xi jinping

LA CINA È TROPPO VICINA – XI JINPING, IL LEADER DELLE RIFORME CHE NON CI SONO – A CAPO DEL PARTITO E DELLA NAZIONE, AVEVA PROMESSO RILANCIO DEI CONSUMI INTERNI E RIFORME DI MERCATO, MA NON HA FATTO NULLA – L’UNICA BATTAGLIA È STATA CONTRO LA CORRUZIONE, DEPRIMENDO IL MERCATO DEL LUSSO

Ilaria Maria Sala per “La Stampa

 

xi jinping narendra modi xi jinping narendra modi

Intervento massiccio nei mercati azionari per fermarne il crollo, svalutazione della moneta per ridare fiato ad esportazioni in calo verticale: Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista dal novembre 2012 e Presidente cinese dal marzo del 2013, all’inizio del suo mandato aveva promesso ampie riforme che avrebbero dovuto dare un ruolo maggiore al mercato. Due anni e mezzo dopo, invece, il governo cinese - che dai tempi di Mao non era stato pilotato in modo così diretto da un solo uomo - tende a cercare soluzioni ai problemi economici che si accumulano senza però fare le riforme annunciate. ??Che cosa è successo?

 

In parte, gli osservatori sono rimasti vittime della propaganda cinese che parlava di svolte imminenti e di quell’usanza, ormai decennale, che saluta ogni nuovo segretario generale di partito come un riformatore, nell’attesa insensata del «Gorbaciov cinese». ?Xi Jinping, invece, ha mostrato che quello che lui intende per «riforma» non riguarda più di tanto i mercati, se non per una vaga promessa a «stimolare i consumi interni» mai concretizzata.

BERLUSCONI XI JINPING 1BERLUSCONI XI JINPING 1

 

Xi ha infatti dato il via a una campagna contro la corruzione che ha intimorito le migliaia di burocrati sfrontatamente corrotti, ma che si è anche concentrata nel liberare il campo da tutti i nemici personali dello stesso Xi: Bo Xilai, Zhou Yongkang, e molti altri, meno noti. E il consumo interno favorito dalla corruzione (che riguardava dunque i beni di lusso, i banchetti fastosi e via dicendo) è stato dimezzato. ?

 

BERLUSCONI XI JINPINGBERLUSCONI XI JINPING

Xi è più preoccupato dai temi ideologici che da quelli legati all’economia: il controllo oggi è schiacciante, e stampa ed internet sono talmente imbavagliati da essere diventati privi di interesse. Economicamente, ha ereditato dieci anni di immobilismo dell’epoca di Hu Jintao e Wen Jiabao, che avevano continuato a sollevare molte persone dalla povertà, ma ritardato la soluzione dei problemi immettendo liquidità nel mercato: quando Xi è arrivato al potere, il debito delle amministrazioni locali era di 3 trilioni di dollari. Per rifinanziarlo, è stata autorizzata l’emissione da parte dei governi locali di buoni per un valore di un trilione di dollari. Mossa non risolutiva, ma che consente alle amministrazioni locali un periodo di grazia per ristrutturarsi.

 

putin xi jinpingputin xi jinping

L’economia sta rallentando - ma la Cina vive un’epoca in cui le statistiche lasciano troppo scettici per citarle con convinzione - e la bolla immobiliare si va sgonfiando: all’inizio Xi ha introdotto severe misure per evitare la frenata. Davanti al timore di una possibile instabilità sociale, ha dunque favorito il sorgere della bolla finanziaria, alla quale l’intervento governativo non ha consentito di scoppiare.

 

XI  JINPING XI JINPING

Di nuovo: nessuna riforma.?Xi e il primo ministro Li Keqiang potrebbero voler legare il loro nome alla tanto attesa riforma delle aziende di Stato, ma su questo ci sono solo indiscrezioni: si parla di un piano già approvato per una ristrutturazione «alla singaporiana», dando indipendenza e responsabilità ai consigli d’azienda, supervisionati però da una fiduciaria governativa simile alla Temasek, il colosso finanziario sovrano legato al governo di Singapore.

 

Per stimolare consumi ed economia, inoltre, saranno emessi buoni per 1 trilione di dollari Usa che finanzieranno lavori infrastrutturali - tornando dunque alla ricetta precedente.?Per ora, l’economia cinese sotto la guida di Xi Jinping appare priva di direzione, costantemente in procinto di incamminarsi per una via più o meno innovativa per poi ritornare timorosa sui suoi passi.

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”

xi jinping vladimir putin donald trump

DAGOREPORT – L'INSOSTENIBILE PIANO DI PACE DI TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA UMILIANTE RESA DELL'UCRAINA, HA L'OBIETTIVO DI  STRAPPARE LA RUSSIA DALL’ABBRACCIO ALLA CINA, NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA - CIÒ CHE IL TYCOON NON RIESCE A CAPIRE È CHE PUTIN LO STA PRENDENDO PER IL CULO: "MAD VLAD" NON PUÒ NÉ VUOLE SFANCULARE XI JINPING - L’ALLEANZA MOSCA-PECHINO, INSIEME AI PAESI DEL BRICS E ALL'IRAN, È ANCHE “IDEOLOGICA”: COSTRUIRE UN NUOVO ORDINE MONDIALE ANTI-OCCIDENTE – IL CAMALEONTISMO MELONI SI INCRINA OGNI GIORNO DI PIÙ: MENTRE IL VICE-PREMIER SALVINI ACCUSA GLI UCRAINI DI ANDARE “A MIGNOTTE” COI NOSTRI SOLDI, LA MELONI, DAL PIENO SOSTEGNO A KIEV, ORA NEGA CHE IL PIANO DI TRUMP ACCOLGA PRATICAMENTE SOLO LE RICHIESTE RUSSE ("IL TEMA NON È LAVORARE SULLA CONTROPROPOSTA EUROPEA, HA SENSO LAVORARE SU QUELLA AMERICANA: CI SONO MOLTI PUNTI CHE RITENGO CONDIVISIBILI...")

donald trump volodymyr zelensky vladimir putin servizi segreti gru fsb cia

DAGOREPORT - L’OSCENO PIANO DI PACE SCODELLATO DA TRUMP, CHE EQUIVALE A UNA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA, ANDAVA CUCINATO BENE PER FARLO INGOIARE A ZELENSKY - E, GUARDA LA COINCIDENZA!, ALLA VIGILIA DELL’ANNUNCIO DEL PIANO TRUMPIANO SONO ESPLOSI GLI SCANDALI DI CORRUZIONE A KIEV, CHE VEDONO SEDUTO SU UN CESSO D’ORO TIMUR MINDICH, L’EX SOCIO DI ZELENSKY CHE LO LANCIÒ COME COMICO - PER OTTENERE ZELENSKY DIMEZZATO BASTAVA POCO: È STATO SUFFICIENTE APRIRE UN CASSETTO E DARE ALLA STAMPA IL GRAN LAVORIO DEI SERVIZI SEGRETI CHE “ATTENZIONANO” LE TRANSIZIONI DI DENARO CHE DA USA E EUROPA VENGONO DEPOSITATI AL GOVERNO DI KIEV PER FRONTEGGIARE LA GUERRA IN CORSO…