DALLE “CENE ELEGANTI” A QUELLE “LOW COST” - IL CAV DICE ADDIO AGLI HAPPENING ALL’AMERICANA E PASSA AL MENÙ TURISTICO DI “CHECCO ALLO SCAPICOLLO” (CARO ANCHE A TOTTI AND FRIENDS): “DOVETE CAPIRE, SONO POVERO ADESSO. MI MANTENGONO I MIEI FIGLI”

Sa.Da. per “Libero quotidiano

 

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La scena andò più o meno così: alcuni dipendenti di Forza Italia da questo lato della scrivania, Silvio Berlusconi dall’altro. I primi si lamentavano con il secondo di essere stati licenziati: «Ma ragazzi, dovete capire che io sono povero adesso. Sono nullatenente. Mi mantengono i miei figli...».

 

L’espressione cementificata non presumeva l’arrivo di alcun ghigno di ironia. No, non era una barzelletta delle sue. Quello stava facendo sul serio. La condizione onirica di pauperismo, a cui si è assoggettato il Cavaliere, comporta un corollario enogastronomico. Se ne sono accorti i parlamentari azzurri l’altra sera trovandosi nel piatto un supplì in luogo della tartare di tonno. Addio fasti del passato.

 

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Quando le cene natalizie targate Berlusconi erano degli happening all’americana. Delizia per il palato e per lo spirito. Il Cav ci teneva a curare il menù e l’intrattenimento. Il primo affidato allo chef Michele Persechini, il secondo gestito in prima persona. Silvio il cabarettista, Silvio lo chansonnier, accompagnato alla chitarra da Mariano Apicella o al pianoforte da Danilo Mariani.

 

Anche il celebre e abusato menù tricolore, nella sua semplicità, nasceva dall’accostamento cromatico di primizie agroalimentari. La mozzarella di bufala campana, il pomodoro fresco, la carne chianina di primissimo taglio. E poi il gelato, la specialità del cuoco Michele. Bei tempi andati. L’anno 2014, per i deputati di Fi, segna il passaggio dal chilometro zero al km 8 della Laurentina: “Checco allo scapicollo” soppianta il Chiostro del Bramante. La foto di Alvaro Vitali trionfa sull’estetica rinascimentale.

 

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Lando Fiorini in luogo di Charles Aznavour. Il medioevo del carboidrato chiude l’epoca della dieta dissociata: pizza come antipasto e pasta al pomodoro come primo. Niente secondo. Il tutto da assumere con l’imbuto visto che il capo ha la ritirata alle 23: altro che slow food. Ai senatori, martedì sera, non era andata molto meglio. Menù turistico al ristorante le Terme del Colosseo.

 

Ambizioni da cantina chic , ma niente a che vedere col roof dell’hotel Minerva, dove erano soliti fare cin cin i componenti della Camera alta. E la spending review prosegue nel bicchiere. Vino sincero dei Castelli, quando l’ex premier era solito pasteggiare ad Amarone o, se ne aveva voglia, con le bollicine francesi. Dom Pérignon, ovviamente. Dice: c’è la crisi e la politica deve dare segnali coerenti a un Paese che tira la cinghia. Per carità. Ma la nostalgia dell’opulenza che fu non costa niente.

 

Le cene eleganti al Castello di Torcrescenza, per esempio, ma anche quelle consumate a Palazzo Grazioli, tra le mille attenzioni del padrone di casa. I pranzi con gli eurodeputati al Duke Hotel, nel cuore dei Parioli, quelli panoramici a villa Miani e all’Acquario Romano. E vogliamo dire della Sardegna? Parliamone: le cene in giardino con Tony Blair o Vladimir Putin. La gelateria sempre aperta, i fuochi d’artificio e le eruzioni del finto vulcano.

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La pizza infornata con la pala per divertimento, non per esigenza di risparmio. Se uno poi volesse infierire, dovrebbe ricordare anche i regali di Natale distribuiti dall’uomo di Arcore. Budget illimitato per le parlamentari, quasi sempre in numero minoritario nei gruppi, ma bei regaloni anche per i colleghi maschi. Ciondoli d’oro firmati Recarlo e Damiani per le signore, orologi con movimento automatico griffati “Silvio Berlusconi” per gli uomini. Malinconia. Le lancette del Cavaliere oramai sono bloccate: è sempre l’ora del risparmio..

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