LA CONSULTA DI DAMOCLE - DOPO LA SENTENZA SULLE PENSIONI, DALLA CORTE COSTITUZIONALE POTREBBERO ARRIVARE TRE SILURI PER RENZI (E PER I CONTI PUBBLICI) SUGLI STIPENDI DEI DIPENDENTI STATALI, I PRELIEVI DI EQUITALIA E IL CONTRIBUTO SU PENSIONI OLTRE 90 MILA EURO -

Il blocco degli stipendi del pubblico impiego, congelati dal 2011, potrebbe costare oltre 10 miliardi - L’inizio del dibattimento è fissato per il 23 giugno. Secondo, la legittimità del prelievo di un aggio del 3% sulle cartelle esattoriali da parte di Equitalia: se incostituzionale, altro buco di tre miliardi. Infine, il contributo di solidarietà fino all’8% imposto dal governo Letta alle pensioni superiori ai 90mila euro…

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Roberto Giovannini per “la Stampa”

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Forse per l’«Istat unico partito di opposizione» (copyright Maurizio Sacconi, Ncd) è arrivato un nuovo «alleato»: la Corte Costituzionale. Se l’istituto di statistica getta spesso e volentieri acqua gelata sulla «narrazione» di Matteo Renzi con i suoi dati su Pil e disoccupazione, adesso è la Consulta a bastonare spesso e volentieri il governo. Dopo la batosta miliardaria sulle pensioni, venerdì è arrivata un’altra bottarella, cioè la bocciatura della «irragionevole» sovrattassa sulle sigarette elettroniche.

 

Ma potenzialmente i guardiani della Costituzione hanno l’occasione di sganciare una bomba atomica su Palazzo Chigi: nelle prossime settimane i giudici dovranno decidere della sorte di provvedimenti che valgono molti miliardi di euro. A cominciare dai contratti pubblici.

 

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La lista fa paura. Primo, il blocco degli stipendi del pubblico impiego, congelati dal 2011, che potrebbe costare oltre 10 miliardi (anche 20, secondo qualcuno). L’inizio del dibattimento è stato fissato per il prossimo 23 giugno. Secondo, la legittimità del prelievo di un aggio del 3 per cento sulle cartelle esattoriali da parte di Equitalia: se incostituzionale, si ipotizza un altro buco di tre miliardi. Infine, si dovrà giudicare il contributo di solidarietà fino all’8% imposto dal governo Letta alle pensioni superiori ai 90mila euro. Tuttavia un provvedimento simile varato dal governo Monti fu bocciato in passato.

 

matteo renzi pier carlo padoan matteo renzi pier carlo padoan

Che la Consulta possa diventare un avversario prima, e un obiettivo da conquistare poi per Matteo Renzi - come ai tempi tentò, senza successo, Silvio Berlusconi - lo fanno capire alcuni commenti di queste ore. Un editoriale in «prima» del Sole 24 Ore afferma che «sembra quasi che una parte dei giudici costituzionali viva in mondo tutto suo», come «le élite politiche e sindacali, e i tanti che difendono rendite di posizione anacronistiche».

 

mario monti enrico letta mario monti enrico letta

Altri media vicini al «Partito della Nazione» ricordano i costi e i notevolissimi privilegi (veri e impressionanti) di cui godono i giudici della Corte. Vittorio Feltri sul Giornale ipotizza (criticandole) che saranno proprio le toghe di Palazzo della Consulta a costringere alle dimissioni Renzi. Stampa e Corsera hanno parlato di un piano del premier per far eleggere un suo uomo tra i giudici costituzionali. Tra i nomi, quelli di Stefano Ceccanti e Augusto Barbera. Di certo Renzi impedirà le convergenze tra Pd e M5S, come quella che ha portato alla nomina di Silvana Sciarra lo scorso novembre.

 

STEFANO CECCANTI STEFANO CECCANTI

Un primo problema è numerico. La Corte dovrebbe funzionare con 15 giudici; oggi ce ne sono solo 13, e sulle pensioni (assente perché malato il «togato» Giuseppe Lattanzi) la parità è stata rotta dal voto del Presidente Alessandro Criscuolo. A luglio passerà la mano un altro togato» Paolo Maria Napolitano, e si scenderà a 12 giudici: un rischio istituzionale, puntualizzano insigni giuristi.

 

Augusto Barbera Augusto Barbera

Come si intreccerà questa partita con le decisioni su contratti pubblici e altre materie potenzialmente esplosive per i conti è da vedere. Chi conosce l’atmosfera di Palazzo della Consulta è pronto a scommettere che però non ci sarà a breve un nuovo scontro frontale con Palazzo Chigi. Magari l’esame della norma sui contratti potrebbe richiedere - diplomaticamente - più tempo del previsto.

 

 

 

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