1. LA GRANDE RIVINCITA DELLOA BALENA BIANCA: UN DEMOCRISTIANO 2.0 A PALAZZO CHIGI E UN DEMOCRISTO DEL COMPROMESSO STORICO E DELLA SOLIDARIETÀ NAZIONALE SUL COLLE 2. VICEVERSA, ECCO IL CROLLO QUASI DEFINITIVO DEI POST-COMUNISTI. NON SONO PIÙ AL COLLE, NON SONO A PALAZZO CHIGI, NON GUIDANO LE CAMERE E NON HANNO MINISTRI DI PESO. NON HANNO NEPPURE DEI GIOVANI LEADER CHE POSSANO DAVVERO IMPENSIERIRE RENZIE 4. IL PROBLEMA DEGLI EX COMUNISTI E' CHE SONO “DIVISIVI”. RENZIE NON HA PUNTATO SU UNO DI LORO PERCHE' SA BENISSIMO DI QUANTO RANCORE SONO CAPACI TRA LORO CUPERLIANI, BERSANIANI, CIVATIANI, DALEMIANI, GIOVANI TURCHI, VELTRONIANI ECCETERA ECCETERA

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1.”DA MORTI A RISORTI:?IL CLAMOROSO RITORNO?DEI DEMOCRISTIANI”

Alberto Mattioli per “La Stampa

 

Non moriremo democristiani», era scritto su una memorabile prima pagina del «Manifesto» riesumata e ostensa l’altro giorno da Calderoli. Beh, si sbagliavano. Non solo moriremo democristiani noi ma, andando avanti così, anche i figli, i figli dei figli e i figli dei nipoti. Si scopron le tombe, si levano le balene bianche. C’era già un democristiano, sia pure 2.0, a Palazzo Chigi, ci sarà un democristiano anche al Quirinale. Renzi più Mattarella: en plein, come ai bei tempi.?

 

sergio mattarella e rosy bindi sergio mattarella e rosy bindi

E infatti a Montecitorio sono le giornate dell’orgoglio biancofiore. È festa grande per i nostalgici della Dc sì bella e perduta, dei discorsi anestetici, delle convergenze parallele, dei «ragionamendi» demitiani e degli editoriali lenitivi del «Popolo». La diaspora si ricompone e fra gli ex diccì finiti nel centrodestra, dall’Ncd a Fi, è palese la voglia di votare Mattarella. «Il richiamo della foresta sarà più forte dei diktat di partito», profetizza Angelo Sanza, deputato per dieci legislature (dal ’72 al 2008), demitiano di ferro: «Un democristiano è per sempre». Come il diamante della pubblicità.?

 

Poi, certo, quella che vince con il nuovo Presidente è la sinistra Dc, dove «Mattarella è stato il fratello maggiore di tanti», racconta Rosy Bindi spiaggiata raggiante su un divanetto in Transatlantico. Poi spiega la differenza fra sinistra Dc e cattolici democratici, ma è roba quasi esoterica. «Chiamateli cattocomunisti!», taglia infatti corto un anonimo rozzo forzista che passa di lì. L’impressione è che la politica italiana, qui sì davvero marziana, replichi da quarant’anni lo scontro fra sostenitori e oppositori del compromesso storico. «Noi siamo i continuatori della solidarietà nazionale, Berlusconi l’erede del pentapartito», conferma Bindi.?

 

Roberto Formigoni Roberto Formigoni

E allora Mattarella al Colle sembra una medaglia postuma al valore di una classe dirigente che qualche buon libro l’aveva letto, era in grado di articolare pensieri più lunghi di 140 caratteri e arraffava il potere solo dopo estenuanti selezioni (e forse proprio per questo poi non lo mollava più). «Per emergere, bisognava avere due c... così», ricorda Roberto Formigoni, che pure è un diccì andato nel centrodestra, per la precisione quello nuovo di Alfano. Mattarella, ovviamente, non gli sta bene e non lo voterà («Non siamo degli utili bamboccioni»), però «rappresenta una classe politica migliore dell’attuale. La vendetta della Prima Repubblica, insomma». E pazienza se, in quei tempi di grisaglie, mai Formigoni avrebbe potuto indossare, come ieri, una cravatta giallorosa su una camicia verdeazzurro, tipo incubo cromatico di uno stilista bulgaro daltonico.

 

?Sintetizza Bruno Tabacci, altro diccì di lunghissimo corso: «Le classi dirigenti non si inventano». Bene quindi Matteo Renzi, che in quest’ambiente di biancosauri fa la figura dell’apprendista giovane ma promettente. Lo ammette perfino la Bindi, che pure l’ha sempre visto come il fumo negli occhi: «In questa circostanza, Renzi ha avuto coraggio». E ci credo: cosa c’è di più democristiano della felpata perfidia con la quale ha fregato Berlusconi??Morale: la Dc è risorta. O forse non è mai morta. Infatti c’è chi evoca interventi dall’Alto.

 

BRUNO TABACCI GIULIANO PISAPIA INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO BRUNO TABACCI GIULIANO PISAPIA INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO

«Mattarella al Quirinale? Sono convinto che le cose non accadano a caso», dice Pierluigi Castagnetti, e non si capisce se faccia riferimento all’abilità manovriera di Renzi o agli imperscrutabili ma sempre democristianissimi disegni della Provvidenza. Agitando il pince-nez, Giuseppe Fioroni la butta addirittura sul metafisico: «Da cattolici, sappiamo che alla morte segue sempre la resurrezione e che la storia va declinata con l’eternità». E poi, lapidario: «Per i diccì, la parola morire è un ossimoro». Se non moriremo democristiani, è perché i democristiani sono immortali.

 

 

2. “IL DECLINO DEGLI EX COMUNISTI?TRADITI DA GELOSIE E RANCORI”

Federico Geremicca per “La Stampa

 

Ci sono tramonti e tramonti. Ce ne è di romantici, di infuocati, di languidi... Quello dell’anima diessina e post-comunista del Pd, è un tramonto triste e silenzioso: così inarrestabile ed evidente, però, da somigliare addirittura ad un’eclissi. Ad un declino.?La “ditta” di bersaniana memoria, perde colpi e posizioni. Non è un processo di oggi, è vero: ma oggi, mentre si va verso l’incoronazione di Sergio Mattarella - leader cattolico ed ex popolare - lo si può osservare in tutta la sua incontestabile evidenza.

FASSINO CONTE BUFFON FASSINO CONTE BUFFON

 

Il tramonto, il declino, si consuma in un’atmosfera mogia, fatta di soddisfazione troppo esagerata per esser sincera e di disappunto soffocato: il disappunto inconfessabile di chi non ha nemici con cui prendersela, per quanto di triste va accadendo. Un declino inevitabile? «Un declino da noi cocciutamente costruito», sussurra Anna Finocchiaro, aprendo la finestra sull’altro stato d’animo che serpeggia tra gli ex ds: la tentazione, cioè, dell’ennesimo regolamento di conti.

 

CHIAMPARINO AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO CHIAMPARINO AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO

Non il capo del governo; non più (se Mattarella sarà eletto) il Presidente della Repubblica; non la guida del Pd, e nemmeno quella delle assemblee di Camera e Senato; non ministri di peso e nemmeno giovani leader che oggi appaiano in grado di ipotecare il futuro. Sostenere che gli ex ds - chiamiamoli la sinistra del Pd - siano ridotti ad una condizione di irrilevanza, sarebbe sbagliato: ma la spinta propulsiva di quella cultura pare essersi esaurita, «e forse c’è anche di peggio, purtroppo», annota Sergio Chiamparino, in un clima di fitta mestizia.?La sua annotazione è secca, ma accende il riflettore su un problema politico nient’affatto da poco: «Quando ci sono momenti di difficoltà, di divisione, non è mai sul nome di uno di noi che si riesce a ricostruire l’unità del centrosinistra - dice -. Successe vent’anni fa con l’Ulivo e con la scelta di puntare su Romano Prodi, succede di nuovo oggi con Sergio Mattarella. Dovremmo interrogarci sul perchè. Ma l’aria non mi pare questa...».?

 

Pierluigi Bersani Pierluigi Bersani

No, l’aria non pare questa. Sotto una cenere fatta di tristezza e disorientamento, infatti, arde la solita brace: quella dell’ennesima resa dei conti. «Sono divisivi - annota Beppe Fioroni -. Escluso Bersani, che pensa davvero alla ditta, dagli altri arrivano solo veti incrociati e manovre d’interdizione». Fioroni, forse, si riferisce ai colloqui intercorsi tra Renzi ed alcuni dei candidabili-presidente del Pd: alla fine degli scambi d’opinione, il segretario avrebbe avuto infatti la conferma che puntando su Veltroni o su Fassino, piuttosto che su Finocchiaro o Chiamparino, i gruppi parlamentari del Pd sarebbero letteralmente esplosi.?Gelosie e rancori ormai più che ventennali. E l’eterno duello D’Alema-Veltroni è solo l’epifenomeno di una tale situazione. E la “malattia” appare contagiosa, se solo si guarda al Vietnam in cui si è rapidissimamente trasformato il campo dell’opposizione interna a Renzi: cuperliani, bersaniani, civatiani, dalemiani, eccetera, eccetera, eccetera.?

 

Matteo Renzi ha spesso approfittato delle divisioni interne alla minoranza del Pd. Stavolta, invece, qualche timore lo ha avuto. E se la frustrazione degli ex ds si tramutasse in nugoli di franchi tiratori? O ancora: e se di fronte al nuovo smacco prevalesse il solito muoia Sansone con tutti i filistei col quale due anni fa fu affondato (e mortificato) persino Romano Prodi, fondatore dell’Ulivo?

 

veltroni sabaudia veltroni sabaudia

E’ vero che la quantità di voti che va convergendo sul nome di Mattarella (ieri anche quelli del partito di Alfano, oggi - magari - quelli di Berlusconi) è tale da metterlo quasi al riparo da brutte sorprese: ma se fidarsi è bene, non fidarsi è spesso meglio...?E così, ieri, “vedette renziane” hanno controllato addirittura i tempi di permanenza nella cabina elettorale dei parlamentari pd per vedere se qualcuno vi rimanesse un tempo eccessivo per una semplice scheda bianca. Renziani ed ex popolari, insomma, a controllare il voto degli ex diessini: il mondo alla rovescia, una mortificazione. E però le “vedette renziane” non hanno lavorato invano. Il rapporto poi sottoposto a Renzi, infatti, segnalava questo: in 42 sono stati in cabina un tempo eccessivo, non dovendo scrivere sulla scheda (da lasciare bianca) alcun cognome. Quarantadue: la metà dei quali riconducibile a esponenti della minoranza interna. Sarà stato un caso, chissà. Lo si capirà oggi, quando il tramonto degli ex ds potrebbe esser completo, e sulla Falce e sul Martello, e sulla Quercia e tutto il resto calerà il buio di una notte fredda e cupa...

Bersani D\'alema - Copyright Pizzi Bersani D\'alema - Copyright Pizzi

 

 

 

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