INGROIA QUESTI BOCCONI AMARI! - DA REVELLI A GINSBORG, GLI INTELLETTUALI (PER MANCANZA DI PROVETTE) DEL “QUARTO POLO” SCARICANO L’EX PM: “HA STRAVOLTO IL NOSTRO PROGETTO, CE NE ANDIAMO” - POSTI SICURI IN LISTA PER I SEGRETARI DI RIFONDAZIONE, IDV, VERDI E COMUNISTI ITALIANI - FRECCERO “SCHIFATO”, IL GIURISTA MATTEI SCHIUMA RABBIA: “INGROIA? IL PEGGIOR CANDIDATO POSSIBILE”…

Giuseppe Salvaggiulo per "la Stampa"

«Ci hanno scippato il progetto», «Non siamo fessi», «Peggio del peggio», «Vergogna» e così via. Alcuni vogliono gridarla, altri suggeriscono di attenuarla per ragioni di opportunità, ma sono dettagli: i professori del «quarto polo» democratico sprizzano rabbia verso Antonio Ingroia e hanno deciso di scaricarlo, più o meno pubblicamente. Lo accusano di averli illusi e «fregati», cavalcando il progetto e poi curvandolo in una riedizione dell'alleanza arcobaleno del 2008, con un leader imposto, la supremazia dei partiti e le candidature blindate dei segretari al posto dei movimenti, della democrazia partecipata, della lotta per i beni comuni.

Riassunto delle puntate precedenti: nel marzo 2012 un gruppo di intellettuali (tra cui lo storico Paul Ginsborg, il politologo Marco Revelli, il sociologo Luciano Gallino, l'economista Tonino Perna, i giuristi Stefano Rodotà, Ugo Mattei, Alberto Lucarelli, l'ex magistrato Livio Pepino) lancia il manifesto per «un nuovo soggetto politico» alternativo ai capipopolo decrepiti, ai tecnici gelidi e ai partiti morenti.

Dodici promotori, millecinquecento firme in pochi giorni, assemblee in tutta Italia, decine di migliaia di partecipanti. In autunno secondo manifesto, «Cambiare si può», in vista delle elezioni. Il colore è arancione, lo stesso scelto da Luigi De Magistris per il suo nascituro movimento. I due progetti viaggiano vicini ma paralleli, finché non irrompe sulla scena Ingroia.

All'inizio di dicembre, i professori in un'assemblea a Roma mettono sul tavolo programma e metodo: via i vecchi partiti, niente segretari in lista, spazio ai movimenti e leadership aperta. Nel frattempo Ingroia torna dal Guatemala. Il 21 con De Magistris a Roma lancia la sua candidatura. Il giorno dopo si presenta all'assemblea decisiva convocata dai prof, parla come leader di tutti e se ne va.

I prof s'illudono che le loro condizioni siano state accettate («Siamo stati ingenui», ammetterà Pepino). L'alleanza pare fatta: Revelli e Pepino vengono delegati dai movimenti a definire programma, liste, organizzazione in una trattativa con Ingroia e De Magistris. L'appuntamento è per il 28 dicembre a Roma. Pepino e Revelli partono da Torino e arrivano nella capitale. I due ex pm non solo non li ricevono, ma si negano per tutto il giorno, suscitando l'indignazione dei convitati per la «grande maleducazione».

L'incontro avviene l'indomani in una stanza dell'hotel Nazionale, dove Ingroia ha convocato i giornalisti per presentare il simbolo «Rivoluzione civile» con il suo nome a caratteri cubitali. Dunque a cose fatte i prof scoprono che il progetto è definito, i segretari dei partiti aderenti (Rifondazione, Comunisti italiani, Verdi e Idv) ne sono magna pars e diventeranno capilista (o come massima concessione secondi dietro Ingroia), mentre ai movimenti saranno riservati pochi posti in funzione di complemento. Tra le due delegazioni cala il gelo.

Tra i promotori del manifesto, due terzi non ci stanno più. La votazione on line tra i 13 mila sottoscrittori del manifesto da cui tutto era nato premia la linea pro Ingroia, ma i prof sospettano che il risultato sia frutto di massicce adesioni di «truppe cammellate» di Rifondazione. I movimenti (acqua, teatri occupati, No Tav) si defilano. I prof temono di fare la foglia di fico di una mini-alleanza di mini-partiti per scavalcare lo sbarramento elettorale.

Il giurista Mattei è il più duro sull'operazione Ingroia, che definisce «il peggior candidato possibile» contestando la scomparsa della battaglia sui beni comuni in nome di una piattaforma giustizialista. Revelli e Pepino si ritirano dal ruolo di mediatori: «La nostra idea non si è realizzata». Pepino aggiunge che «forse» voterà Ingroia «come male minore» ma «non è la mia lista».

Ginsborg dice che potrebbe votarla «ma non mi riconosco più in quel progetto e non è la cosa per cui mi sono battuto in questi mesi». Carlo Freccero ha abbandonato «schifato», raccontano, dopo l'intervento di Ingroia in assemblea. L'ex magistrato Giovanni Palombarini, l'economista Guido Viale, lo scrittore Massimo Carlotto, il cantautore Gianmaria Testa, l'attrice Sabina Guzzanti, l'ex calciatore Paolo Sollier, il guru dell'acqua pubblica Riccardo Petrella, il sindacalista Fiom Giorgio Cremaschi: tutti scaricano Ingroia.

Nel frattempo si fanno avanti altri mediatori per negoziare come rappresentanti della società civile con Ingroia e i partiti, ma poi si scopre che uno è di Rifondazione e ne nasce un'altra polemica. Anche i nuovi mediatori si dimettono. «Dalla tragedia alla farsa», chiosa Mattei. Il quarto polo nasce zoppo.

 

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