E SE AVESSE RAGIONE BOSSI? - CONFRONTARE LE RIFORME PENSIONISTICHE DEGLI ALTRI PAESI E SCOPRIRE CHE LE CICALE NON SONO GLI ITALIANI - A 67 ANNI I TEDESCHI CI ARRIVERANNO DOPO DI NOI, PIÙ TARDI ANCHE I FRANCESI - Già ORA I COMPATRIOTI DEL NANO DELL’ELISEO SI RITIRANO DAL LAVORO PRIMA DI NOI - SE PASSASSE LA RIFORMA CHIESTA DALL’EUROPA ANDREMMO IN PENSIONE ANCHE PRIMA DEGLI SCANDINAVI…

Giovanni Stringa per il "Corriere della Sera"


In pensione a 67 anni per fare come il resto d'Europa? Non proprio, visto che in alcuni Paesi del vecchio Continente, anche nella stessa Francia che ci chiede sacrifici, l'età media di pensionamento viaggia addirittura sotto i 60 anni. Lo raccontano gli ultimi dati dell'Ocse, riferiti al periodo 2004-2009: gli uomini italiani vanno in pensione in media a 61,1 anni, i francesi a 59,1. Sotto quota 60 anche le donne d'Oltralpe, con il primo assegno previdenziale che arriva in media a 59,7 anni. Questa volta, però, le italiane se la cavano meglio: per loro l'addio definitivo a uffici e stabilimenti arriva a 58,7 anni.

RIFORME A CONFRONTO
Ma - tra messieurs e signori - a ridere continuano a essere i primi più dei secondi, anche quando in conto si mettono le riforme degli ultimi mesi di Parigi e Roma. Oltralpe l'aumento progressivo dell'età pensionabile, per gli assegni a tasso pieno di uomini e donne, porterà l'agognato passaggio dalle scrivanie all'orto in giardino da 65 anni (oggi) a 67 anni nel 2023. In quell'anno, però, gli uomini italiani dovranno avere tre mesi in più dei cugini francesi (67 e 3 mesi, quindi), per andare in pensione, complici le nuove «finestre mobili» e l'adeguamento alla speranza di vita. Quei 67 anni e tre mesi diventano poi 67 anni e nove mesi per gli autonomi, il cui tempo d'attesa della «finestra» è più lungo di sei mesi.

Stesso discorso e stessi numeri (67 anni e tre mesi) per le dipendenti del settore pubblico, mentre le assunte nel privato potranno fermarsi a 65 anni e sei mesi. Senza contare, però, l'ultima stretta italiana attesa in questi giorni, che dovrebbe spostare ulteriormente più in là l'asticella tra Otranto e Ventimiglia.

Ma i francesi hanno dalla loro parte un debito ben più contenuto del nostro, e non si concedono le pensioni di anzianità all'italiana con il primo assegno a 60 anni per 36 annualità contributive (più un anno di «finestra»). Oggi possono comunque lasciare il lavoro, per le pensioni che non sono a «tasso pieno», a 60 anni con 40 di contributi. Da sessanta si passerà a sessantadue nel 2018.

FORMICHE E CICALE?
L'Italia non fa la figura della cicala neanche nel confronto con la formica per eccellenza, la Germania. Incrociando i dati dell'Inps con quelli della Commissione europea si scopre che, mettendo in conto le riforme già approvate a Roma e Berlino, nel 2020 i tedeschi - uomini e donne - incasseranno il primo assegno previdenziale a 65 anni e nove mesi: vale a dire 14 mesi prima dei maschi italiani (e delle statali), che invece dovranno aspettare i 66 anni e undici mesi.

Anche questa volta, poi, gli autonomi d'Italia devono mettere in conto sei mesi in più. Le dipendenti d'azienda, invece, potranno lasciare il lavoro a 63 anni e otto mesi, nell'attesa di un completa parità uomini-donne e pubblico-privato che dovrebbe arrivare intorno al 2030.

HERR SCHMIDT E IL SIGNOR ROSSI
Tornando in Germania, Herr e Frau Schmidt dovranno aspettare i 67 anni solo a partire dal 2029, contro il ben più vicino 2023 per i Signori e le Signore Rossi (le statali) e il 2027 delle Signore Bianchi (nel settore privato). Insomma, a quota 67 arriveremo prima noi. E soprattutto i nostri autonomi, che - complice il solito «sovrapprezzo» di una finestra più lunga di sei mesi - arriveranno a quota 67 già nel 2017. Il confronto si capovolge, ma non di tanto, sulle pensioni di anzianità: noi siamo oggi a una sorta di quota 97 (60 anni d'età, 36 di contributi e un anno di «finestra»), loro a quota 98 (63 anni d'età e 35 di contributi, ma con un assegno previdenziale «ridotto»).

D'altra parte, però, rispetto a noi i tedeschi vantano conti pubblici decisamente più in salute, un «brand» di affidabilità granitica e, last but not least, non hanno mai regalato baby pensioni a pioggia. È difficile, infatti, trovare in Germania delle impiegate pubbliche andate in pensione dopo 14 anni, sei mesi e un giorno di contributi. Come invece è successo a tante italiane tra il 1973 e il 1992.

LA CLASSIFICA IN EUROPA
La stretta previdenziale in Europa, poi, cambierà faccia in questo decennio. Se oggi, infatti, l'Italia è nella parte più «spensierata» della classifica, nel 2020 sarà - giocoforza - nel podio dell'Austherity. Succederà per le pensioni di vecchiaia degli uomini dipendenti (e delle statali): oggi sono solo sei i Paesi dell'Unione Europea dove i lavoratori incassano in media l'assegno previdenziale prima degli italiani; nel 2020 solo finlandesi e svedesi - e in determinati casi - andranno in pensione dopo di noi. Sarà ancora più «rigida», in Italia, la situazione per gli autonomi. Mentre sarà più «generoso» lo scenario, se ci saranno ancora, per le pensioni di anzianità e - se il livellamento non sarà anticipato - per le dipendenti del settore privato.

IL CASO SCANDINAVO
Anche qui, come sempre, vale la postilla della possibile nuova riforma: se il governo deciderà in questi giorni un'altra stretta, allora magari «quota 67» si avvicinerà ancora. E, almeno per gli uomini - e pensioni di anzianità a parte - potremmo smettere di lavorare più tardi non solo di tedeschi e francesi, ma anche degli scandinavi. Altro che livellamento.

 

UMBERTO BOSSI NICOLAS SARKOZYANGELA MERKELGIULIO TREMONTI CON BODYGUARD Silvio Berlusconi

Ultimi Dagoreport

antonio angelucci tommaso cerno alessandro sallusti

FLASH – UCCI UCCI, QUANTI SCAZZI NEL “GIORNALE” DEGLI ANGELUCCI! NON SI PLACA L’IRA DELLA REDAZIONE CONTRO L’EDITORE E I POCHI COLLEGHI CHE VENERDÌ SI SONO ZERBINATI ALL'AZIENDA, LAVORANDO NONOSTANTE LO SCIOPERO CONTRO IL MANCATO RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE E PER CHIEDERE ADEGUAMENTI DEGLI STIPENDI (ANCHE I LORO). DOPO LO SCAMBIO DI MAIL INFUOCATE TRA CDR E PROPRIETÀ, C’È UN CLIMA DA GUERRA CIVILE. L’ULTIMO CADEAU DI ALESSANDRO SALLUSTI, IN USCITA COATTA (OGGI È IL SUO ULTIMO GIORNO A CAPO DEL QUOTIDIANO). AL NUOVO DIRETTORE, TOMMASO CERNO, CONVIENE PRESENTARSI CON L'ELMETTO DOMANI MATTINA...

elly schlein giuseppe conte giorgia meloni rocco casalino

DAGOREPORT - QUESTA VOLTA, ROCCO CASALINO HA RAGIONE: ELLY SCHLEIN SULLA QUESTIONE ATREJU “HA SBAGLIATO TUTTO” - LA GRUPPETTARA DEL NAZARENO, CHIEDENDO UN FACCIA A FACCIA CON GIORGIA MELONI, HA DIMOSTRATO DI ESSERE ANCORA UNA VOLTA UN’ABUSIVA DELLA POLITICA. HA SERVITO SUL PIATTO D’ARGENTO ALLA DUCETTA L’OCCASIONE DI FREGARLA, INVITANDO ANCHE GIUSEPPE CONTE PER UN “THREESOME” IN CUI LA PREMIER AVREBBE SPADRONEGGIATO – IN UN CONFRONTO A TRE, CON ELLY E PEPPINIELLO CHE SI SFANCULANO SULLA POLITICA INTERNAZIONALE, DAL RIARMO ALL’UCRAINA, E FANNO A GARA A CHI SPARA LA “PUTINATA” O LA “GAZATA” PIÙ GROSSA, LA DUCETTA AVREBBE VINTO A MANI BASSE – QUEL FURBACCHIONE DI CONTE NON SI TIRA INDIETRO: NONOSTANTE LA DEM SI SIA SFILATA, LUI CONFERMA LA SUA PRESENZA AL DIBATTITO: "MI DISPIACE DEL FORFAIT DI ELLY, PER ME È IMPORTANTE CHE CI SIA UN CONFRONTO E POTEVAMO FARLO ANCHE INSIEME. POTEVAMO INCALZARE LA PREMIER..."

alessandro giuli beatrice venezi gianmarco mazzi

DAGOREPORT - A CHE PUNTO SIAMO CON IL CASO VENEZI? IL GOVERNO, CIOÈ IL SOTTOSEGRETARIO ALLA CULTURA GIANMARCO MAZZI, HA SCELTO LA STRATEGIA DEL LOGORAMENTO: NESSUN PASSO INDIETRO, “BEATROCE” IN ARRIVO ALLA FENICE DI VENEZIA NEI TEMPI PREVISTI, MENTRE I LAVORATORI VENGONO MASSACRATI CON DISPETTI E TAGLI ALLO STIPENDIO. MA IL FRONTE DEI RESISTENTI DISPONE DI UN’ARMA MOLTO FORTE: IL CONCERTO DI CAPODANNO, CHE SENZA L’ORCHESTRA DELLA FENICE NON SI PUÒ FARE. E QUI STA IL PUNTO. PERCHÉ IL PROBLEMA NON È SOLO CHE VENEZI ARRIVI SUL PODIO DELLA FENICE SENZA AVERE UN CURRICULUM ADEGUATO, MA COSA SUCCEDERÀ SE E QUANDO CI SALIRÀ, NELL’OTTOBRE 2026 - CI SONO DUE VARIABILI: UNA È ALESSANDRO GIULI, CHE POTREBBE RICORDARSI DI ESSERE IL MINISTRO DELLA CULTURA. L’ALTRA È LA LEGA. ZAIA SI È SEMPRE DISINTERESSATO DELLA FENICE, MA ADESSO TUTTO È CAMBIATO E IL NUOVO GOVERNATORE, ALBERTO STEFANI, SEMBRA PIÙ ATTENTO ALLA CULTURA. IL PROSSIMO ANNO, INOLTRE, SI VOTA IN LAGUNA E IL COMUNE È CONTENDIBILISSIMO (LÌ LO SFIDANTE DI SINISTRA GIOVANNI MANILDO HA PRESO UNO 0,46% PIÙ DI STEFANI)

emmanuel macron friedrich merz giorgia meloni donald trump volodymyr zelensky vladimir putin

DAGOREPORT – ET VOILA', ANCHE SULLA SCENA INTERNAZIONALE, IL GRANDE BLUFF DI GIORGIA MELONI È STATO SCOPERTO: IL SUO CAMALEONTISMO NON RIESCE PIÙ A BARCAMENARSI TRA IL TRUMPISMO E IL RUOLO DI PREMIER EUROPEO. E L'ASSE STARMER-MACRON-MERZ L'HA TAGLIATA FUORI – IL DOPPIO GIOCO DELLA "GIORGIA DEI DUE MONDI" HA SUPERATO IL PUNTO DI NON RITORNO CON LE SUE DICHIARAZIONI A MARGINE DEL G20 IN SUDAFRICA, AUTO-RELEGANDOSI COSÌ AL RUOLO DI “ORBAN IN GONNELLA”,  CAVALLO DI TROIA DEL DISGREGATORE TRUMP IN EUROPA - DITE ALLA MELONA CHE NON È STATO SAGGIO INVIARE A GINEVRA IL SUO CONSIGLIERE DIPLOMATICO, FABRIZIO SAGGIO… - VIDEO

barigelli cairo

DAGOREPORT - PANDEMONIO ALLA "GAZZETTA DELLO SPORT"! IL DIRETTORE DELLA “ROSEA” STEFANO BARIGELLI VIENE CONTESTATO DAL COMITATO DI REDAZIONE PER LE PRESSIONI ANTI-SCIOPERO ESERCITATE SUI GIORNALISTI – LA SEGRETARIA GENERALE FNSI DENUNCIA: “I COLLEGHI DELLA 'GAZZETTA' CHE VOGLIONO SCIOPERARE VENGONO RINCORSI PER I CORRIDOI DAI LORO CAPIREDATTORI E MINACCIATI: ‘NON TI FACCIO FARE PIÙ LA JUVENTUS…” - BARIGELLI AVREBBE RECLUTATO UNA VENTINA DI GIORNALISTI PER FAR USCIRE IL GIORNALE SABATO E DIMOSTRARE COSI' ALL’EDITORE URBANETTO CAIRO QUANTO CE L’HA DURO – LA VICE-DIRETTRICE ARIANNA RAVELLI AVREBBE PURE DETTO IN MENSA A BARIGELLI: “STIAMO ATTENTI SOLO CHE NON CI SPUTTANI DAGOSPIA...” - VIDEO

luigi lovaglio giuseppe castagna giorgia meloni giancarlo giorgetti francesco gaetano caltagirone milleri monte dei paschi di siena

DAGOREPORT - È VERO, COME SOSTENGONO "CORRIERE" E “LA REPUBBLICA”, CHE L’OPERAZIONE MPS-MEDIOBANCA È “PERFEZIONATA E IRREVERSIBILE”? PIU' SAGGIO ATTENDERE, CON L'EVENTUALE AVANZAMENTO DELL'INCHIESTA GIUDIZIARIA MAGARI (IERI ED OGGI SONO STATI PERQUISITI GLI UFFICI DEGLI INDAGATI), QUALE SARÀ LA RISPOSTA DEGLI INVESTITORI DI PIAZZA AFFARI (GIA' MPS E' STATA MAZZOLATA IN BORSA) - POTREBBERO ANCHE ESSERCI RIPERCUSSIONI SUL COMPAGNO DI AVVENTURE DI CALTARICCONE, FRANCESCO MILLERI, CHE GUIDA L'HOLDING DELFIN LA CUI PROPRIETÀ È IN MANO AI LITIGIOSISSIMI 8 EREDI DEL DEFUNTO DEL VECCHIO - MA IL FATTO PIÙ IMPORTANTE SARA' IL RINNOVO AD APRILE 2026 DELLA GOVERNANCE DI GENERALI (PER CUI È STATA ESPUGNATA MEDIOBANCA) E DI MPS DEL LOQUACE CEO LUIGI LOVAGLIO (VEDI INTERCETTAZIONI) - INFINE, PIÙ DI TUTTO, CONTANO I PASSI SUCCESSIVI DELLA PROCURA DI MILANO, CHE PUÒ SOSPENDERE L’OPERAZIONE DELLA COMBRICCOLA ROMANA FAVORITA DA PALAZZO CHIGI SE INDIVIDUA IL RISCHIO DI REITERAZIONE DEI REATI (DA PIAZZA AFFARI SI MOLTIPLICANO LE VOCI DI NUOVI AVVISI DI GARANZIA IN ARRIVO PER I "FURBETTI DEL CONCERTINO''...)