GRAN CASINO RATZINGER: RIMANE “INFALLIBILE”? ADDIO SPIRITO SANTO? - E’ GIÀ BAGARRE TRA GIURISTI E TEOLOGI: “SE IL PAPA HA UNA VICARÌA CELESTE, CIOÈ UN POTERE CHE GLI VIENE DA DIO, ALLORA QUEL POTERE NON CESSA” - LA CURIA OVVIAMENTE NON VUOLE UN “PAPA EMERITO” IN GRADO DI TOGLIERE AUTOREVOLEZZA AL NUOVO ELETTO …

1 - DUE PONTEFICI POSSONO CONVIVERE? I DUBBI DEI GIURISTI
Virginia Piccolillo per il "Corriere della Sera"

C'è chi minimizza. E chi prefigura rischi per la Chiesa. Certo è che la convivenza di due Papi, quello da eleggere e il suo predecessore per la prima volta nella storia recente ancora in vita, Joseph Ratzinger, qualche interrogativo di diritto lo pone.
Padre Ottavio De Bertolis, canonista della Pontificia Università Gregoriana, semplifica. «Dal 28 febbraio Joseph Ratzinger non è più Papa. Punto e basta. Quindi non ci saranno due Papi, ma uno».

Quali saranno i suoi diritti e doveri?
«Il diritto canonico su questo tace. Dalla prassi è difficile tirar fuori qualcosa perché troppo antica. Ci vorrebbe un teologo. Una cosa è certa resterà vescovo. Perché l'ordinazione è per sempre: il sacerdote resta tale anche se si "spreta". Ma ipotizzo che rinunciando ad essere Pontefice Ratzinger perderà anche il potere di governo della Chiesa universale, potere esteso anche alle cose di fede».

E l'infallibilità?
«L'infallibilità ce l'ha il Papa, in quanto tale, e viene esercitata solo di rado quando si definisce la materia di fede, non quando si predica o si scrive un'enciclica».

Si potrà continuare a chiamarlo Sua Santità o Papa emerito?
«Sua Santità è un'espressione di uso umano, non è scritta da alcuna parte. La stessa parola Papa significa papà. La prassi dovrà essere costruita».

E se vorrà tornare ad intervenire?
«Non può. Non è più Papa».

Concorda Gaetano Lo Castro, docente di Diritto Canonico e Diritto Ecclesiastico all'Università La Sapienza: «E' come se fosse morto. Il Papa che rinuncia non ha più nessuna funzione nella Chiesa».

Aveva il diritto di «scendere dalla croce»?
«Certo. Lo prevede la norma scritta da Celestino V e recepita anche nel Codice di diritto canonico e nella Costituzione apostolica dello stesso papa Wojtyla. All'articolo 77 si dice che tutto ciò che precede e segue l'elezione del Pontefice deve essere osservato integralmente anche se la vacanza della Sede dovesse avvenire per "rinuncia del Sommo Pontefice"».

E sul dopo?
«Non c'è nulla perché non è più Papa. Non può intervenire nè nella diocesi, nè come Papa».

Paradossalmente, sono i laici dichiarati a temere di più la situazione. Piero Bellini, accademico dei lincei e professore emerito di storia del diritto canonico, fa notare: la questione posta da papa Wojtyla («Non si scende dalla Croce») un fondamento ce l'ha. Le dimissioni sono previste dal punto di vista giuridico, che non sempre corrisponde al diritto etico.

«È un po' come per gli antichi re che lo erano fino alla morte. In più il Papa è legato da un vincolo sacrale. Se la Chiesa è il Corpo mistico di Cristo il suo capo partecipa di quel misticismo. E se il Papa ha una vicarìa celeste, cioè un potere che gli viene da Dio, allora quel potere non cessa». E, a differenza di un funzionario o un amministratore di azienda - argomenta - ha il dovere di continuare ad esercitare il proprio compito del quale deve rispondere a Dio.

«Io sono un coetaneo di papa Ratzinger e so bene che un anziano ha ridotte capacità, ma il fatto che papa Wojtyla sia morto sulla linea di fuoco ha dato prestigio alla Chiesa. Ora la certezza della sacralità del papato, confortata nel passaggio dei secoli, viene messa in discussione. E ci può essere chi dissente.

Tutto dipenderà dalla prudenza di Ratzinger che deve essere tanto saggio da evitare attriti. Perché la carica scismatica che si pone, in germe, è un rischio enorme. Non è un bel segnale che lui resti in Vaticano. È un po' come avere il vecchio padre in casa con cui si deve confrontare il figlio maggiorenne. Da laico arrabbiato dico però che non può essere retrocesso. Non condivido il 99% delle sue idee, ma è un grande pensatore e togliergli il titolo di Sua Santità sarebbe un insulto».

2 - DA INFALLIBILE A UMANO JOSEPH RATZINGER PERDE L'ULTIMO CARISMA
Marco Tosatti per "la Stampa"

Alle ore 20 del 28 febbraio Benedetto XVI, tornato ad essere semplicemente Joseph Ratzinger, perderà anche il potere di esercitare un carisma molto particolare (e di cui non ha fatto uso), e cioè quello dell'Infallibilità pontificia. Una delle caratteristiche che ha creato maggiori polemiche all'interno della Chiesa, quando fu sancito il dogma, e che certamente rappresenta uno dei punti di maggiore divisione con le altre Chiese cristiane.

Il dogma dell'Infallibilità pontificia, per la dottrina cattolica si rivela quando il Papa sancisce, cioè quando conferma, e propone all'attenzione e alla fede del popolo cristiano verità di fede e di morale. In quell'occasione deve esplicitamente annunciare che parla «ex cathedra», cioè come dottore universale della Chiesa. Ovviamente questo non significa che il Papa possa inventare di sua iniziativa verità di fede e di morale, e stabilirle come dogma.

L'Infallibilità pontificia è stata sancita dal Concilio vaticano I, nell'anno 1870, quello della presa di Roma. E provocò non pochi contrasti all'interno della Chiesa. Vescovi d'oltralpe partirono da Roma per evitare di approvare il dogma voluto da Pio IX, e nell'Europa orientale si verificò anche un piccolo scisma, detto «veterocattolico».

Pio IX decretò: «Noi, quindi, aderendo fedelmente a una tradizione accolta fin dall'inizio della fede cristiana... con l'approvazione del santo concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce che una dottrina riguardante la fede e i costumi dev'essere ritenuta da tutta la Chiesa».

Da allora l'unico caso in cui un Pontefice ha usato il dogma è avvenuto nel 1950, quando nel 1950 papa Pio XII ha definito il dogma dell'Assunzione della Vergine Maria, usando delle parole «tecniche», cioè solenni ed esplicite: «dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».

Secondo molti teologi, anche tre insegnamenti dell'enciclica «Evangelium Vitae» di Giovanni Paolo II possono devono essere considerati dogmi non modificabili; ma la mancanza di un testo esplicito come quello di Pio XII lascia la questione aperta, e Wojtyla non l'ha rivendicato. E certamente Benedetto XVI nei suoi quasi otto anni di regno non ha sollevato problemi di infallibilità, così come i suoi predecessori più lontani, Paolo VI e Giovanni XXIII.

 

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