer di Giancarlo Siani. E gli assassini non sono le due persone condannate all’ergastolo e attualmente detenute per l’omicidio Siani, Armando Del Core e Ciro Cappuccio, uomini del clan Nuvoletta di Marano.

 

LA MORTE DI GIANCARLO SIANI LA MORTE DI GIANCARLO SIANI

È proprio sulla base di questa testimonianza, come degli altri documenti e testimoni riportati da Roberto Paolo nel suo libro, che la Direzione antimafia della Procura di Napoli ha deciso di aprire un fascicolo di indagine, affidato ad investigatori di punta dell’ufficio inquirente partenopeo, su cui vige il più stretto riserbo.

 

Ma torniamo all’inedito testimone. Al giornalista che lo ha fatto confessare ha chiesto la tutela della segretezza della fonte, come prevede la legge. Per questo l’autore del libro lo chiama con un nome di comodo: Emilio C. Nonostante le insistenze del giornalista, l’uomo non ha intenzione di parlare con l’autorità giudiziaria: «Io appartengo a famiglie di camorra che non hanno pentiti tra le loro fila. Anche se non faccio più parte di quel sistema, io con le guardie non ci posso parlare».

LA MORTE DI GIANCARLO SIANI LA MORTE DI GIANCARLO SIANI

 

È stato Roberto Paolo a rintracciarlo, cercando le persone che conoscevano e frequentavano, a metà degli anni ‘80, Paolo Cotugno e Sandro Apostolo, due esponenti di un gruppo criminale con base nel quartiere-bene di Chiaia, nei vicoli a ridosso della Riviera, ma che si era messo alle dipendenze del clan Giuliano di Forcella, per conto del quale avrebbero compiuto diversi omicidi.

 

«Io avevo 14 anni, Apostolo e Cotugno mi presero con loro e mi misero a lavorare per finta in una macelleria come garzone. In uno dei vani del frigorifero, però, invece della carne, erano custoditi due borsoni:?uno con le armi, l’altro con la droga. Quando dovevano vendere una dose o prendere una pistola, Cotugno ed Apostolo venivano da me ed io gli davo quello che serviva».

 

Giancarlo SianiGiancarlo Siani

Un intero capitolo del libro di Roberto Paolo riporta la “confessione” di Emilio C., con dovizia di particolari. L’uomo racconta che «furono i “napoletani” a chiedere il servizio, e quando dicevamo i “napoletani” intendevamo i Giuliano». Aggiunge che il giorno prima dell’agguato ci fu un primo appostamento. «Cotugno ed Apostolo mi chiesero due pistole e partirono da dietro la Riviera di Chiaia con la Fiat 126 blu di Cotugno.

 

Ma quella sera Siani non poteva morire, perché i due non si erano drogati, e quando non erano drogati non ammazzavano». In particolare, Apostolo si faceva di eroina endovena, mentre Cotugno sniffava soltanto. «Apostolo fumava Merit, due pacchetti al giorno, Cotugno no». Le Merit sono un elemento importante, perché i killer di Siani furono visti da una testimone fumare Merit sotto casa di Siani attendendo la vittima. E dieci cicche di Merit furono sequestrate sul posto subito dopo l’omicidio. Ma all’epoca non fu possibile risalire al Dna di chi le aveva fumate. Solo al suo gruppo sanguigno: gruppo zero. I due condannati all’ergastolo come esecutori dell’omicidio, però, non hanno quel gruppo sanguigno.

CAMORRA jpegCAMORRA jpeg

 

Ma torniamo al racconto di Emilio C. «Il giorno dopo quel primo appostamento, i due mi chiesero tutto il borsone con le armi e ripartirono per il Vomero. Il giorno dopo ancora Apostolo mi convocò ad un bar di via dei Mille e mi diede dei soldi per comprargli della droga. Disse che sarebbero stati via per un po’ e che dovevo recuperare il borsone con le armi dal cofano di una Rover nera, parcheggiata in via Santa Maria in Portico, e rimettere il borsone al suo posto in macelleria.

 

Lo feci e notai che mancavano tre pistole. Due dovevano quelle che avevano fatto fuoco, la terza penso che Cotugno l’aveva conservata per sé: non girava mai disarmato». La Rover nera apparteneva ad un loro sodale che però in quel periodo era detenuto: Vincenzo Irace, detto “’a vicchiarella”.

 

Emilio C. racconta anche di aver raccolto settimane dopo le confidenze di Apostolo sull’omicidio. Il quale gli disse che lui e Cotugno avevano ricevuto dai Giuliano dieci milioni di lire a testa come premio.

 

MARADONA CON IL BOSS DELLA CAMORRA GIULIANOMARADONA CON IL BOSS DELLA CAMORRA GIULIANO

Tuttavia va precisato che le verifiche compiute da Roberto Paolo, come narrato anche nel libro, non sono tutte positive, e molti dubbi restano sulla veridicità del racconto di Emilio C. Dubbi che forse la Procura potrà verificare. L’autore ha per esempio verificato che Cotugno all’epoca del delitto era detenuto nel carcere di Avezzano. Ma Emilio C. sostiene che si trovasse a Napoli con un permesso premio di tre giorni. Sarà vero?

 

Da questa e da altre testimonianze e documenti, così come dall’analisi degli atti investigativi e giudiziari dei processi sull’omicidio Siani, l’autore del libro ipotizza che a decidere l’omicidio siano stati tre clan: i Nuvoletta, i Gionta ed i Giuliano, perché vennero a sommarsi più moventi. Il più importante di questi riguarda il presunto pericolo che Siani rappresentava, agli occhi dei Giuliano e dei Gionta, per il business miliardario delle cooperative di ex detenuti, da anni solidissimo a Napoli, che i due clan si apprestavano ad esportare a Torre Annunziata.

 

Roberto Paolo ha ritrovato un articolo di Siani dell’aprile del 1985, pochi mesi prima dell’omicidio, in cui il cronista rivelava che dietro quel business potesse esserci la mano della camorra. Ipotesi che la magistratura appurò poi essere vero, con una indagine che cominciò soltanto un anno dopo l’articolo di Siani. Quell’articolo potebbe aver allarmato la malavita, e qualcuno potrebbe aver soffiato sul fuoco, per propri interessi, lasciando intendere che Siani stesse approfondendo l’argomento e si preparasse a pubblicare altre notizie scottanti.

 

vesuviosegreto@gmail.com

Ultimi Dagoreport

salvini rixi meloni bignami gavio

DAGOREPORT - I FRATELLINI D’ITALIA CI SONO O CI FANNO? SULLA QUESTIONE PEDAGGI, CI FANNO: FINGONO DI CASCARE DAL PERO DI FRONTE ALL’EMENDAMENTO LEGHISTA CHE AUMENTA IL COSTO DELLE AUTOSTRADE, MA SAPEVANO TUTTO DALL’INIZIO. QUELLO DEL CARROCCIO È STATO UN BALLON D’ESSAI PER VEDERE COSA SAREBBE SUCCESSO. MA DI FRONTE ALL’INDIGNAZIONE DI CONSUMATORI E OPPOSIZIONE LA MELONI HA ORDINATO LA RETROMARCIA – ORA IL CETRIOLONE PASSA AI CONCESSIONARI: CHE DIRANNO I VARI TOTO, BLACKSTONE, MACQUARIE E GAVIO DI FRONTE AL FORTE DIMAGRIMENTO DEI LORO DIVIDENDI? – I PIANI ECONOMICI FINANZIARI BLOCCATI E I MOLTI INCROCI DI GAVIO CON IL GOVERNO: HA APPENA VENDUTO 250MILA AZIONI DI MEDIOBANCA, FACENDO UN FAVORE, INDIRETTO A “CALTA” E ALLA SCALATA AL POTERE FINANZIARIO MILANESE PROPIZIATA DALLA FIAMMA MAGICA…

trump zelensky meloni putin

DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA?