GRAND’ITALIA! DOPO L’INSULTO ALLO STADIO, SPACCIO LIBERO – IL GOVERNO CONGELA LE PENE E I PUSHER NON VANNO PIÙ IN GALERA – IN UN ANNO ARRESTI DIMEZZATI – LA PROTESTA DI POLIZIOTTI E MAGISTRATI CON IL GOVERNO

Gianni Barbacetto per “Il Fatto Quotidiano”

 

Risolvi un problema dentro e ne crei cento fuori. Il riferimento è alle carceri: bisogna svuotarle perché le celle sono sovraffollate e l’Europa ci bacchetta; ma il risultato è che, fuori, i reati restano impuniti. L’allarme lo lanciano i poliziotti e i magistrati impegnati, per esempio, nel contrasto allo spaccio di droga. Non possono più arrestare i pusher perché il “piccolo spaccio” ormai non prevede il carcere.

 

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Così nel giugno 2014 in 932 operazioni antidroga della Polizia di Stato sono state segnalate 1.243 persone, ma di queste solo 903 arrestate, a fronte di sequestri di ben 76 tonnellate di sostanze stupefacenti. Un anno fa, nel giugno 2013, in 1.556 operazioni antidroga, in cui furono sequestrate poco più di 3 tonnellate di stupefacenti, le persone segnalate furono ben 2.737, quasi tutte (2.055) arrestate. Dunque, in un anno, sono dimezzati gli arresti e quasi dimezzate le operazioni antidroga: tanto sono quasi inutili, visto che gli spacciatori devono essere lasciati liberi (di tornare al loro lavoro).

 

Questo è ciò che si vede fuori, con preoccupazione, allarme e frustrazione degli operatori giudiziari. Dall’altra parte, da dentro, cambia il punto di vista: al Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sono fieri dei risultati ottenuti. Hanno svuotato le carceri come chiesto dall’Europa. O meglio: sono riusciti ad alleggerire il sovraffollamento.

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Esibiscono dati che sono un successo: nel 2010 c’erano 68 mila detenuti in 45 mila posti; oggi sono 54 mila in 50 mila posti. In quattro anni, 14 mila detenuti in meno e 5 mila posti in più, ottenuti costruendo o ristrutturando gli istituti di pena. Per capire bene questi numeri, fanno notare al Dap, bisogna sapere che gli standard italiani sono più rigorosi (e civili) degli standard europei: questi impongono 7 metri quadrati per un detenuto, che devono aumentare di 4 metri quadrati ogni detenuto in più nella stessa cella. In Italia, invece, gli standard sono di 9 metri quadrati per detenuto, aumentati di 5 ogni detenuto in più.

 

Più spazi (anche se 5 mila non sono molti), ma soprattutto meno detenuti. Come è stato ottenuto l’alleggerimento? Con le nuove norme sulla droga, visto che il 20 per cento delle persone in carcere sono in cella per spaccio. “Ma è stata la Corte costituzionale”, spiegano al Dap, “a dichiarare illegittimo il decreto Fini-Giovanardi sulle droghe, imponendo il ritorno alle norme precedenti, che distinguono droghe leggere e droghe pesanti e prevedono pene miti per il piccolo spaccio”.

 

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Attenzione, però: le vecchie norme, per lo spaccio di droghe pesanti, prevedevano una pena massima di 6 anni, permettendo l’arresto degli spacciatori. “Poi però è intervenuto il governo”, spiegano alla procura di Milano, “che ha abbassato la pena massima a 4 anni. Così oggi l’arresto in flagranza lo puoi fare comunque, ma è inutile: niente carcere sotto i 5 anni, dunque la mattina dopo l’arresto devi lasciar andare il pusher, che ormai gira con poche bustine per volta ed è quindi sostanzialmente impunito e impunibile. Bene che vada, va agli arresti domiciliari: i poliziotti lo devono pure accompagnare a casa in macchina e in più organizzare i turni di controllo. Insomma: è chiaro che si finisce per non intervenire nemmeno”.

 

Gli arresti sono diminuiti anche perché, in generale, le leggi “svuotacarceri” impongono la cella soltanto per coloro per i quali il giudice preveda (con uno sforzo di immaginazione) una pena futura di almeno 3 anni di reclusione. Gli altri restano fuori, anche se etichettabili come socialmente pericolosi, anche se appena rilasciati tornano a commettere reati.

 

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L’alleggerimento poi è stato ottenuto anche aumentando le misure alternative. Le detenzioni domiciliari concesse sono state 15 mila dal 2010 a oggi e oggi sono circa 5 mila le persone che sono detenute a casa. Aumentato anche l’affidamento in prova ai servizi sociali: sono 20 mila le persone oggi in carico agli Uepe (gli uffici per l’esecuzione penale esterna). Finora a concedere l’affidamento in prova erano i Tribunali di sorveglianza, dopo la condanna definitiva; oggi, con la “messa in prova”, per reati con pena massima fino a 4 anni possono concederla anche i giudici, prima di arrivare a sentenza.

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Accresciuti anche gli “sconti” della liberazione anticipata: erano 45 giorni abbuonati ogni semestre passato in cella; oggi sono 75, ovvero 2 mesi di sconto ogni anno di carcere. La legge Severino ha poi imposto la norma contro le “porte girevoli”: dopo l’arresto non vai in carcere, ma devi rimanere nelle strutture di polizia, finché non c’è una misura cautelare emessa da un giudice o una sentenza per direttissima.

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Nelle carceri italiane ci sono troppi detenuti in attesa di giudizio, si continua a ripetere: più di 15 mila su 54 mila (il 28 per cento, quasi un terzo della popolazione carceraria!). “Ma sono dati truccati, non comparabili con quelli degli altri Paesi europei”, spiegano al Dap, “perché noi abbiamo tre gradi di giudizio. In realtà, i detenuti in attesa della sentenza di primo grado oggi sono esattamente 8.259, più o meno il 15 per cento: una percentuale europea”.

 

 

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