ALLA MARCIA DELLE DONNE CONTRO TRUMP
Una marea umana a Washington per la “marcia delle donne”, una mobilitazione nata da un’idea lanciata su Facebook e diventata un evento storico con centinaia di migliaia di persone che, nel primo giorno dell’amministrazione Trump, si sono riversate nella capitale per far sentire la propria voce, per dare forma alla protesta contro un presidente che «non ci rappresenta», dicono. E il messaggio è forte e chiaro nella mobilitazione che ha pochi precedenti, al punto che l’organizzazione dell’evento è costretta a cambiare i piani all’improvviso per gestire l’enorme partecipazione, oltre ogni aspettativa. E quando la marcia parte cambia anche il tragitto: si va verso la Casa Bianca.
MADONNA E CHER ALLA MARCIA DELLE DONNE CONTRO TRUMP 3
Si parla di oltre 500 mila persone che come un fiume in piena scorrono lungo le principali arterie della città. Un’onda rosa che nella protesta adesso sembra inarrestabile. Ma ci sono tutti i colori dell’America in questa massa umana, ci sono tutte le generazioni, ci sono gli uomini scesi in piazza da «alleati» delle donne, ci sono famiglie intere, con bambini piccoli. Ci sono i padri e le figlie. I nonni e i nipoti. C’è chi ha guidato per dieci ore per essere qui. Chi è arrivato in treno o in bus.
CHER ALLA MARCIA DELLE DONNE CONTRO TRUMP 4
E per tutta la mattinata i vagoni della metropolitana hanno viaggiato pienissimi. Qualcuno ha cominciato a scandire slogan e intonare canti fin da lì, nonostante la calca. Alle fermate designate per la manifestazione scendono tutti e alzano subito i cartelli: Black Lives Matter, R-E-S-P-E-C-T, «I diritti delle donne sono diritti umani», «La diversità rende l’America grande ADESSO!».
Sono tra le migliaia di messaggi, dai più classici ai più creativi. E non si contano i pussyhat, i cappellini rosa nati da un’idea di due amiche californiane e diventati simbolo della protesta. Li indossano anche i moltissimi uomini che marciano con le mogli, le figlie, le amiche, le sorelle. Il perché lo spiega Michael Mcewen del Maryland: «Mi ha portato in piazza oggi il desiderio, da uomo, di essere un alleato delle donne. Non sono qui per guidare questa marcia, non sono io il protagonista, ma sono qui per difendere il rispetto dei diritti di tutti».
ALLA MARCIA DELLE DONNE CONTRO TRUMP
Si torna a dar voce alla delusione di aver “perso” le elezioni e quasi tutti non mancano di ricordare che il voto popolare aveva dato ragione a Hillary Clinton. Adesso però «si riparte da qui», dicono, garantendo rinnovato attivismo e impegno per i prossimi quattro anni. E sì c’è la «paura» più volte menzionata per un’America guidata da Donald Trump: «È terribile, rappresenta tutto ciò contro cui abbiamo lottato tanto. Ci sentiamo umiliati. Umiliati agli occhi dell’Italia, della Francia, degli altri paesi e abbiamo paura. Però siamo qui per dimostrare che siamo uniti», spiegano Laura Dean Peggy Flatley e Megha Pana giunte a Washington da St. Louis e dalla Florida.
YOKO ONO ALLA MARCIA DELLE DONNE CONTRO TRUMP 1
Così se la protesta contro Trump nel giorno dell’Inaugurazione urlava «Resistenza!» nel montare di una tensione che ha dato vita anche a disordini e scontri la “marcia delle donne” diventata globale vuole mostrare l’unità. Un popolo che marcia compatto nelle sue differenze. «Dobbiamo continuare a lottare adesso. E questo è solo un piccolo passo» per Cecilia Peralta che con il marito è arrivata a Washington in auto dall’Indiana, «e ce la faremo, basta guardare cosa c’è qui oggi... ».
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ANCHE A ROMA LE DONNE MARCIANO CONTRO TRUMP
Marce si sono tenute anche in altre grandi città come Berlino, Parigi, Roma e Amsterdam. Sui social media, hanno dato il proprio sostegno alle dimostrazioni celebri attiviste per i diritti umani, come Bianca Jagger e la cantante Charlotte Church, ma anche l’attore Ian McKellen. Anche in Africa si è fatta sentire la voce delle donne, con alcune centinaia di persone in marca alla Karura forest di Nairobi, in Kenya.
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