IL SEGRETO DI GRILLO? PIU’ IL PD LO INSULTA, PIU’ GUADAGNA VOTI - “ERETICO” DA SEMPRE, IL RAPPORTO TRA BEPPE E LA SINISTRA: “PRIMA L’AMORE TIEPIDO, QUINDI LA SOTTOVALUTAZIONE ALTEZZOSA, INFINE LA SCOMUNICA LIVIDA” - NEL 2006 IL BLOG SOSTENNE VENDOLA, LUI APPREZZAVA BERSANI MINISTRO - POI ARRIVO’ L’OK AI TEMOVALORIZZATORI E CULATELLO DIVENNE “BERSANETOR, CHE VUOLE METTERE I MEDICI IN GALERA E I CITTADINI NEI CIMITERI…”

Andrea Scanzi per Il Fatto Quotidiano

Chi ha cominciato prima, il "piduista" o il "fascista"? Il rapporto tra Beppe Grillo e centrosinistra, ormai più devastato che conflittuale, non è sempre stato così. E il primo a chiudere la porta in faccia all'altro non è stato il Savonarola genovese. Fino al V-Day dell'8 settembre 2007 a Bologna, Grillo era un artista gradito alla sinistra. Non il più amato, perché già allora refrattario alla irreggimentazione, ma piaceva anche alle Feste dell'Unità. Che ha frequentato fino al 2007.

La famosa battuta anti-Craxi del 15 novembre 1986, a Fantastico 7, fu estemporanea. Negli anni Ottanta, Grillo era un comico più da Sanremo che da satira. Nazionalpopolare e neanche troppo di sinistra. Con l'inizio dei Novanta vira verso la "satira economico-ecologica".

Il suo primo spettacolo, "Buone notizie", vede la regia di Giorgio Gaber e i testi di Michele Serra. Grillo scompare dalla tivù, vivendo di controinformazione nei palazzetti. Parte della sinistra lo perde di vista. A inizio 2005, vara il blog. Nel 2006 dichiara che voterà un partito minore della coalizione Prodi. Probabilmente i Verdi. Un sostegno poco convinto, dettato dal desiderio di sconfiggere Berlusconi.

Grillo usava già allora il blog per iniziative popolari, come la raccolta di mail anti-guerra da consegnare a Ciampi. Il comico incontrò anche Prodi, per consegnarli il programma delle primarie on line. Risultato: "Prima ha chiuso gli occhi per concentrarsi, poi si è appisolato".

Vinte di misura le elezioni, il centrosinistra ripaga la fiducia con mosse - o non mosse - che tradiscono le attese: Mastella alla Giustizia, indulto, mancata risoluzione del conflitto di interessi, non cancellazione delle leggi vergogna. È qui che Grillo comincia a pensare ai V-Day. Catalizzando, contro quasi tutti i media, milioni di delusi di sinistra che costituiscono il nucleo storico del "grillismo".

Venerdì di Repubblica lo crivella. I vaffa di Bologna sono soprattutto per la destra, ma anche per la sinistra. Eugenio Scalfari, piccato come solo quando gli tocchi Monti, lo accusa di svariate nefandezze politiche. Grillo approda così al "Meglio un nemico vero di un amico finto". Il neonato Pd diventa "Pdmenoelle", Prodi "Alzheimer", Veltroni "Topo Gigio". L'attuale segretario del Pd, Bersani, inizialmente, a Grillo non dispiaceva come ministro per lo Sviluppo Economico.

Sembrava voler colpire le "caste": dei tassisti, degli avvocati. Il 15 ottobre 2007 cambia tutto. Bersani non è ancora l'uomo che "ha ricevuto 98mila euro da Riva, il padrone dell'Ilva" e "lo zombie politico" che ha "agito in accordo con ex fascisti e piduisti per un ventennio".

Ma è già il "Gargamella" che scrive ai ministri Turco e Mastella per indagare sulla Federazione regionale Emilia Romagna degli Ordini dei Medici chirurghi, "rea" di avere chiesto a presidenti di Provincia e sindaci di non procedere alla concessione di nuovi termovalorizzatori.

"Forse Bersanetor vuole mettere i medici in galera e i cittadini nei cimiteri dopo aver respirato i fumi degli inceneritori". Fino a quasi tutto il 2006, molta sinistra era vicina a Grillo. Il blog sostenne Nichi Vendola e le ironie, se c'erano, risultavano lievi. Come quelle su Fausto Bertinotti, sbertucciato perché convinto che "@" si scrivesse "chiocciola" (battuta poi riadattata su Vittorio Sgarbi).

Ora, accanto a Grillo, di sinistra è rimasto giusto Willer Bordon. E nel Pd sono pochi a non demonizzarlo: Mario Adinolfi, Pippo Civati, Paola Concia. La rottura è diventata solco. Grillo ha portato le 350mila firme del Vday in Parlamento, ma sono state insabbiate . Le battaglie sui candidati incensurati, che Grillo avrebbe ceduto alla sinistra, rimangono utopia.

Grillo ha chiesto Il 13 luglio 2009 la tessera del Pd per partecipare alle primarie, ma gli è stata negata perché "Il Pd non è un pullman su cui si sale e scende".
Nel 2008, con la consueta lungimiranza politica, Veltroni esortava a non considerarlo: tanto non sarebbe andato da nessuna parte. Ora Repubblica fa la guerra più a lui che al centrodestra, Enrico Letta si lascia scappare la verità freudiana del "meglio votare Berlusconi che Grillo" e Bersani lo paragona con scarsa fantasia a un fascista.

Prima l'amore tiepido, quindi la sottovalutazione altezzosa, infine la scomunica livida. Acuita da altri eventi: i referendum su nucleare e acqua pubblica, prima osteggiati e poi festeggiati da Bersani; lo Scudo Fiscale passato grazie alle assenze di onorevoli Pd; il lisergico "A Parma non abbiamo perso, abbiamo non vinto"; e l'appiattimento del Pd, con stampa annessa, su Monti.

Grillo fa di tutto per risultare spesso indifendibile, tra iperboli irrisolte e battute da cazzaro un po' stanco, ma non ha chiuso lui con la sinistra. L'ulteriore strappo è arrivato da Giorgio Napolitano, che lo scorso 25 aprile ha esalato un monito vibrante contro i qualunquisti eredi di Giannini. Cioè contro Grillo, divenuto nel frattempo "il" nemico, poiché accreditato di un inaccettabile 20 percento.

Di lì a poco, il "boom" non sentito alle amministrative. E la sequela frustrata di "populista", "qualunquista", "demagogo", "antipolitica" , "Mussolini", "nuovo Berlusconi" e "fascista del web". Scagliate dall'intellighenzia. Dai "noi siamo la sinistra e voi non siete un cazzo" (per usare il gergo di Grillo, in quel caso Marchese). Se il Pd intendeva riconquistare i delusi, il suo corteggiamento si rivela assai strano. Più demonizza il Movimento 5 Stelle, più ne fa il gioco. Rivelandosi un alleato mirabile, benchè ovviamente inconsapevole.

 

GRILLO VISTO DA VINCINO bersani grillo ILLUSTRAZIONE FUCECCHI BEPPE GRILLO COME LENIN jpegSolange e Beppe Grillo via Diva e Donna maggio Nonleggerlo BEPPE GRILLO VERSIONE TALEBANO VIGNETTA BENNY TRAVAGLIO INGINOCCHIATO DAVANTI A GRILLO grillo RIFLESSO big ELLEKAPPA SU GRILLO E BINDI DA REPUBBLICAFORMIGONI E BEPPE GRILLO AL MARE

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa matteo salvini antonio tajani

DAGOREPORT – LE REGIONALI SONO ANDATE A FINIRE COME NON VOLEVA, SALTELLANDO FUNICULÌ-FUNICULÀ, GIORGIA MELONI: LA "STATISTA DELLA SGARBATELLA", CHE RISCHIA DI NON TORNARE A PALAZZO CHIGI TRA DUE ANNI, ACCELERA SULLA DOPPIETTA PREMIERATO-LEGGE ELETTORALE, MA NON TUTTO FILA LISCIO A PALAZZO CHIGI: SALVINI E TAJANI SPUTERANNO SANGUE PUR DI OPPORSI ALL’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, CHE FINIREBBE PER CANNIBALIZZARLI - LA LEGA È CONTRARISSIMA ANCHE AL PREMIO DI MAGGIORANZA ALLA COALIZIONE (CON LA SOGLIA AL 40%, LA LEGA DIVENTEREBBE SACRIFICABILE) – ALTRA ROGNA: IGNAZIO LA RUSSA SCENDE IN CAMPO IN MODALITÀ SCASSA-MELONI: HA RINFOCOLATO LA POLEMICA SU GAROFANI E SE NE FOTTE DEI DIKTAT DELLA DUCETTA (FIDANZA SINDACO DI MILANO? NO, MEJO LUPI; PRANDINI GOVERNATORE DELLA LOMBARDIA? NO, QUELLA È ROBA MIA)

francesco de tommasi marcello viola daniela santanche ignazio leonardo apache la russa davide lacerenza pazzali

DAGOREPORT - CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE MILANESI SULLA SANTANCHE', SUL VISPO FIGLIO DI LA RUSSA, SUL BORDELLO DELLA "GINTONERIA" AFFOLLATA DI POLITICI, IMPRENDITORI E MAGISTRATI, OPPURE SULL'OSCURA VENDITA DELLA QUOTA DI MPS DA PARTE DEL GOVERNO A CALTAGIRONE E COMPAGNI? - A TALI ESPLOSIVE INDAGINI, LE CUI SENTENZE DI CONDANNA AVREBBERO AVUTO UN IMMEDIATO E DEVASTANTE RIMBALZO NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, ORA SI AGGIUNGE IL CASO DEL PM FRANCESCO DE TOMMASI, BOCCIATO DAL CONSIGLIO GIUDIZIARIO MILANESE PER “DIFETTO DEL PREREQUISITO DELL’EQUILIBRIO” NELL’INDAGINE SUL CASO DI ALESSIA PIFFERI – MA GUARDA IL CASO! DE TOMMASI È IL PM DELL’INCHIESTA SUI DOSSIERAGGI DELL’AGENZIA EQUALIZE DI ENRICO PAZZALI, DELICATISSIMA ANCHE PER I RAPPORTI DI PAZZALI CON VERTICI GDF, DIRIGENTI DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA MILANESE E 007 DI ROMA - SE IL CSM SPOSASSE IL PARERE NEGATIVO DEL CONSIGLIO GIUDIZIARIO, LA CARRIERA DEL PM SAREBBE FINITA E LE SUE INDAGINI SUGLI SPIONI FINIREBBERO NEL CESTINO - LA PROCURA DI MILANO RETTA DA MARCELLO VIOLA, CON L'ARRIVO DELL'ARMATA BRANCA-MELONI, E' DIVENTATA IL NUOVO ''PORTO DELLE NEBBIE''?

giorgia meloni regionali de luca zaia salvini conte stefani decaro fico

DAGOREPORT: COME SI CAMBIA IN 5 ANNI - PER CAPIRE COME SIA ANDATA DAVVERO, OCCORRE ANALIZZARE I VOTI ASSOLUTI RIMEDIATI DAI PRINCIPALI PARTITI, RISPETTO ALLE REGIONALI DEL 2022 - LA LEGA HA BRUCIATO IL 52% DEI VOTI IN VENETO. NEL 2020 LISTA ZAIA E CARROCCIO AVEVANO OTTENUTO 1,2 MILIONI DI PREFERENZE, QUESTA VOLTA SOLO 607MILA. CONSIDERANDO LE TRE LE REGIONI AL VOTO, SALVINI HA PERSO 732MILA VOTI, IL 47% - TONFO ANCHE PER I 5STELLE: NEL TOTALE DELLE TRE REGIONI HANNO VISTO SFUMARE IL 34% DELLE PREFERENZE OTTENUTE 5 ANNI FA – IL PD TIENE (+8%), FORZA ITALIA IN FORTE CRESCITA (+28,3%), FDI FA BOOM (MA LA TENDENZA IN ASCESA SI È STOPPATA) – I DATI PUBBLICATI DA LUIGI MARATTIN....

luca zaia matteo salvini alberto stefani

DAGOREPORT – DOPO LA VITTORIA DEL CENTRODESTRA IN VENETO, SALVINI NON CITA QUASI MAI LUCA ZAIA NEL SUO DISCORSO - IL “DOGE” SFERZA VANNACCI (“IL GENERALE? IO HO FATTO L'OBIETTORE DI COSCIENZA”) E PROMETTE VENDETTA: “DA OGGI SONO RICANDIDABILE” – I RAS LEGHISTI IN LOMBARDIA S’AGITANO PER L’ACCORDO CON FRATELLI D’ITALIA PER CANDIDARE UN MELONIANO AL PIRELLONE NEL 2028 - RICICCIA CON PREPOTENZA LA “SCISSIONE” SUL MODELLO TEDESCO CDU-CSU: UN PARTITO “DEL TERRITORIO”, PRAGMATICO E MODERATO, E UNO NAZIONALE, ESTREMISTA E VANNACCIZZATO…

luca zaia roberto vannacci matteo salvini

NON HA VINTO SALVINI, HA STRAVINTO ZAIA – IL 36,38% DELLA LEGA IN VENETO È STATO TRAINATO DA OLTRE 200 MILA PREFERENZE PER IL “DOGE”. MA IL CARROCCIO DA SOLO NON AVREBBE COMUNQUE VINTO, COME INVECE CINQUE ANNI FA: ALLE PRECEDENTI REGIONALI LA LISTA ZAIA PRESE DA SOLA IL 44,57% E IL CARROCCIO IL 16,9% - SE SALVINI PIANGE, MELONI NON RIDE: NON È RIUSCITA A PRENDERE PIÙ VOTI DELLA LEGA IN VENETO E IN CAMPANIA È TALLONATA DA FORZA ITALIA (11,93-10,72%). PER SALVINI E TAJANI SARÀ DIFFICILE CONTRASTARE LA RIFORMA ELETTORALE - PER I RIFORMISTI DEL PD SARÀ DURA DARE UN CALCIO A ELLY SCHLEIN, AZZERATE LE AMBIZIONI DI GIUSEPPE CONTE COME CANDIDATO PREMIER - "LA STAMPA": "IL VOTO È LA RIVINCITA DELLA ‘LEGA NORD’ SU QUELLA SOVRANISTA E VANNACCIANA: LA SFIDA IDEOLOGICA DA DESTRA A MELONI NON FUNZIONA. IL PARTITO DEL NORD COSTRINGERÀ SALVINI AD ESSERE MENO ARRENDEVOLE SUI TAVOLI DELLE CANDIDATURE. SUL RESTO È LECITO AVERE DUBBI…”