cassa depositi renzi bassanini guzzetti costamagna gallia

IN-CASSA DEPOSITI E PRESTITI – SERGIO RIZZO LEGGE DAGOSPIA: RENZI HA FATTO FUORI BASSANINI PERCHE' ERA CONTRARIO A UN INGRESSO IN TELECOM, OPERAZIONE CALDEGGIATA DAL SUPER-CONSIGLIERE GUERRA, AMICO DI COSTAMAGNA E GALLIA

Sergio Rizzo per il “Corriere della Sera

 

franco bassanini pier carlo padoanfranco bassanini pier carlo padoan

Apprendere dai giornali che ti stanno per sfilare la poltrona sulla quale stai seduto comodamente da otto anni non dev’essere piacevole per nessuno. Quindi non lo è stato nemmeno per Franco Bassanini. E questo nonostante l’ormai ex presidente della Cassa depositi e prestiti, incarico che ha ricoperto dal 2007, sia stato quasi senza soluzione di continuità parlamentare, ministro e manager pubblico per decenni. Perciò scafato abbastanza per sapere come va la vita.

 

Ci si può forse sorprendere che un nuovo governo voglia mettere i propri uomini ai posti che contano in una grande società di Stato? Quante volte, quando era nella stanza dei bottoni, anche lui sarà stato coinvolto in decisioni tanto spiacevoli? 


Ma proprio qui c’è qualcosa che non torna. È quella che si potrebbe definire una doppia delusione. Il presidente della Cassa depositi e prestiti ha appreso dell’intenzione di sostituirlo, come dicevamo, dalle indiscrezioni di stampa anziché dal ministro dell’Economia, azionista di maggioranza della banca del Tesoro. Già, ma perché poi Pier Carlo Padoan avrebbe dovuto avvertirlo? Magari per amicizia. O semplice cortesia.

 

franco bassanini linda lanzillottafranco bassanini linda lanzillotta

Perché il ministro, del resto, non ne avrebbe avuto nemmeno la responsabilità formale: in base ai patti parasociali, oggi in via di cambiamento, la presidenza della Cassa spettava alle Fondazioni bancarie, titolari di quasi il 20 per cento. E sono appunto queste che hanno a suo tempo designato l’ex ministro della Funzione pubblica. Semmai, quindi, toccava a loro. Così ecco la prima delusione. 


La decisione di dare il suo posto a Claudio Costamagna, ex manager di Goldman Sachs e attuale presidente della più grande impresa di costruzioni italiana, la Salini Impregilo, non è certo farina del sacco del numero uno dell’Acri (l’associazione che riunisce gli enti di origine bancaria) Giuseppe Guzzetti. Bensì di Palazzo Chigi.

 

Resta il fatto che le Fondazioni si sono allineate alla scelta governativa. Suggeritore di Matteo Renzi, secondo i bene informati: l’ex amministratore delegato di Luxottica (gruppo del quale Costamagna è stato fino al 2012 consigliere di amministrazione) Andrea Guerra, già superconsigliere del premier, il quale stravede per lui al punto che l’avrebbe voluto al timone dell’Eni. 


La chiave di volta magari si potrebbe trovare nelle varie partite che le Fondazioni hanno aperto con il governo, ma non per questo il colpo è stato meno doloroso. 

franco bassaninifranco bassanini


Veniamo ora alla seconda delusione. I rapporti fra Bassanini e Renzi sono sempre stati più che buoni. Con il premier e i suoi ministri il presidente della Cassa depositi e prestiti non è mai stato avaro di consigli. Si dice che ne abbia dispensati soprattutto nella materia a lui più congeniale, la riforma della Pubblica amministrazione. Ed era forse pure questa una buona ragione per non attendersi come regalo del suo settantacinquesimo compleanno (Bassanini è del 9 maggio 1940) il licenziamento.

 

Per giunta recapitato a mezzo stampa. Nonché in barba ai patti parasociali e con un anno di anticipo rispetto alla naturale scadenza del consiglio di amministrazione, prevista per l’anno prossimo. 


Perché tutta questa fretta, siamo propensi a credere che Renzi l’abbia spiegato all’ex presidente della Cassa nel colloquio che i due hanno avuto a cose ormai fatte, prima di offrirgli come parziale riparazione l’incarico (stavolta ufficiale) di consigliere speciale. Ma siamo altrettanto certi che Bassanini sia sufficientemente esperto da essersi fatto un’idea.

 

Come in tutte le vicende di potere ammantate di un certo mistero c’è anche qui chi mette in giro le interpretazioni più strane e fantasiose: a cominciare dall’immancabile resa dei conti fra massonerie, per arrivare alla presunta avversione del presidente francese François Hollande nei confronti del finanziere Vincent Bolloré che sta inerpicandosi su Telecom Italia. 

andrea guerraandrea guerra


Impossibile sapere come siano nate certe voci assurde. Di sicuro però fra tante fesserie una cosa vera c’è, ed è l’ombra ingombrante di Telecom Italia. Un tema ancora più cruciale dopo che Renzi ha annunciato di voler puntare tutto sulla banda larga. Ma anche un tema sul quale i punti di vista di Bassanini e Guerra, argomenta sempre chi è informato dei fatti, forse non potrebbero essere più distanti. 


Il primo è convinto che la Cassa depositi e prestiti, di fatto il soggetto con più liquidità nel Paese, debba tenersi a distanza di sicurezza dal capitale della compagnia telefonica. Tanto più essendo già impegnata nella partita della banda larga con Metroweb attraverso il Fondo strategico (direttamente controllato) e F2i (del quale è sponsor). Il secondo sarebbe invece persuaso che per realizzare quel piano l’ingresso nell’azionariato di Telecom Italia non possa essere un tabù invalicabile.

 

andrea guerra matteo renzi leopoldaandrea guerra matteo renzi leopolda

Ancora qui i dietrologi si spingono a prefigurare lo sbarco al vertice della stessa Telecom dello stratega Guerra: ma come si possa conciliare questa ipotesi con il prossimo ventilato incarico ai vertici di Eataly che l’ex manager di Luxottica starebbe per assumere, è davvero arduo immaginare. 


La morale di tutto questo? Da quando Telecom è stata privatizzata, a ogni cambio di governo scoppia una nuova battaglia per il suo controllo. Curioso come la storia in questo Paese si ripeta: sempre tutto diverso, ma sempre tutto uguale. Con i telefoni a scandirne il ritmo. 

 

Ultimi Dagoreport

salvini rixi meloni bignami gavio

DAGOREPORT - I FRATELLINI D’ITALIA CI SONO O CI FANNO? SULLA QUESTIONE PEDAGGI, CI FANNO: FINGONO DI CASCARE DAL PERO DI FRONTE ALL’EMENDAMENTO LEGHISTA CHE AUMENTA IL COSTO DELLE AUTOSTRADE, MA SAPEVANO TUTTO DALL’INIZIO. QUELLO DEL CARROCCIO È STATO UN BALLON D’ESSAI PER VEDERE COSA SAREBBE SUCCESSO. MA DI FRONTE ALL’INDIGNAZIONE DI CONSUMATORI E OPPOSIZIONE LA MELONI HA ORDINATO LA RETROMARCIA – ORA IL CETRIOLONE PASSA AI CONCESSIONARI: CHE DIRANNO I VARI TOTO, BLACKSTONE, MACQUARIE E GAVIO DI FRONTE AL FORTE DIMAGRIMENTO DEI LORO DIVIDENDI? – I PIANI ECONOMICI FINANZIARI BLOCCATI E I MOLTI INCROCI DI GAVIO CON IL GOVERNO: HA APPENA VENDUTO 250MILA AZIONI DI MEDIOBANCA, FACENDO UN FAVORE, INDIRETTO A “CALTA” E ALLA SCALATA AL POTERE FINANZIARIO MILANESE PROPIZIATA DALLA FIAMMA MAGICA…

trump zelensky meloni putin

DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA?