IMPICCARSI DA SOLI – L’ITALIA HA SPESO 17 MILIARDI DI EURO DAL 2011 A OGGI PER I DERIVATI – IN UN ANNO, IL LORO COSTO SI MANGIA IL RISPARMIO SULLA SPESA PER INTERESSI – BRUNETTA: IL MINISTRO PADOAN DEVE DIMETTERSI

Andrea Greco per “la Repubblica

 

MINISTERO via 
XX 
Settembre
MINISTERO via XX Settembre

Più del tesoretto di Matteo Renzi. Più della minore spesa 2014 sul debito pubblico. Il tesoretto vero lo vanno incassando 19 banche d’affari controparti della Repubblica e degli enti locali sui derivati: 17 miliardi dal 2011, tra esborsi reali e aggravi del fabbisogno. Nel solo 2014 l’impatto negativo per il Paese è 5,46 miliardi, più dei 4,14 risparmiati per il minor costo del debito che quei contratti dovrebbero coprire da rischi su tassi e cambi, come sostiene il Tesoro.

 

L’Italia è la nazione europea che paga di più alto per i derivati: da sola supera il totale delle 19 dell’eurozona, fermo a 16 miliardi grazie agli incassi di Francia (+2,7 miliardi), Grecia (un miliardo), Belgio (un miliardo), Finlandia e Portogallo sulle scommesse finanziarie. Dietro l’Italia a pagare di più sono Olanda e Austria, ma con soli 2 miliardi a testa.

 

piercarlo padoan  con la mogliepiercarlo padoan con la moglie

La nuova serie di dati l’ha pubblicata Eurostat, che conteggia le finanze pubbliche dell’eurozona. Il dato è duplice: ci sono i flussi di cassa negativi, per Roma 12,41 miliardi dal 2011 (3,63 l’anno scorso) e gli aggiustamenti operati per rispettare le regole Ue su ristrutturazioni e novazioni di derivati, che come chiarito da via XX settembre «non corrispondono a esborsi anche se aumentano il debito». Quest’altra voce dal 2011 ha pesato per 4,54 miliardi.

 

Limitandosi al governo centrale, l’impatto cala a 11,91 miliardi di flussi negativi, mentre il fabbisogno per ristrutturare certi contratti (l’effettiva riuscita si vedrà in futuro) resta a 4,54. Sono numeri capaci di cancellare l’austerity dei governi Monti e Letta, la voglia di ripresa del governo Renzi, e soprattutto l’inondazione monetaria della Bce di Mario Draghi che ha piallato il tasso del Btp decennale all’1,43%. Infatti, confrontando le stime del dicastero (Def), i risparmi complessivi per minori oneri sul debito (pari a 2.130 miliardi, costo stimato 79,15 miliardi) ammontano a 14,38 miliardi in tre anni.

franco bassanini pier carlo padoanfranco bassanini pier carlo padoan

 

Tra l’altro i tassi bassi sul lato derivati non sono d’aiuto. «È molto probabile che anche nei prossimi anni perdite e maggiori fabbisogni collegati ai derivati superino i cosiddetti risparmi portati dal calo dei costi di finanziamento », ha detto a Bloomberg Nicola Benini, vice presidente di Assofinance.

 

Negli ultimi dati forniti dal Tesoro, che ha aumentato negli ultimi mesi l’informazione in materia, c’erano a dicembre 163 miliardi in derivati, con un mark to market (valutazione di mercato) negativo per 42,65 miliardi. L’80% di queste perdite potenziali riguardano quelli che sono stati definiti “Irs di duration”, ovvero contratti che scambiano tassi fissi con variabili per allungare le scadenze. Come ha detto Marcello Minenna, docente di Finanza matematica della Bocconi, sentito alla Camera durante l’indagine conoscitiva sul tema, «non c’è una definizione in letteratura di Irs di duration, ma andando per esclusione si può ipotizzare che siano swap collegati a Btp, cioè a tasso fisso».

 

VAROUFAKIS E PADOANVAROUFAKIS E PADOAN

Con il crollo dell’Euribor però tale operazione raddoppia gli impegni finanziari statali: «Dal momento che il mercato dal 2011 è radicalmente cambiato, se gli Irs sono legati ai Btp che rappresentano il 67% dei titoli in circolazione, forse c’è una prima spiegazione dei 33 miliardi di mark to market negativo », ha aggiunto.

 

Altro salasso in arrivo riguarda la vendita di swaption, opzioni che danno diritto a entrare in uno swap (ma molto più rischiose), e in essere per 19,5 miliardi con minusvalenze di quasi la metà. «La swaption incorpora un elemento di discrezionalità in capo alla controparte acquirente che gioca chiaramente a sfavore del venditore», ha detto in commissione Finanze Minenna.

 

carlo fuortes e pier carlo padoancarlo fuortes e pier carlo padoan

Meno tecnicamente, le opposizioni in Parlamento hanno chiesto le dimissioni del ministro. «Di fronte a questi dati e al silenzio colpevole del Tesoro chiediamo le dimissioni di Padoan - ha detto Renato Brunetta di Forza Italia - e un azzeramento dei vertici della direzione che in questi anni ha gestito con opacità e incompetenza uno dei settori più delicati per la vita del Paese». Mentre M5s ha presentato un’interpellanza urgente: «Il governo non può più nascondere le macerie sotto il tappeto, serve trasparenza piena». Il sottosegretario Pier Paolo Baretta ha risposto che «è allo studio una nuova e più efficiente metodologia di informativa periodica», ma il governo continua a negare quei contratti «per il rischio speculativo che la pubblicazione comporterebbe».

matteo renzi pier carlo padoanmatteo renzi pier carlo padoanRENZI E PADOANRENZI E PADOAN

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?